La notizia tanto attesa per settimane è finalmente arrivata: Maurizio Sarri sarà il nuovo allenatore della Juventus. A darne l’annuncio proprio la squadra bianconera tramite un comunicato. L’accordo che sembrava nell’aria e che, oltretutto, ha scatenato l’ironia dei social visto il notevole ritardo, è stato raggiunto: triennale fino al 30 giugno 2022, per il ritorno in italia a distanza di una sola stagione dal suo addio al Napoli. Ma per il neotecnico in bianconero, questa nuova avventura significa molto di più. Specie per uno che, più di tutti, ha vissuto la vera gavetta. Fino ad arrivare al club più titolato d’Italia.
Un percorso cominciato in Seconda Categoria a fine anni 90, quando il calcio non era ancora un lavoro a tempo pieno ma solo una passione. Maurizio Sarri, nato a Napoli ma vissuto in Toscana, si aspettava tutt’altro per la sua vita professionale: figlio di operai, il ruolo di dipendente bancario alla Banca Toscana sembrava già un traguardo da sogno. Poi arriva il Sansovino, che in sole tre stagioni porta al triplo salto dall’Eccellenza alla C2. Proprio in quel momento “mister 33” (chiamato così per le soluzioni adottate sulle palle inattive) decide di dedicare la sua carriera alla passione che ha coltivato per anni.
Dopo un’altra promozione (con la Sangiovannese) arrivano i primi sprazi nel calcio che conta. nel 2005 viene ingaggiato dal Pescara, in Serie B. Poi arrivano, uno dopo l’altro e non senza bocconi amari, Arezzo, Avellino, Verona, Perugia, Alessandria e Grosseto. Le esperienze si accumulano, così come gli esoneri. Poi la seconda svolta della sua carriera arriva dalla terra che lo ha cresciuto: nel 2012 inizia la splendida storia con l’Empoli.
Sarri sfiora la promozione già alla prima stagione, raggiunta l’anno dopo con il secondo posto in campionato. L’ambiente osanna il suo comandante, grazie a un gioco frizzante dalla trequarti e solido sulle retrovie. Diventa sempre più apprezzato tra gli addetti ai lavori e la Serie A non si dimostra una realtà troppo grande. Partita dopo partita dà prova di sè conquistando la salvezza matematica abbinata ad un gioco di tutto rispetto.
Da azzurri ad azzurri. Nel 2015 l’approdo al Napoli, la chiamata che vale una carriera. I passi da gigante fatti rispetto alla precedente gestione (Benitez) sono sotto gli occhi di tutti. Il Napoli gioca un calcio meraviglioso e stagione dopo stagione fa innamorare gli italiani grazie alle sue geometrie. Nel 2016 e nel 2018 arrivano due secondi posti, dietro una straordinaria Juventus e con 82 e 91 punti in cascina (record della storia napoletana). Tanto basta per attirare su di sè le attenzioni di una big europea come il Chelsea.
La Premier sembra l’habitat adatto per l’estro tecnico di Sarri. Vuoi per il poco tatticismo del campionato, vuoi per l’ambiente sicuramente più leggero rispetto alle calde panchine italiane. E i risultati, a fine stagione, parleranno per lui. Terzo posto in campionato, una finale di EFL persa contro il City di Guardiola (altro forte candidato per il dopo Allegri) e l’Europa League vinta contro l’Europa League vinta contro l’Arsenal. Il primo trofeo continentale.
Non saranno in pochi a storcere il naso per un approdo simile. D’altronde Sarri, negli anni, ha dimostrato di essere tutt’altro che l’allenatore adatto per lo stile Juve. Dichiarazioni a volte sopra le righe, tuta in panchina e qualche polemica di troppo. Certo è che una carriera del genere, quando 19 anni fa prendeva le redini del Sansovino, non era sicuramente prospettabile per un ottimo dipendente di banca come lui. Dalla seconda categoria alla Juventus. E siamo solo all’inizio.
Francesco Mascali
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