Il 13 luglio del 1954 ci lasciava Frida Kahlo, artista dalla vita travagliata, unica nel suo genere e ancora oggi un’icona senza pari. Ogni drammatica tappa della sua esistenza, riproposta su tela, unite alla sua immensa personalità.
Crediti: Wikipedia
La vita di Frida Kahlo fu sconvolta da un tragico incidente che, tra altre gravi feriti, le costò una tripla frattura della colonna vertebrale. Miracolosamente salvata in seguito a delle operazioni, fu costretta a un periodo di degenza a letto con gesso al busto.
Questo drammatico evento però la portò a ricevere in regalo un baldacchino con specchio e dei colori: è proprio così ebbe iniziò la sua grande carriera artistica. Di fatti, proprio lo specchio le permise di cimentarsi in quelli che saranno i suoi celebri autoritratti. Nonostante i gravi problemi di salute che portò con sé per tutta la vita, la sua arte vibra di colore e ironia fusi insieme: spesso, infatti, troviamo in essi elementi fantastici, come le famose scimmiette, che si mischiano alla perfezione con la rappresentazione – spesso allegorica – del suo corpo dopo l’incidente.
Autoritratto con scimmie
In una seconda fase della sua produzione artistica, data questa componente stravagante e bizzarra dei suoi dipinti, si recò a Parigi dove il poeta Andrè Breton le organizzò una mostra dedicata: venne di fatti annoverata tra gli esponenti del surrealismo, sebbene Frida preferisse non essere etichettata.
Risultava, infatti, una voce isolata: nei suoi quadri si concentravano una serie di motivi estranei all’arte del tempo, quasi esclusivamente maschile e che si stava da poco aprendo al genere femminile. La sua rappresentazione del corpo, anche nella sua dimensione più carnale ed erotica, la rendono ancora oggi un grande esempio di libertà espressiva. La sua forza in quanto figura femminile sta proprio in questa anarchia artistica: libera, lucida e consapevole di sé.
Questo perché l’aspetto fondante non è tanto la rappresentazione in sé del femminile, ma l’uscire dal canone e rendersi unica aldilà del genere. Molti critici al tempo, infatti, giudicarono negativamente le sue opere perché troppo personali: ma qua sta la modernità, in un modo come il nostro che deve e sta riscoprendo l’individualità.
La colonna rotta
Non vi è però un reale intento surrealista alla base delle opere di Frida Kahlo. Se si prende in esempio il famoso quadro di Salvador Dalì La persistenza della memoria, seppur uno dei più leggibili, appare chiaro come l’artista intenda scardinare ogni dimensione spaziale e temporale della realtà: ricorderete certamente gli orologi che si sciolgono.
Ecco, nell’artista sudamericana – anche se sempre in una dimensione che sembra instabile – ogni elemento visibile rimanda in maniera simbolica a un preciso aspetto della sua interiorità. Quindi, citando la stessa Frida, la sua adesione al surrealismo è più mirata a un effetto sorpresa, piuttosto che un rifiuto teorico delle regole dell’esistenza.
Non c’è altro da dire, anche perché senza dubbio sarete consapevoli della grandezza artistica di Frida Kahlo e del suo impatto culturale ancora oggi. Vi lascio, dunque, con un consiglio cinematografico: il film Frida, con la grandissima Salma Hayek e il mai deludente Alfred Molina.
Riccardo Bajardi
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