Cala il sipario sul mondiale 2018 ad Abu Dhabi. Hamilton è campione del mondo per la 5° volta nella sua meravigliosa carriera: Vettel e Prost superati, Fangio raggiunto e Schumacher a sole 2 lunghezze. È stato il campionato in cui più degli altri anni si è vista una Mercedes in difficoltà, salvo poi risorgere più forte di prima. Il 2018 è questo ma anche di più: è la fine della carriera in Formula uno di Fernando Alonso, uno dei talenti più puri degli ultimi 20 anni; ma anche la conclusione del rapporto tra Ferrari e Raikkonen, con il finlandese fin qui ultimo in ordine cronologico ad alzare con il cavallino un campionato del mondo.
17 anni fa fu il grande Giancarlo Minardi a buttarlo nella mischia: di lì a poco il nome di Fernando Alonso sarebbe stato uno dei più chiacchierati dell’intero circus. Lo stesso anno, mentre la Renault rileva la Benetton, il giovane spagnolo passa alla corte di Briatore: sarà uno dei binomi più vincenti delle 4 ruote. Record su record Alonso si fa spazio nell’olimpo della F1, fino a farne definitivamente parte nel bienno 2005-2006.
La Renault non è l’unica macchina da battere: prima la McLaren di Raikkonen poi la Ferrari del mito Schumacher costringono Alonso a battagliare fino all’ultima gara. In entrambi i casi si scoprì un talento senza limiti, capace di attendere e attaccare con una classe d’altri tempi. Sulla monoposto francese divenne il pilota più giovane a ottenere pole position, vittoria e campionato del mondo, salvo poi essere superato in questi record proprio da Lewis Hamilton 3 anni più tardi.
Finito il rapporto con Briatore e la casa francese il vuoto. Alonso ha scelto in sequenza: McLaren, di nuovo Renault, Ferrari e infine di nuovo McLaren. Costruttori a cui nessuno direbbe di no ma che, comunque la mettiamo, sono state delle scelte sbagliate per l’asturiano. In McLaren ha patito l’astro nascente di Hamilton. La Renault, al suo ritorno, era così poco competitiva da costringere il povero Piquè Jr. ad andare a muro per regalare punti alla squadra. Ma è la Ferrari il vero grande rimpianto della sua carriera: approdò nel 2009, quando la vettura era poco competitiva e il suo talento era al culmine della maturità. L’obiettivo era, entro un quinquennio, di far tornare il mondiale a Maranello.
Nonostante questo, nel 2010 e nel 2012 il titolo è stato veramente a un soffio. Vuoi per errori del muretto, vuoi per errori personali durante il corso della stagione, in sogno di arrivare a quota 3 e raggiungere i più grandi non è mai stato tramutato in realtà. Anche in quegli anni un altro astro nascente ad oscurarlo, Vettel. Anche in quegli anni la sfortuna post Renault a perseguitare quel talento cristallino. I 5 campionati passati a Maranello rappresentano il meglio che Alonso poteva dare alla Formula 1 e il peggio che una scuderia potesse dare a un talento come il suo.
Infine l’infelice ritorno in McLaren, culmine di una serie di scelte sbagliate. In 4 anni a Woking non è mai andato oltre il 10° posto nella classifica piloti, mentre in gara la 5° posizione è il massimo a cui ha potuto ambire. In totale, dopo il 2006, sono stati 12 anni di frustrazione e tempo buttato: 3 titoli mondiali persi all’ultima gara, 4 volte sul podio finale e tanti rimpianti al seguito. Dopo la vittoria alla 24h di Le Mans ha deciso dunque di virare in America, per puntare al titolo in IndyCar e alla storica tripla corona.
Chi invece la classe regina non la lascia è Raikkonen, che però dice addio al circolo dei grandi tornando alla Sauber nel maxi scambio con Leclerc. E se nei fatti non parliamo di un addio quasi lo è. Il finlandese a differenza di Alonso non può rimproverarsi una serie infinita di scelte errate e lascia il cavallino a cuor leggero. D’altronde, seppur con un titolo in meno, è il pilota più amato tra gli appassionati.
Dopo aver accarezzato il sogno mondiale con la McLaren (proprio contro Alonso) ha raccolto l’eredità di Schumacher in Ferrari riuscendo a vincere alla prima occasione utile. Il cavallino non vince dal 2007 e Raikkonen è riuscito a realizzare ciò in cui i pluricampioni Alonso e Vettel hanno clamorosamente toppato. Per il primo il mancato mondiale in rosso è stato il più grande rimpianto della sua carriera, per il secondo sta diventando una vera ossessione.
Con Alonso la storia di Raikkonen si lega in maniera indissolubile o quasi. Nel 2005, come già detto, perde il confronto con l’asturiano quando era in McLaren. Poi nel 2007 gli lascia il sedile per approdare nella rossa. Nel 2012, dunque, torna in Formula 1 grazie alla Lotus, anche se parliamo di una Renault mascherata da inglese. E qui torna a far parlare di sé grazie a 3 vittorie niente male e quello storico “Just leave me alone, i know what i’m doing”. Tanto basta per permettergli di tornare in Ferrari nel 2014, senza troppe pretese visto che il ruolo di gregario gli sta bene.
Il ruolo di primo sedile viene occupato prima da Alonso (che lascerà l’anno dopo) poi da Vettel. Entrambi, durante la permanenza di Iceman, non riusciranno nel sogno del mondiale in rosso. Il finlandese, ingiustamente bistrattato negli ultimi anni, non solo è riuscito nell’impresa, ma ha visto i due fallire anno dopo anno. E non è un caso che sia proprio lui a sorridere di gusto in questa giornata di addii. Nonostante il ritiro in gara.
Francesco Mascali
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