Piove sul bagnato in casa Torino. La prima parte di stagione dei granata, infatti, è stata a dir poco strana, con una serie di risultati negativi arrivati nei minuti finali, spesso in seguito a clamorose rimante che hanno fatto volare via punti preziosi. L’obiettivo stagionale, sulla carta, sarebbe una tranquilla salvezza, ma la situazione attuale rende piuttosto complicato anche questo scenario. Reduce da una stagione parecchio tribolata, in cui ha fatto registrare il peggior piazzamento in massima serie dal 2008-2009, anno in cui arrivò terzultimo e retrocesse in Serie B, pur riuscendo comunque a centrare la salvezza con l’arrivo di Moreno Longo in luogo di Walter Mazzarri in panchina, il Torino ha iniziato nel peggiore dei modi la stagione corrente, raccogliendo la miseria di sei punti nelle prime dieci giornate, con appena una vittoria, tre pareggi e ben sei sconfitte. Nell’anno della retrocessione in cadetteria (2008-2009), i granata raccolsero due punti in più nelle prime dieci giornate.
Un dato tutt’altro che incoraggiante, così come quello relativo ai gol subiti: il Torino, infatti, è il secondo peggior reparto arretrato del campionato, dietro soltanto al Crotone, con ben 24 gol incassati, una media di 2.4 reti subite per partita. A peggiorare la situazione, la statistica relativa ai punti persi nei soli secondi tempi. Gli uomini di Giampaolo, infatti, hanno gettato alle ortiche numerose vittorie, facendosi rimontare negli ultimi 45′: sono ben 19 i punti persi nelle gare in cui i granata erano in vantaggio all’intervallo e il 75% dei gol subiti dal Toro sin qui, ben 18 sui 24 totali, sono arrivati nel secondo tempo. Se ogni gara durasse quarantacinque minuti, il Torino avrebbe la bellezza di 20 punti in classifica, appena sei in meno al Milan capolista. Numeri che testimoniano come il problema principale della squadra di Giampaolo sia soprattutto di natura mentale.
L’incapacità di gestire le situazioni di vantaggio ha complicato e non poco i piani dei granata, mettendo nei guai anche e soprattutto il tecnico nativo di Bellinzona. Quest’ultimo aveva accettato l’offerta della società di Urbano Cairo, per rimettersi in discussione dopo la parentesi tutt’altro che positiva sulla panchina del Milan (i rossoneri, infatti, lo sollevarono dall’incarico dopo appena nove punti raccolti in sette partite di campionato, con quattro sconfitte nelle prime sei giornate di Serie A), ma l’avventura a Torino è iniziata nel peggiore dei modi e potrebbe concludersi con largo anticipo. L’esonero è dietro l’angolo, anche se per ora Giampaolo resta alla guida del club: in questo senso, la sfida casalinga con l’Udinese, in programma sabato prossimo alle 18, potrebbe rappresentare l’ultima spiaggia per l’allenatore che fece molto bene alla guida di Empoli e Sampdoria, facendo vedere un calcio divertente e propositivo e lanciando tanti giovani talenti interessanti.
Dal punto di vista del gioco e della qualità degli interpreti, il suo Torino non è da meno. Tra i tanti debuttanti che sin qui hanno ben figurato, spiccano la mezzala classe ’97 Jacopo Segre, cresciuto nel vivaio granata e tornato alla base dopo le esperienze in prestito a Piacenza, Venezia e Chievo, il diciannovenne difensore ivoriano Wilfried Singo, e i nuovi arrivati Gojak e Vojvoda, soltanto alcuni dei giocatori da tenere d’occhio in un’annata particolarmente turbolenta. Le premesse sembravano migliori e la rosa a disposizione di Giampaolo è senza dubbio valida, con un mix ideale di giovani talenti in rampa di lancio e giocatori esperti che da anni indossano la maglia del Torino e conoscono quindi perfettamente l’ambiente: tra questi, il principale punto di riferimento è sempre il Gallo Belotti, capitano e bomber dei granata, che si aggrappano anche e soprattutto alle sue reti per sperare in una salvezza senz’altro possibile (il campionato è appena iniziato), ma ottenibile soltanto con una repentina inversione di tendenza, in particolar modo per ciò che concerne l’atteggiamento della squadra nei momenti più difficili e nelle situazioni in cui è necessario mantenere una certa lucidità.
Se è vero che un passo falso con l’Udinese potrebbe risultare fatale a Giampaolo, è pur vero che l’eventuale esonero dell’allenatore, arma cui spesso e volentieri ricorrono numerose squadre per raddrizzare le sorti di una stagione nata sotto una cattiva stella, non rappresenterebbe la soluzione definitiva ai (tanti) problemi di un Torino ben consapevole di aver raccolto davvero poco fin qui, soprattutto in relazione al potenziale della squadra e a quanto di buono fatto vedere in termini di giocate e prestazioni. Molte squadre rimangono ancorate ai bassifondi della classifica per mesi e mesi, senza mai riuscire a risalire la china, ma provando a cambiare rotta fino all’ultima occasione utile, nonostante le evidenti carenze dal punto di vista tecnico rispetto a tante altre compagini che si battono per il raggiungimento del medesimo traguardo.
Nel caso del Torino, si tratta di una situazione totalmente opposta: una squadra che ha ottime basi, un allenatore che in contesti simili ha dimostrato tutto il suo valore e un progetto che da anni porta risultati importanti, tra salvezze tranquille e prestazioni importanti in campo europeo. Il Toro si accende e si spegne bruscamente, prima fa brillare gli occhi ai suoi tifosi, illude a suon di giocate, ammutolisce le grandi e dà l’impressione di poterle battere senza particolari patemi d’animo (i ko per 4-2 con l’Inter e per 2-1 con la Juventus, arrivati entrambi in rimonta, rappresentano soltanto due dei possibili esempi in tal senso), poi la luce viene via di colpo e al suo posto subentra il buio totale, che porta a un preoccupante disorientamento generale. Dalla sua, il Torino ha la possibilità di risollevare le proprie sorti, perché la stagione è ancora lunga e ogni problema può essere risolto se affrontato nel migliore dei modi: di certo, però, i granata non troveranno mai la soluzione se continueranno a specchiarsi in sé stessi e a considerare i sempre più frequenti cali di tensione semplici episodi sporadici e isolati.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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