Con il pareggio sul campo dell’Udinese nel match del turno infrasettimanale disputatosi giovedì scorso, il Napoli di Luciano Spalletti è riuscito nell’impresa di conquistare il tanto agognato terzo Scudetto della sua storia dopo trentatré anni di attesa. Un successo cui gli azzurri erano andati spesso vicino negli anni passati, arrivando in varie occasioni a pochi punti dalla Juventus di Antonio Conte prima (a -9 nel 2012-2013) e Massimiliano Allegri poi (-9 nel 2015-2016, -5 nel 2016-2017 e -4 nel 2017-2018) e dal Milan di Stefano Pioli lo scorso anno (-7). Proprio la beffa della passata stagione, con Spalletti capace di riportare il Napoli a lottare per il titolo dopo due anni complicati tra Ancelotti e Gattuso (nonostante la conquista della Coppa Italia con quest’ultimo in panchina nel 2020, infatti, i partenopei avevano faticato e non poco in campionato, arrivando settimi nel 2019-2020 e quinti l’anno seguente) aveva rappresentato una delusione enorme per i napoletani, con la disillusione e la rabbia a minare la speranza e la fede di un popolo che non si arrende mai.
Luciano Spalletti portato in trionfo dai giocatori del Napoli, campione d’Italia con ben cinque giornate d’anticipo. (Fonte: Goal.com).
Alcune sconfitte inattese, tra cui spicca la clamorosa rimonta subita ad opera dell’Empoli in trasferta, avevano impedito agli azzurri di tenere testa a Milan e Inter fino in fondo nella lotta alla vittoria del campionato, ma non di tornare in Champions League dopo due anni di assenza. Nonostante un’annata tutto sommato positiva, l’estate scorsa il clima a Napoli era tutt’altro che sereno, in virtù delle numerose cessioni di giocatori a dir poco fondamentali, ossia Ospina, Insigne, Mertens, Koulibaly e Fábian Ruiz, peraltro rimpiazzati con molti giovani di fatto sconosciuti al mondo calcio italiano (e non solo). Tra questi, figurano anche due dei protagonisti principali della cavalcata verso lo Scudetto, Khvicha Kvaratskhelia e Kim min-Jae, che non solo hanno smentito chi riponeva poca fiducia in loro, ma hanno addirittura disputato un’annata semplicemente memorabile, quasi come se conoscessero i meccanismi di gioco del Napoli e la realtà del calcio italiano e internazionale da anni.
Il primo ha messo a referto numeri da vero top player (14 gol e 14 assist stagionali), e offerto giocate d’alta scuola a profusione, mentre il secondo ha guidato da leader vero il reparto difensivo. Merito anche e soprattutto dell’encomiabile lavoro quotidiano di Luciano Spalletti, capace anche di ridare nuova linfa a Amir Rrahmani (titolare inamovibile sotto la sua guida), Juan Jesus, già allenato alla Roma, e Stanislav Lobotka, consegnandogli le chiavi del centrocampo come fece anni prima con Marcelo Brozović all’Inter, di rilanciare Alex Meret tra i pali (il portiere classe ‘96 sembrava fuori dal progetto ed era stato quasi rimpiazzato con Keylor Navas, poi passato dal PSG al Nottingham Forest, e ceduto in prestito allo Spezia), di esaltare le caratteristiche dei due terzini Mario Rui e capitan Giovanni Di Lorenzo e di far raggiungere la definitiva consacrazione a Victor Osimhen, protagonista della sua miglior annata in carriera e capocannoniere della Serie A con 23 reti.
Luciano Spalletti, alla guida del Napoli dal 2021, ha riportato gli azzurri a vincere lo Scudetto dopo 33 anni (Fonte: SSC Napoli).
Il Napoli ha dominato il campionato in lungo e in largo, facendo anche un ottimo percorso in campo europeo, con la prima storica qualificazione ai quarti di finale di Champions League e le iconiche vittorie per 4-1 col Liverpool in casa e per 1-6 sul campo dell’Ajax, totalizzando ben 50 punti nel girone d’andata (+12 sul Milan secondo) e facendo registrare una striscia d’imbattibilità di ben diciassette partite tra Serie A e Champions League e di quindici gare in campionato. Inoltre, con la conquista dello Scudetto alla trentatreesima giornata, gli azzurri sono diventati la prima squadra nella storia a ipotecare la vittoria del campionato italiano con ben cinque giornate d’anticipo, peraltro dopo aver sprecato il matchpoint in casa con la Salernitana nel turno precedente. Un’annata, dunque, a dir poco memorabile per gli uomini di Luciano Spalletti. 64 anni compiuti lo scorso 7 marzo, il tecnico nativo di Certaldo è diventato l’allenatore più anziano nella storia della Serie A a vincere lo Scudetto, superando Maurizio Sarri, che trionfò alla guida della Juventus a 61 anni nel 2019-2020.
