Negli ultimi anni, numerosi calciatori che hanno segnato un’era che rimarrà a lungo nelle menti degli appassionati hanno deciso di appendere gli scarpini al chiodo. Tra i tanti, spiccano i vari Ronaldinho, Kaká, Frank Lampard, Steven Gerrard, Didier Drogba, Francesco Totti, Luca Toni e Alberto Gilardino. Il 2019 è iniziato da poche settimane e ha già un primo nome che si iscrive a questa lista, vale a dire quello di Petr Čech, attualmente in forza all’Arsenal.
Il portiere ceco classe ’82, che compirà 37 anni il prossimo 20 maggio, ha legato all’Inghilterra la sua carriera professionistica, essendo stata una delle principali icone della scalata dal Chelsea fino ai tanti trionfi in patria e a livello internazionale del club londinese. Čech, infatti, è stato uno dei primi colpi di livello dell’era del magnate russo Roman Abramovič: voluto fortemente da José Mourinho nel 2004, i Blues versarono circa 13 milioni di euro nelle casse del Rennes per battere la concorrenza e assicurarsi uno dei migliori astri nascenti nel suo ruolo.
Inizialmente riserva del ben più esperto Carlo Cudicini, il giovane portiere ceco divenne in breve tempo titolare dell’intrigante e ambizioso Chelsea, conquistando sin da subito la fiducia di Mourinho, della società e dei tifosi a suon di parate decisive e una grandissima personalità, tant’è che già nel corso della sua prima stagione in terra inglese stabilisce un record di 1024 minuti di imbattibilità, tra il 12 dicembre 2004 e il 5 marzo 2005.
Risale alla stagione 2006-2007, invece, la terribile frattura al cranio – riportata in un match contro il Reading, in seguito a un durissimo impatto della sua testa col ginocchio dell’avversario Stephen Hunt – che ne mise addirittura a rischio la carriera e la vita. Čech. però, è un guerriero e torna in campo in tempi record, indossando un caschetto protettivo, poi divenuto un suo vero e proprio marchio di fabbrica, per evitare guai peggiori. Tra le file del Chelsea, il classe ’82 ha vinto praticamente di tutto, recitando un ruolo di primo piano per gli innumerevoli trionfi dei Blues: quattro Premier League, tre Coppe di Lega, due Community Shield, quattro FA Cup, una Champions League e un’Europa League.
Nella prima storica Coppa dalle grandi orecchie vinta dai londinesi, nel 2011-2012, Čech risultò fondamentale nella cavalcata dei suoi, nella semifinale vinta contro il Barcellona campione in carica (1-0 per il Chelsea all’andata a Stamford Bridge, 2-2 al ritorno al Camp Nou), neutralizzando tutti i tentativi dei vari Messi, Iniesta e Fàbregas, ma anche e soprattutto nella finalissima di Monaco di Baviera vinta contro i padroni di casa del Bayern.
All’Allianz Arena, infatti, a salvare il Chelsea dalla seconda sconfitta in altrettante finali di Champions League disputate, dopo quella del 2008 persa ai rigori a Mosca contro i rivali del Manchester United, Čech para un rigore al suo ex compagno di squadra Robben nei tempi supplementari, quindi si ripete su Olić nella lotteria di rigori che permette ai Blues di mettere in bacheca la più importante competizione continentale per club.
Non l’unico trionfo internazionale degno di nota per un giocatore che ha vinto ben diciannove trofei tra club e Nazionale (Europeo Under-21 conquistato nel 2002) e ha ottenuto anche 24 premi individuali, tra i quali figurano il UEFA Golden Player del 2002 e il riconoscimento di Miglior portiere dell’anno assegnatogli dall’IFFHS nel 2005. Traguardi più che meritati per un calciatore che ha dovuto fronteggiare le difficoltà apparentemente più insormontabili, uscendone sempre da vincitore e facendosi apprezzare come uno dei portieri migliori del nuovo millennio, riuscendo anche a diventare il giocatore con più presenze nella storia della Repubblica Ceca (124 dal 2002 al 2016), con cui ha preso parte ai Mondiali nel 2006 in Germania e agli Europei nel 2004 in Portogallo, nel 2008 in Austria e Svizzera, nel 2012 in Polonia e Ucraina e nel 2016 in Francia.
Čech – che oggi indossa la maglia dell’Arsenal, cui è approdato nell’estate 2015, dopo aver perso il posto da titolare al Chelsea in favore del più giovane collega di reparto belga Thibaut Courtois, in rampa di lancio e schierato sin da subito titolare da Mourinho (ironia della sorte, dieci anni dopo l’esperto portiere ceco si ritrova nella situazione opposta a quella che lo vide protagonista nel 2004, quando soffiò il posto da titolare a Cudicini a soli 22 anni) – è riuscito a farsi apprezzare anche con la maglia dei Gunners, con cui ha vinto sin qui una FA Cup e due Community Shield.
Il nativo di Plzeň, che ha recentemente annunciato la propria intenzione di ritirarsi al termine della stagione attualmente in corso, è unico nel suo genere non soltanto dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto perché, in un’epoca calcistica in cui la stragrande maggioranza dei giocatori, soprattutto quelli più noti e ambiti al mondo, prediligono concludere le rispettive carriere in paesi quali Cina, Giappone, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Stati Uniti, principalmente per questioni economiche, Čech decide di salutare il calcio giocato rimanendo ad alti livelli.
«Questo è il mio ventesimo anno da calciatore professionista. Nel 1999 firmai il mio primo contratto da professionista, per cui sento che questo sia il momento giusto per annunciare il ritiro al termine della stagione attuale. Dopo aver vinto tutti i trofei possibili in quindici anni in Premier League, sento di aver ottenuto tutto quello che potevo raggiungere. Continuerò a lavorare duramente per vincere almeno un altro trofeo con l’Arsenal quest’anno, dopodiché mi concentrerò sul futuro per scegliere cosa fare fuori dal campo», ha comunicato il diretto interessato con un post sul proprio profilo ufficiale di Instagram.
Il 36enne, infatti, si ritirerà con la maglia dell’Arsenal, con cui potrà puntare a conquistare FA Cup e Europa League, per riempire ancor di più la sua già stracolma bacheca. Se è vero che, soprattutto negli ultimi anni, il mondo del calcio ha fatto l’abitudine all’uscita di scena di alcuni dei suoi più grandi interpreti, è pur vero che non sarà facile accettare che una leggenda di una generazione gloriosa stia per appendere i guantoni al chiodo.
Dennis Izzo
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