Si parla spesso, con riferimento alle dinamiche interne all’Unione Europea, di un’Europa a due velocità, con stati più avanzati a livello economico che danno vita a forme di cooperazione rafforzata per perseguire determinati obiettivi, mentre gli altri, più indietro nel processo di integrazione, restano sostanzialmente a guardare. Dopo undici giornate, il campionato di Serie A può esser visto come un’Italia a tre velocità, con diverse prospettive già di fatto definitive.
Il primo gruppo, la locomotiva del campionato, è rappresentato dalle cinque squadre che occupano le prime posizioni in classifica. Per loro, le uniche gare effettivamente significative sono gli scontri diretti: considerando le cinquantaquattro partite giocate contro le altre quindici della classe, i punti persi sono appena 6, frutto di tre pareggi (Inter a Bologna, Lazio in casa con la SPAL al debutto, Juventus a Bergamo). Un ritmo impressionante, indicativo di quello che è l’abisso che in questo momento separa Napoli, Juventus, Inter e le due romane dalla concorrenza, o presunta tale.
I partenopei, nella gara interna con il Sassuolo, non hanno dato vita alla loro miglior prova stagionale, specialmente in un reparto difensivo orfano di Koulibaly e spesso in affanno nelle chiusure su Falcinelli e compagni, ma la produzione offensiva degli uomini di Sarri resta di primissimo livello, con Mertens e Insigne costantemente sugli scudi.
A impressionare di più, però, è stata la Juventus. I bianconeri, come spesso capita alle grandi squadre, hanno giocato al gatto col topo nella sfida di San Siro, concedendo forse troppo al Milan, ma colpendo con precisione chirurgica con il ritrovato Higuain, deciso a riprendersi di prepotenza quanto lasciato per strada nelle prime scialbe apparizioni stagionali. Decisivo anche Buffon, che nel primo tempo ha salvato il risultato con un grande intervento su Kalinic, confermando la grande condizione già espressa contro Sporting Lisbona e Udinese.
Non molla la presa nemmeno l’Inter di Spalletti, che nel posticipo del lunedì ha piegato le resistenze del Verona grazie al primo gol in nerazzurro di Borja Valero e a una gran conclusione dal limite di uno scatenato Perisic, il vero uomo in più di questo avvio di stagione. Incostante nelle sue prime annate a Milano, il croato sembra aver trovato un ottimo feeling con il tecnico di Certaldo, che non manca mai di lodare le sue prestazioni in campo e la sua etica del lavoro durante gli allenamenti, che gli consente di rendere a livelli altissimi sul piano fisico prima ancora che su quello tecnico.
Continuano a rispondere, colpo su colpo, anche le romane: la Lazio brilla sul campo del Benevento, rifilando cinque gol ai campani, ancora a caccia del primo punto in campionato, mentre la Roma mette a segno il terzo 1-0 consecutivo, propiziato da una prodezza al volo di El Shaarawy, in vista dell’impegno di Champions League con il Chelsea, gara chiave in ottica qualificazione agli ottavi.
I biancocelesti, una volta di più, hanno dato prova della bontà del lavoro svolto in panchina da Simone Inzaghi, abile tattico e attento gestore delle dinamiche dello spogliatoio, non sempre tranquillissimo.
Al di sotto, si trova il girone delle incompiute, come Milan e Fiorentina, e di chi è destinato a un campionato dignitoso, ma nulla di più, una condizione in cui si trova perennemente il Chievo, esempio virtuoso di come si possa rischiare sempre meno in termini di lotta per non retrocedere pur riducendo al minimo gli investimenti, operati, però, sempre in maniera oculata, pescando giocatori di livello in giro per l’Europa (i prossimi gioielli saranno Bastien e Stepinski).
La grande delusa di questo gruppone è sicuramente la squadra di Montella, mai in grado di dare l’impressione di una continuità di rendimento nel corso delle prime undici giornate, una tendenza preoccupante, soprattutto alla luce dei milioni investiti in estate per rivoluzionare una rosa che, sotto la guida dell’ex Aeroplanino, era arrivata a raggiungere il sesto posto e adesso si ritrova a lottare per entrare nella prima metà della classifica. Dopo tre vittorie consecutive, che ne avevano risollevato l’umore, crolla anche la Fiorentina, vittima di due disattenzioni difensive e di un approccio troppo molle alla partita contro il Crotone, sempre temibile tra le mura dell’Ezio Scida.
Alle spalle di queste formazioni, si trovano quelle in corsa per non retrocedere, una lotta che vede impegnate anche squadre insospettabili alla vigilia come il Sassuolo, alle prese con una transizione dalle idee di Eusebio Di Francesco a quelle di Christian Bucchi che si sta rivelando più tormentata del previsto per i neroverdi. L’attacco stenta a produrre palle gol nitide, e l’infortunio di Berardi – out un mese – non fa che peggiorare la situazione. Rischia grosso anche il Genoa, che riflette sulle possibili alternative a Juric, di certo non il principale responsabile delle difficoltà dei rossoblù, indeboliti una volta di più in sede di mercato.
Come ogni regola, però, ci dev’essere un’eccezione per confermarla, e per quanto riguarda questa rigida tripartizione l’unica mina vagante è rappresentata dalla Sampdoria, che, con una gara in meno, ha la possibilità di rientrare sulle prime cinque della classe, una volta recuperata la partita con la Roma, rinviata a metà settembre a causa del maltempo che si abbatté su Genova. Il club del presidente Ferrero rappresenta un modello virtuoso, capace ogni anno di operare molto bene sul fronte del mercato in uscita e poi di sostituire i partenti con investimenti mirati, per unire risultati nell’immediato e plusvalenze future.
Il bacino privilegiato della coppia Osti-Pradè, negli ultimi anni, è diventato l’Est Europa, dove i dirigenti doriani hanno pescato i vari Skriniar, Schick, Linetty e Kownacki. Da sottolineare l’ottimo impatto di Duvan Zapata e Ivan Strinic, arrivati negli ultimi giorni di mercato dal Napoli ma subito calatisi al meglio nella nuova realtà, e la crescita delle mezze ali Linetty e Praet, dopo una prima stagione di ambientamento nel nostro campionato fatta di luci e ombre. La grande conferma del reparto è invece Torreira, autore di una doppietta da cineteca nella sfida di Marassi con il Chievo e finalmente in odore di nazionale, dopo esser stato a lungo ignorato dal commissario tecnico dell’Uruguay Tabarez. Sabato c’è il derby della Lanterna, e la metà doriana della città può tornare a sognare l’Europa.
Francesco Nardi
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