Si è conclusa con una schiacciante vittoria la 53esima edizione del Premio Campiello, il cui vincitore è stato annunciato ieri sera al teatro La Fenice di Venezia alle ore 21:45. 117 voti per L’ultimo arrivato (Sellerio) di Marco Balzano, una vicenda «ambientata in Sicilia, alle pendici dell’Etna, in un piccolo paesino con una terra dura come una sassaia», da cui il piccolo Ninetto «preferisce emigrare piuttosto che continuare a zapparla»: storia, dunque, che a dispetto del proprio titolo ha permesso al milanese insegnante di liceo di festeggiare sul palco «con il brio di un ragazzino portato dai genitori in un parco divertimenti, quasi un po’ smarrito e incredulo di fronte alla bellezza del momento», come ha commentato Clelia Attanasio, nocerina ventenne arrivata nella cinquina finalista al Campiello Giovani 2015, ormai giunto alla sua 20esima edizione.
Ad intrattenere il pubblico durante la serata sono stati una elegante e giocosa Geppi Cucciari e un riflessivo e ironico Neri Marcorè, conduttori per il terzo anno di seguito del concorso letterario italiano nel quale «statisticamente non vince mai lo stesso finalista che è stato nominato per primo nella “rosa dei cinque”», stando alle parole profetiche di Vittorio Giacopini, che ha partecipato con il romanzo La mappa (Il Saggiatore) e che si è piazzato ultimo con 21 voti, pur essendo arrivato in finale per primo durante la votazione dei giurati, con una storia in cui «storia e geografia implodono in un vortice che annulla tutte le coordinate date per certe per affacciarsi sull’abisso di entropia di una modernità paurosa e indecifrabile». Diverso per certa concezione della storia e del romanzo storico, il secondo classificato è il romanzo di Antonio Scurati con Il tempo migliore della nostra vita, edito da Bompiani, in cui secondo lo scrittore convergono «le storie di milioni di italiani, prossimi a noi eppure lontanissimi. Ho deciso di narrarle perché convinto che sia necessario recuperare un sentimento della storia, un sentimento del tempo più vasto del nostro presente». L’autore aveva dichiarato, proprio come il collega sopra menzionato, che si sarebbe ubriacato sia in caso di vincita che in caso di sconfitta, cosicché si colloca insieme a Giacopini «sul podio degli intellettuali capaci di farsi portavoce di idee dal grande spessore, tanto quanto di momenti di autentica umanità», come ha fatto notare Anja Boato, altra finalista della ventesima edizione del Campiello Giovani appena conclusosi.
Quarto posto, invece, per Senti le rane (Nottetempo), ovvero la vicenda di un innamoramento rovinoso, il quale «si confonde con il mistero di una comunità, sciolto da una terza voce […] che guiderà il racconto fino alla fine». Lo scrittore si è presentato agli ospiti con una buona dose di pacata profondità, anche grazie al video girato pochi mesi fa all’EXPO di Milano – durante la tournée estiva dedicata ai cinque big del Campiello – e proiettato ieri sera, mentre la trasmissione veniva vista per la prima volta in diretta sul satellite, su Sky e in streaming. Il presidente della Fondazione Il Campiello Roberto Zuccato e il presidente del Comitato di Gestione Piero Luxardo, infatti, hanno apertamente ricordato il proprio vivo interesse per una rinascita intellettuale nel Belpaese, accompagnata da una capillare diffusione del sapere e da una costante attenzione nei confronti di coloro che investono nella cultura italiana, sia da imprenditori sia da artisti e letterati. Al terzo posto, considerato dalla diretta interessata già un importante traguardo, è arrivato poi il romanzo di Carmen Pellegrino, Cade la terra (Giunti). La saggista e “abbandonologa” originaria della Campania ha spiegato il proprio strettissimo legame con il passato e con i luoghi abbandonati: «volevo raccontare un abbandono che tenesse insieme più solitudini, perciò sono tornata nei luoghi dove sono cresciuta, in un can can di case lasciate a perdersi […]. Ho cercato parole per dire la vita clandestina dei ruderi, traendone una prospettiva capovolta, come un invito alla resistenza». Tali caratteristiche rendono la storica e studiosa a un tempo «una persona consapevole della grande umiltà di ogni tempo storico, della sua irripetitibilità e del fascino incantevole che ha il passato in ciascun tempo presente», per citare le parole di Eva Mascolino, anche lei finalista della sezione del concorso dedicata ai giovani scrittori dai 15 ai 22 anni.
