Quarantotto anni fa, 18 dicembre 1976, in Cile, l’Italia del tennis saliva sul tetto del mondo conquistando la sua prima Coppa Davis. Era un’Italia spaziale, la miglior generazione di tennisti per quell’epoca. In quella squadra c’erano Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Antonio Zugarelli e il capitano-non giocatore Nicola Pietrangeli.
Il Cile, a quell’epoca, da tre anni era guidato dal dittatore Augusto Pinochet, il quale tre anni prima aveva deposto Salvador Allende con un colpo di Stato. Nel corso del golpe Allende si sarebbe persino suicidato, e Pinochet, grazie al sostegno dei servizi segreti americani, governò per diciassette anni nella nazione cilena. Il suo governo si dimostrò fin da subito oppressivo e sanguinario verso gli oppositori politici e non. Lo stadio nazionale di Santiago divenne un vero e proprio campo di concentramento dove vennero interrogate, imprigionate e torturate oltre quarantamila persone. Alcune di loro non vennero mai più ritrovate.
In quell’anno, in Italia, imperversavano ancora gli anni di piombo e il terrorismo politico. Era l’anno in cui si sperava che il Pci potesse avere la meglio sulla Democrazia Cristiana. E sebbene ciò non avvenne, il Pci di Enrico Berlinguer raggiunse il suo massimo storico ottenendo dodici milioni di voti. Il tennis italiano a quel tempo era uno dei movimenti sportivi più interessanti di sempre. Panatta aveva vinto gli Internazionali di Roma a maggio e il Roland Garros a Parigi a giugno. Nel torneo del doppio, ad agosto, con i compagni Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli riuscì a battere della finale europea della Coppa Davis a Wimbledon la Gran Bretagna. Vittoria che permise all’Italia di poter gareggiare nella semifinale intercontinentale contro l‘Australia. L’Italia aveva sfiorato due volte la vittoria delle Coppa nel 1960 e nel 1961, entrambe le volte perse in Australia contro gli australiani. Questa volta, però, la storia fu diversa. L’Italia giocò al Foro Italico di Roma riuscendo a battere gli australiani e conquistando la sua terza finale.
Nella competizione tennistica c’era anche l’Unione Sovietica, la quale si era rifiutata di ospitare il Cile per protesta contro il regime di Pinochet. La selezione cilena, quindi, passò automaticamente in finale. Da lì a poco sarebbero sorti alcuni problemi. Si crearono vari dibattiti riguardo la spedizione italiana in Cile. Inoltre Domenico Modugno scrisse anche una ballata per boicottare la manifestazione sportiva suonandola e cantandola ad un comizio organizzato da cileni.
Su tale episodio si soffermò anche l’attore Ugo Tognazzi, il quale disse che in Cile l’Italia esporta automobili, cinema e importa rame. Secondo Tognazzi era inutile soffermarsi tanto sulla questione se c’erano già interessi economici tra i due Paesi. Quindi per Tognazzi l’Italia doveva andare in Cile e giocare la finale di Coppa Davis. I tennisti, tra l’altro, avevano già deciso di partecipare. Giulio Andreotti e il CONI non andarono oltre la questione, ma l’invito di partecipare alla manifestazione arrivò dal Partito Comunista cileno.
L’Italia se non avesse tenuto parte alla finale del torneo di tennis avrebbe regalato a tavolino la vittoria al Cile di Pinochet. Ed è qui che lo sport ha una valenza più politica e sociale che sportiva. La finale iniziò il 17 dicembre tra Jaime Fillol e Corrado Barazzutti con la vittoria dell’italiano, in seguito la vittoria di Adriano Panatta su Patricio Cornejo portò il risultato sul 2-0.
Panatta non ha mai nascosto di essere di sinistra, ma nonostante ciò era accusato di essere un milionario a cui non interessava la situazione in Cile. Il giorno dopo, il 18 dicembre, in occasione dell’incontro di doppio con Bertolucci, propose al compagno di indossare delle magliette rosse. La scelta arrivò dall’uso di madri, mogli e fidanzate nello sventolare fazzoletti rossi denunciando le scomparse di padri, mariti e figli da parte del regime.
La scelta non fece molto piacere alla delegazione italiana in Cile. In Italia, invece, sia la stampa che la televisione italiana non seguirono molto la finale a causa del dibattito politico. Inoltre c’era anche da evidenziare che il colore bianco e nero delle immagini televisive dell’epoca che rese ancora più difficile accorgersi del gesto politico. Panatta in seguito dirà:
“Se nessuno capì fu grave, se qualcuno capì e fece finta di niente, fu più grave ancora”
Il 19 dicembre Panatta vinse contro Fillol, e Zugarelli perse contro Belus Prajoux. Risultati che non furono influenti dal momento che l’Italia si impose per 4-1. Al ritorno in Italia, però, non ci furono molte celebrazioni per tale vittoria, anzi furono persino contestati da coloro che si dichiararono contrari ad andare in Cile. Oltre trent’anni dopo la questione salì alla ribalta grazie al docufilm La maglietta rossa del 2009a diretto dal regista Mimmo Calopresti, e dalla serie Una squadra di Domenico Procacci uscita nel 2022.
Articolo ispirato da La Coppa Davis delle magliette rosse di Pietro Cabrio del Post.
Foto: Sky
Simmaco Munno
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Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.