La formazione del nuovo governo Draghi ha catturato l’attenzione della popolazione italiana su numerosi aspetti. Oltre ad aver introdotto il ministero della transizione ecologica, il governo Draghi ha rispettato una delle costanti tipiche della politica italiana: la minoranza di donne al governo.
Fa notare ciò, fin dal primo momento, Nicola Zingaretti spiegando che il Partito Democratico aveva scommesso “sulla valorizzazione della forza e della risorsa delle donne“. Per questo motivo, il segretario aveva chiesto a Draghi una composizione equilibrata nella compagine di governo. Una composizione equilibrata che, a detta del Pd, evidentemente non c’è stata. La richiesta di Zingaretti testimonia che la disuguaglianza di genere in politica è diventata una tematica sempre più sentita e discussa, sia a livello europeo che nazionale.
Se dovessimo guardare al passato, negli anni duemila il numero di donne parlamentari faticava a raggiungere il 10%, perciò ci conforta dire che si è registrata una costante crescita di deputate e senatrici, fino a raggiungere oltre il 30%.
Nonostante l’aumento della presenza femminile nelle istituzioni, appare però evidente che non si è ancora raggiunta la piena parità di genere. La questione, dunque, è chiara: per le donne, il problema non sta tanto nell’inclusione politica, ma nell’ottenere ruoli di potere e di leadership.
Le donne quindi si confrontano ogni giorno con un sistema sociale che alimenta le disuguaglianze con meccanismi di esclusione non permettendo di ottenere ruoli di potere e di leadership a cui esse ambiscono. Uno dei meccanismi di esclusione più gettonati nell’attuale “società dell’ apparire “è l’aspetto fisico.
Di recente, oggetto di queste critiche è stata proprio la ministra Bellanova. La ex ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, fu costretta a rispondere agli insulti degli hater che l’hanno presa di mira non soltanto per l’abbigliamento sfoggiato al giuramento al Quirinale, ma anche con i più disparati paragoni offensivi volti a sottolineare, con disprezzo, la corporatura della ministra.
A tali insulti però la ministra rispose con testuali parole: “La vera eleganza è rispettare il proprio stato d’animo: io ieri mi sentivo entusiasta, blu elettrica e a balze e così mi sono presentata. Sincera come una donna.”
Questo episodio di body shaming però evidenzia, oltre che l’ eleganza della ministra nella sua risposta, il costante parere critico di una società maschilista con cui le donne devono imparare a convivere per poter attuare la propria ascesa politica.
Le critiche arrivano pure per la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
«Vacca e scrofa» queste parole sono state pronunciate da Giovanni Gozzini, professore di Scienze politiche all’università di Siena, durante la trasmissione dell’emittente fiorentina Controradio «Bene bene male male”.
Gozzini aveva attaccato Meloni dal principio della diretta, dicendo di non riuscire a spiegarsi «come sia possibile che questa ortolana, questa pesciaiola, che non ha mai letto con ogni evidenza un libro in vita sua, possa rivolgersi da pari a pari a uno come Mario Draghi». Si tratta di critiche forti.
L’associazione di una donna ad una scrofa rappresenta una denigrazione e un insulto alla figura della donna nel suo complesso, a prescindere dal ruolo e dalla funzione svolta. Si potrebbe pure chiamare mancanza di educazione quella del professor Gozzini, ma ciò sarebbe troppo riduttivo. Il professore, infatti, prima di pronunciare tali sgradevoli parole, doveva tener conto che queste, pronunciate da un educatore di ragazzi, avrebbero avuto un peso maggiore. La domanda che ora sorge spontanea è: con le sue parole Gozzini cosa ha insegnato ai suoi studenti? E’ grazie a professori come Gozzini se oggi le donne faticano così tanto a portare avanti la propria carriera politica in Italia?
Anche in questo episodio la leader Meloni, come molte altre donne della politica italiana, si è difesa da sola.
«Come donna e politico, sono stufa di dover subire questo tipo di attacchi diffamanti e osceni», aggiungendo poi: «Il rettore dell’Università di Siena e il Ministro dell’Università e della Ricerca non hanno nulla da dire? E il Pd, che lo nominò assessore?».
A dare un barlume di speranza in questa vicenda è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha chiamato la leader. «Ringrazio il presidente, che mi ha telefonato per esprimermi personalmente la sua solidarietà». Anche Maria Stella Gelmini si è detta solidale con Meloni, insieme ad alcuni esponenti Pd come la segreteria del partito Simona Bonafè e il governatore emiliano Stefano Bonaccini.
La solidarietà mostrata da esponenti come Bonafè o Gelmini è la stessa mostratasi precedentemente da parte di Laura Boldrini o Mara Carfagna nei confronti della ministra Bellanova. Questa è l’arma per combattere la cattiveria dei “leoni da tastiera” e per salvaguardare il ruolo delle donne nella politica. Potremmo parlare di solidarietà femminile, ma non basta.
Se veramente si vogliono eliminare gli episodi di puro maschilismo è ora che questa solidarietà si diffonda in tutta la classe politica italiana.
“Chi la insulta per il suo abito, per il suo fisico, per la sua storia di bracciante agricola divenuta sindacalista e poi ministro non è degno di una polemica pubblica – ha scritto su Facebook – È semplicemente un poveretto”.
Questo intervento di Matteo Renzi in difesa della Bellanova, sostenuto dalle parole di Giuseppe Provenzano “se ti attaccano per le tue origini, devi solo esserne fiera. Sono fascisti o padroni” sono chiari esempi di solidarietà.
Solo quando questi episodi di solidarietà e difesa saranno sinonimo di quotidianità all’interno della classe politica italiana e non occasionali potremo parlare di parità di genere in politica.
Per concludere, aumentare la rappresentanza femminile nei parlamenti, nei governi e nella politica locale è solo un primo passo per raggiungere la parità. Diversi studi affermano che le donne in politica sono più collaborative e bipartisan, caratteristiche che potrebbero portare una maggiore trasparenza e cooperazione nei processi decisionali, così come livelli di corruzione più bassi.
Inoltre, alcuni studi dimostrano che, in materia di politiche pubbliche, le donne tendono a destinare più risorse a famiglia, salute e welfare sociale. Le quote di genere e la doppia preferenza sono soluzioni che aprono le porte alla politica, ma sono ben lontane dal conferire pieno potere politico e il riconoscimento della loro importanza.
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