Proprio questi ultimi sono stati protagonisti di una serata d’eccezione al Palazzo Ducale di Venezia la sera del 10 settembre scorso, in occasione della quale hanno permesso a un numeroso e coinvolto pubblico itinerante di (ri)scoprire origini e significati di sei aree del luogo: il Museo dell’Opera, il Museo della Sala della Bussola, la Statua di San Teodoro, la Chiesetta del Doge, la Sala Maggior Consiglio e la statua di Atlante che porta la volta celeste. Per ciascuna tappa, un finalista ha scritto un brevissimo racconto, recitato e musicato dal vivo rispettivamente dagli allievi di Kairós Danza e Teatro e da quelli del Conservatorio Benedetto Marcello, nella soffusa luce che valorizza il Palazzo quando non è zeppo di turisti e quando fuori è già sera. Camilla Galante, vincitrice del Campiello Giovani riconoscimento estero e proveniente dalla Svizzera italiana, ha definito tale progetto culturale «un’ottima occasione di visibilità», in considerazione del fatto che gli esordienti o aspiranti tali non sempre hanno modo di essere conosciuti e apprezzati dal proprio potenziale pubblico, rimanendo nell’ombra della propria età e senza qualcuno che abbia il piacere di ascoltarli e di dedicare loro uno spazio degno delle loro potenzialità. Nel corso dell’evento menzionato, invece, ai giovani sono stati dedicati anche più video sui canali ufficiali del Premio Campiello, in particolare uno mediante cui i ragazzi hanno proposto qualche consiglio di scrittura. Spicca, fra gli altri, quello di Loreta Minutilli, che ha affermato: «raccontare ad alta voce le proprie storie può sembrare uno spreco di fiato ma non lo è, infatti questo aiuta a far crescere da sé la storia mentre si parla ed è una delle più antiche forme di trasmissione di storie, poemi, conoscenza». La spontaneità e lo spessore intellettuale già raro dei cinque “piccoli” finalisti, uniti all’umiltà e all’apertura di orizzonti dei “grandi” hanno consentito a questa 53esima edizione di configurarsi come ben amalgamata, sinceramente riuscita dal punto di vista umano, valorizzatrice di veri talenti sia per la sezione romanzo che per quella dei racconti dei giovani, che il Presidente della Giuria Ilvo Diamanti ha voluto chiamare «la generazione dei ragazzi che osservano, senza fermarsi solo alla introspezione e all’analisi di sé, nella convinzione che anche interpretare e ascoltare il mondo sia utile e formativo, oltre che necessario».
La vittoria di Balzano e la classifica delle altre quattro opere in gara è stata, come da tradizione, sancita dal voto di 300 lettori italiani anonimi, provenienti da diverse estrazioni sociali e culturali, così da rendere il Campiello una competizione assolutamente trasparente nei criteri di attribuzione del premio. Il vincitore del Campiello Giovani, invece, è stato scelto da un’apposita Giuria dei Letterati e individuato nella ventenne catanese Eva Luna Mascolino. Il Premio Campiello Opera Prima è andato, invece, a Enrico Ianniello per il romanzo La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin (Feltrinelli), così descritto dalla Giuria che lo ha selezionato: «la vita che Isidoro narra retrospettivamente, miscelando lingua, dialetto, espressioni popolari, suoni onomatopeici. Ne scaturisce un andamento insieme fiabesco e realistico, calibrato su personaggi strani e stralunati e situazioni ora grottesche, ora comiche, ora poetiche e ora surreali». Proprio Ianniello ha letto sul palco de La Fenice un passo del romanzo La chimera di Sebastiano Vassalli, a cui è andato il Premio Fondazione Il Campiello e a cui è stato dedicata una standing ovation da parte del pubblico, in presenza della moglie e in memoria della sua morte, avvenuta lo scorso 27 luglio. A prescindere dal risultato ultimo, i finalisti sono stati invitati a numerosi incontri con importanti personalità di Venezia, dal buffet presso la residenza del conte Marzotto al cocktail offerto dalla Banca Popolare di Vicenza, passando per la serata di gala a Ca’ Rezzonico di giorno 11 e per la conferenza-stampa al Museo Correr del 12 mattina. Alla luce delle esperienze vissute, il finalista Gabriele Terranova, riesino dai ventun’anni già compiuto, ha quindi sottolineato, in concordanza con gli altri, che «la vera vittoria consiste nella possibilità di condividere una passione in comune con dei coetanei, nello scambio di valori e di intimità quotidiana, nella scoperta di luoghi e di persone nuovi, da cui è sempre possibile imparare, lasciarsi ispirare e poi allontanarsi arricchiti e fieri dentro di sé».
Eva Luna Mascolino
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