Ci sono delle storie, nel mondo del calcio e nello sport in generale, che affascinano in maniera tale da essere definite favole, per lo straordinario impatto che hanno su un’atleta, un allenatore, una società o addirittura un intero movimento sportivo, talvolta ben oltre i confini nazionali. In quest’ultimo caso, ciò avviene anche e soprattutto quando il protagonista è una vera e propria stella, uno di quei fuoriclasse che lasciano scolpito il proprio nome nei nomi e nei cuori delle persone anche dopo la fine della propria carriera agonistica.
Tra le tante pietre miliari del mondo del calcio, non può non essere menzionato Thierry Henry, uno che da calciatore ha raggiunto l’eccellenza con disarmante naturalezza, facendo sembrare semplici le cose più complicate e centrando traguardi e risultati a dir poco entusiasmanti. Appesi gli scarpini al chiodo nel 2014, dopo aver messo a segno 450 reti in 994 presenze e aver conquistato 20 trofei tra club e Nazionale (praticamente tutto ciò che un calciatore può vincere) e 40 riconoscimenti individuali nel corso della sua carriera, Henry non poteva certamente abbandonare il mondo del calcio.
Il classe ‘77 nativo di Les Ulis ha intrapreso una nuova e appassionante sfida, l’ideale per un animale da competizione del suo calibro, divenendo allenatore nel 2016, quando entra a far parte dello staff tecnico dello spagnolo Roberto Martínez, commissario tecnico della Nazionale belga. Due anni più tardi, dopo un ottimo Mondiale in terra russa concluso al terzo posto finale, Henry finisce sul taccuino dell’Aston Villa, nobile decaduta del calcio inglese.
L’ipotesi di nominarlo first coach con John Terry a fargli da assistente alletta e non poco la società di Birmingham, ma nel frattempo c’è un’altra squadra storica che sta attraversando un periodo tutt’altro che da incorniciare, a poco più di 6 chilometri di distanza: quella squadra è il Monaco, con cui Henry ha mosso i suoi primi passi nel mondo del calcio, facendo registrare 28 reti in 141 presenze e vincendo campionato e Supercoppa francese.
È proprio grazie alla squadra del Principato che Henry si mette in mostra come uno dei migliori giovani talenti della sua generazione, tanto da guadagnarsi la convocazione per i Mondiali casalinghi vinti dalla sua Francia nel 1998. La sua definitiva affermazione nel calcio che conta avverrà soltanto qualche anno più tardi, tra le fila dell’Arsenal, ma chi gli ha dato di emergere, su tutti, è il Monaco.
Dopo quasi venti anni, Henry torna nel Principato, stavolta in veste da allenatore: il cerchio si chiude nel migliore dei modi per lui, che aveva lasciato Monaco nel 1999 da talento promettente desideroso di compiere un netto salto di qualità e vi ritorna diciannove anni dopo, con tanta esperienza in più e la consueta quanto enorme voglia di vincere e lasciare il segno.
Rispetto a qualche anno fa, il Monaco non domina la scena né in terra francese né in campo internazionale: il pessimo avvio di stagione del club monegasco ha costretto la proprietà a correre ai ripari, esonerando il portoghese Leonardo Jardim ed affidando la panchina ad un allenatore in rampa di lancio, che anche in giacca e cravatta sembra stare benissimo. Dopo la carriera da calciatore, dunque, anche quella da allenatore prenderà il via col Monaco per Henry, che già sabato prossimo siederà in panchina per la sfida di Ligue 1 sul campo dello Strasburgo.
Tre anni di contratto e un compito importante, una sfida tanto complicata quanto affascinante: risollevare le sorti di una squadra che ha cominciato la stagione 2018-2019 come peggio non avrebbe potuto ed è attualmente appaiata al terzultimo posto in campionato con appena 6 punti racimolati nell’arco di nove partite (una sola vittoria, tre pareggi e ben cinque sconfitte) e all’ultimo posto in Champions League nel gruppo A con Borussia Dortmund, Atlético Madrid e Club Brugge, in seguito a due sconfitte in altrettante gare disputate.
Un balzo all’indietro decisamente doloroso per un club che appena due anni fa vinceva la Ligue 1 ai danni dello stratosferico Paris Saint-Germain e raggiungeva le semifinali di Champions League, lanciando al contempo talenti dal sicuro avvenire, tra cui in particolar modo Kylian Mbappé, protagonista del Mondiale vinto la scorsa estate dalla Francia e paragonato proprio a Thierry Henry. Quest’ultimo non ha nascosto la propria emozione per la chance di guidare la squadra del Principato, un club «così speciale per me», mostrandosi piuttosto «felice di tornare al Monaco e molto determinato per quest’avventura».
Il nuovo capitolo della sua carriera da allenatore parte da dove era iniziato quello della sua straordinaria carriera da calciatore, con significati e valori ancor più profondi. Soddisfatto anche il vicepresidente del Monaco Badim Vasilyev, che ne mette evidenza «la conoscenza e passione per il gioco del calcio» e «l’impegno nei confronti dei colori del Monaco». Dal campo alla panchina, un ventennio dopo, ma con la solita grinta, leadership e voglia di mettersi alla prova: Bienvenue Titì.
Dennis Izzo
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