La vittoria del Tricolore rappresenta non solo il ritorno sulla mappa del Napoli, che non festeggiava il titolo dal 1990, quando Diego Armando Maradona contribuì in maniera determinante al secondo titolo azzurro dopo quello del 1986, ed è la prima squadra del centro-sud a vincere dal 2001 (Roma), interrompendo la poco più che ventennale egemonia di Juventus (11 Scudetti), Inter (6) e Milan (3), ma anche e soprattutto un traguardo speciale per Luciano Spalletti, che spesso e volentieri aveva sfiorato l’impresa in passato, non andando mai oltre il secondo posto, proprio come il Napoli tra Mazzarri, Sarri e Ancelotti. Dopo gli inizi tra Empoli, Sampdoria, Venezia, Udinese e Ancona, la carriera di Spalletti ha una significativa svolta nel 2002, quando l’allenatore toscano torna all’Udinese e in tre anni guida i friulani prima al ritorno in Coppa UEFA dopo quattro anni (2003), poi alla prima storica qualificazione in Champions League nella storia del club friulano nel 2004-2005, concludendo la stagione al quarto posto con 62 punti e il quarto miglior attacco del campionato e vincendo la Panchina d’oro.
Con la vittoria dello Scudetto sulla panchina del Napoli, Luciano Spalletti tocca quota 9 trofei in carriera, di cui 3 campionati (2 con lo Zenit).
Oltre a ciò, sotto la sua guida si impongono numerosi giocatori, tra cui il terzino ceco Marek Jankulovski (campione d’Italia, d’Europa e del mondo col Milan), il regista cileno David Pizarro, con cui il tecnico di Certaldo ha lavorato anche alla Roma, facendo con lui un lavoro simile a quello fatto con Brozović all’Inter e Lobotka al Napoli, gli attaccanti Vincenzo Iaquinta (campione del mondo con l’Italia nel 2006) e David Di Michele (miglior stagione in carriera in Serie A con 15 reti in 37 presenze) e il centrocampista ghanese Sulley Muntari (in seguito campione d’Italia, d’Europa e del mondo con l’Inter di José Mourinho). Oltre a ciò, Spalletti fa debuttare in Serie A un giovanissimo Samir Handanovič, riserva di Morgan De Sanctis.
Nel 2005, dopo un triennio da incorniciare a Udine, passa alla Roma, reduce da un’annata da dimenticare (ottavo posto in campionato e ben quattro allenatori, Prandelli, Völler, Delneri e Conti). Al suo primo anno, raggiunge la finale di Coppa Italia, persa con l’Inter, e arriva al quinto posto in campionato (la classifica finale, stravolta dopo il caso Calciopoli, vedrà la Roma issarsi al secondo posto, che vale il ritorno in Champions League). L’anno seguente perde la Supercoppa italiana con l’Inter, ma si prende una rivincita in finale di Coppa Italia (vittoria con un tennistico 6-2 all’andata all’Olimpico, sconfitta indolore per 2-1 al ritorno a San Siro), si piazza secondo in campionato e in Champions si ferma ai quarti col Manchester United, subendo una clamorosa sconfitta per 7-1 in Inghilterra dopo un illusorio successo per 2-1 a Roma. L’annata risulta inoltre essere la migliore della carriera di Francesco Totti, che totalizza 50 presenze e 32 gol e conquista la Scarpa d’oro con 26 reti in Serie A.
Tre i trofei vinti da Spalletti alla Roma: due Coppe Italia consecutive (2006-2007 e 2007-2008) e una Supercoppa italiana (2007).
Nel 2007-2008 ripete gli stessi risultati in campionato, Coppa Italia (vittoria in finale per 2-1, nuovamente contro l’Inter) e Champions League, in cui dopo aver eliminato il Real Madrid agli ottavi (vittorie per 2-1 tra le mura amiche e in Spagna) si arrende ancora al cospetto del Manchester United. Rispetto all’anno precedente, però, contende lo Scudetto all’Inter fino all’ultima giornata, chiudendo il campionato a soli tre punti di distacco dalla vetta (nel 2006-2007 furono ben 22), e si aggiudica la Supercoppa italiana (0-1 a San Siro con l’Inter). Il progressivo calo della squadra, che nel 2008-2009 non va oltre il sesto posto in campionato, gli ottavi di Champions e i quarti di Coppa Italia e perde la Supercoppa italiana, porta alla fine del primo mandato di Spalletti alla Roma, col tecnico che lascia la squadra all’inizio della stagione 2009-2010, venendo rimpiazzato da Claudio Ranieri e accasandosi, pochi mesi più tardi, allo Zenit San Pietroburgo (prima esperienza all’estero nella sua carriera da allenatore). In Russia, il tecnico di Certaldo vince quattro trofei (una Coppa di Russia, due campionati e una Supercoppa nazionale) in altrettanti anni.
