Perfetti Sconosciuti è la storia di un gruppo di amici convinti di conoscersi in tutto e per tutto. Nessun segreto tra loro, niente da nascondere e tutto da condividere: anche i propri telefoni cellulari.
«Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata, una vita pubblica e una vita segreta»: è una frase dello scrittore colombiano Gabriel Garcia Márquez che il regista Paolo Genovese pone come sottotitolo al suo ultimo film, Perfetti Sconosciuti, uscito nei cinema l’11 febbraio. Sulla scia di alcune note pellicole, come la francese Cena tra amici (2012) e il remake italiano Il nome del figlio (2015), l’intera sceneggiatura si svolge nella casa di una delle coppie protagoniste. All’apparenza non è nient’altro che una semplice, consueta e banale cena tra vecchi amici. La trama diventa più interessante quando, ricordando la vicenda di una coppia di amici che, in seguito alla scoperta di un messaggio dannoso, divorziano, i presenti iniziano un discorso su quanto il cellulare, oggigiorno, sia diventato la “scatola nera” di ognuno di noi: può nascondere di tutto e diventare il contenitore dei nostri desideri celati. Ciononostante alcuni ribattano che, essendo amici di vecchia data, non ci siano segreti tra loro e propongono di mettere al centro del tavolo tutti gli smartphone: a qualsiasi messaggio, whatsapp e chiamata si risponderà insieme. La serata diventa così particolarmente movimentata, tra bugie improvvise, scoperte, litigi, tentate riappacificazioni e tanti piccoli segreti.
Paolo Genovese, già regista di Immaturi (2011) e Tutta colpa di Freud (2014), porta in scena un film simpatico e leggero, con qualche risvolto però “drammatico”. Effettivamente, per quanto i sette partecipanti alla cena si conoscano da tempo, sono molte le cose non dette e non rivelate proprio a quelli che si considerano i “migliori amici”. Nel cast gli attori Kasia Smutniak, Marco Giallini, Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher e Anna Foglietta, rendono l’atmosfera spesso tesa e tentano inutilmente di rimediare alle rivelazioni palesate da messaggi e chiamate, apparentemente, innocui. Grazie all’ironia e alla comicità di alcune scene e dei personaggi stessi, il film a tratti maschera il suo intento riflessivo, facendo ridere lo spettatore. Tuttavia il messaggio del regista rimane chiaro e ne pone continuamente l’accento: il cellulare che racchiude tanto di quello che non abbiamo il coraggio di rivelare e che, piano piano, rinchiude e imprigiona una parte di noi.
Sofia Bonomo
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