All’inizio del 2016, Spalletti torna a guidare la Roma, rilevando Rudi Garcia con la squadra al quinto posto e reduce da una sola vittoria nelle precedenti sette partite. Dopo un inizio stentato (un pareggio e una sconfitta), i giallorossi inanellano una serie di ben otto vittorie consecutive e diciassette risultati utili di fila (quattordici vittorie e tre pareggi, piazzandosi al terzo posto con 80 punti, di cui 46 nel girone di ritorno giocato con Spalletti in panchina. Radja Nainggolan vive la miglior stagione in carriera nel ruolo di trequartista, con 11 gol in 37 presenze in campionato. L’anno successivo la Roma chiude al secondo posto, scavalcando il Napoli, a soli quattro punti dalla Juventus prima, stabilendo inoltre il record di punti (87) e gol segnati (90) nella storia del club capitolino. È l’ultimo anno della gloriosa carriera di Francesco Totti, con Spalletti che verrà criticato duramente per lo scarso minutaggio concessogli, ma anche la stagione più prolifica per Edin Džeko, autore di ben 39 gol in 51 presenze stagionali.
Luciano Spalletti sulla panchina dell’Inter nel 2017-2018, anno in cui chiuse il campionato al quarto posto, permettendo al club di tornare in Champions.
Dal 2017 al 2019 siede sulla panchina dell’Inter, riportando i nerazzurri in Champions League dopo sei anni, valorizzando numerosi giocatori, tra cui in particolar modo Brozović e Cancelo, e gestendo la spinosa questione Icardi, col giocatore – capocannoniere del campionato nel 2017-2018 con 29 reti – privato della fascia di capitano l’anno seguente e poi ceduto a fine stagione al PSG. Dopo due anni di inattività, Spalletti accetta la corte del Napoli, con cui riesce ad entrare definitivamente nel mito del calcio italiano, e non solo, grazie a prestazioni e risultati da applausi e innumerevoli record, ma soprattutto alla vittoria di uno Scudetto che fa storia a sé, in quanto vinto in una delle più grandi e passionali piazze calcistiche al mondo, peraltro in una stagione in cui il Napoli veniva considerato da molti appassionati e addetti ai lavori tagliato fuori dalla lotta per la vittoria del campionato e per i primi quattro posti. Spesso etichettato come allenatore perdente, nonostante abbia di fatto quasi sempre centrato gli obiettivi delle squadre allenate e vinto trofei alla Roma e allo Zenit, Spalletti si è preso una grossa rivincita nei confronti dei suoi detrattori, mettendo in bacheca un titolo dal valore inestimabile e diventando l’eroe di una città intera.
La stagione 2022-2023 del Napoli parte con due roboanti vittorie con Verona (2-5 al Bentegodi) e Monza (4-0 in casa), cui fanno seguito i pareggi con Fiorentina (0-0 al Franchi) e Lecce (1-1 tra le mura amiche). Sembra il preludio a una brusca frenata, ma dal successo per 1-2 all’Olimpico con la Lazio gli azzurri macinano gioco e risultati, mettendo in fila ben tredici vittorie consecutive tra campionato e Champions League, tra cui spiccano l’1-2 col Milan a San Siro e lo 0-1 in casa della Roma in Serie A e i cinque successi in altrettante gare nella Coppa dalle grandi orecchie (4-1 al Liverpool al Maradona, 0-3 coi Rangers a Glasgow, 1-6 all’Ajax ad Amsterdam e 4-2 a Napoli e 3-0 coi Rangers in casa). Una striscia interrotta soltanto dall’ininfluente ko per 2-0 col Liverpool ad Anfield, che non preclude ai partenopei né l’accesso agli ottavi di finale né il primo posto nel girone.
Spalletti è il terzo allenatore a vincere lo Scudetto sulla panchina del Napoli, dopo Ottavio Bianchi (1986-1987) e Alberto Bigon (1989-1990).
In campionato, invece, il Napoli non fa altro che vincere fino alla pausa per i Mondiali in Qatar, mettendo a referto undici vittorie di fila (Spezia, Torino, Bologna, Sassuolo, Empoli e Udinese in casa, Lazio, Milan, Cremonese, Roma e Atalanta in trasferta) e portandosi a quota 41 punti dopo quindici giornate (+8 sul Milan secondo). Alla ripresa della Serie A dopo il Mondiale vinto dall’Argentina – che torna sul tetto del mondo per la prima volta dal 1986, anno in cui Diego Armando Maradona, approdato a Napoli due anni prima, fu autentico trascinatore dell’Albiceleste in Messico – il Napoli cade 1-0 a San Siro con l’Inter. In molti ritengono che gli azzurri siano destinati a calare nel girone di ritorno, sulla falsariga di quanto avvenuto l’anno precedente, ma gli uomini di Spalletti rispondono con otto vittorie consecutive, tra cui un memorabile 5-1 alla Juventus al Maradona, prima di perdere per la prima volta in casa in stagione (0-1 con la Lazio dell’ex di turno Sarri).
Il Napoli passa anche il turno in Champions League, regolando senza particolari patemi d’animo l’Eintracht Francoforte agli ottavi (0-2 in Germania, 3-0 tra le mura amiche), ma ai quarti si arrende al cospetto del Milan (ko per 1-0 a San Siro, pareggio per 1-1 a Napoli), che nel frattempo, nella ventottesima giornata di campionato, rifila ai partenopei la sconfitta più pesante della stagione (0-4). Dopo una vittoria stentata a Lecce (1-2), il Napoli non va oltre lo 0-0 in casa col Verona, ma la vittoria per 0-1 sul campo della Juventus alla trentunesima giornata (decisivo Raspadori in pieno recupero), di fatto, ipoteca la conquista dello Scudetto, che gli azzurri potrebbero festeggiare nel match contro la Salernitana davanti ai propri tifosi.
Spalletti eguaglia Allegri, Mourinho, Sarri e Pioli, gli altri allenatori attualmente in Serie A capaci di vincere lo Scudetto. (Fonte: Gianluca Di Marzio).
L’1-1 finale, con Boulaye Dia che a pochi minuti dal termine gela il Maradona, però, rimanda tutto alla giornata seguente, col Napoli impegnato a Udine. Arriva un altro 1-1, ma stavolta basta e avanza per archiviare la pratica Scudetto. Al fischio finale, i giocatori e Spalletti impazziscono di gioia. Il tecnico di Certaldo dedica la vittoria alla città di Napoli e al fratello Marcello, scomparso quattro anni prima, risultando visibilmente commosso ai microfoni. Tante immagini gli saranno passate davanti in quello che rappresenta il momento più bello della sua carriera: dagli Scudetti sfumati con la Roma nel 2008 (-3 dall’Inter) e nel 2017 (-4 dalla Juventus) e con lo stesso Napoli l’anno scorso (-7 dal Milan) alle tante critiche ricevute, spesso e volentieri ingenerose.
“Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Non c’è altra strada” è una delle massime più famose di Luciano Spalletti e sintetizza al meglio il suo percorso nel mondo del calcio. Un percorso fatto di (tanta) gavetta, dalla Serie C1 alla vetta più alta d’Italia (proprio come il Napoli di Aurelio De Laurentiis), di idee straordinarie portate avanti sempre con la massima convinzione, di emozioni indelebili vissute in alcune delle piazze più importanti della realtà calcistica nostrana. Al pari del Napoli, che da tempo sognava di vincere uno Scudetto post Maradona e scrivere un nuovo, avvincente capitolo della sua storia, Spalletti aveva bisogno di un’occasione del genere per rilanciarsi e dimostrare a coloro che lo criticavano che sbagliavano sul suo conto.
Spalletti col presidente Aurelio De Laurentiis, che in poco meno di 20 anni ha portato il Napoli dalla Serie C allo Scudetto. (Fonte: Fabrizio Romano).
Il fatto che sia riuscito finalmente a vincere il primo Scudetto della sua carriera e che questo sia arrivato sulla panchina del Napoli rende ancor più memorabile il traguardo centrato dal tecnico toscano, che da anni ormai è tra i migliori allenatori in circolazione. Vincere praticando un bel gioco, del resto, è tutt’altro che semplice. Il Napoli di Spalletti, eccezion fatta per poche partite, ha viaggiato a ritmi elevatissimi per tutta la stagione, incantando l’Italia e l’Europa a suon di vittorie e prestazioni da applausi. Una macchina perfettamente messa a punto dall’ex allenatore classe ‘59, autore di un lavoro praticamente perfetto sia per ciò che concerne il campo, il cui verdetto è stato chiaro, sia per quanto riguarda la capacità di tenere sempre unito e compatto il gruppo, facendo in modo che tutti remassero nella stessa direzione e creando un’atmosfera magica che ha portato alla realizzazione di un sogno che prima di quest’anno sembrava destinato a sfumare sia per il Napoli di De Laurentiis che per lo stesso Spalletti.
Dennis Izzo
Fonte foto in evidenza: Fabrizio Romano (Twitter)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
“Se c’è un libro che vuoi leggere, ma non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo.”