1976 giorni dopo l’ultimo trofeo vinto, la Supercoppa italiana a Doha ai rigori contro la Juventus nel 2016, e a undici anni dall’ultimo Scudetto festeggiato sul prato dell’Olimpico di Roma, il Milan torna sul tetto d’Italia al termine di una cavalcata appassionante culminata con il tris al Sassuolo che vale il diciannovesimo Tricolore della sua storia. Un trionfo inatteso per certi versi. Ai nastri di partenza, infatti, molti addetti ai lavori davano ben poche chances di vittoria ai rossoneri, ritenuti inferiori dal punto di vista tecnico e mentale ai campioni in carica dell’Inter e a Napoli e Juventus.
Tra queste, il Milan ha l’età media più bassa tra campo e panchina e anche un monte ingaggi decisamente inferiore. Spesso e volentieri si abusa di termini quali “vittoria del gruppo” o “trionfo delle idee”: nel caso del Milan campione d’Italia 2021-2022, non è affatto un’iperbole sostenere che a condurlo sulla vetta più alta d’Italia, più che i valori tecnici complessivi, siano stati soprattutto l’oculatezza e la competenza della dirigenza, la spensieratezza e l’entusiasmo dei suoi giovani talenti, la personalità e la leadership dei veterani e l’umiltà e lo spirito di sacrificio del suo allenatore.
Stefano Pioli è senza alcun dubbio il protagonista dell’impresa, l’uomo che ha costruito con calma e intelligenza un Milan fiero, compatto, consapevole. E, soprattutto, vincente. Approdato sulla sponda rossonera del Naviglio il 9 ottobre 2019, in sostituzione dell’esonerato Marco Giampaolo (9 punti in sette partite), il tecnico parmigiano prende in mano le redini di una squadra svuotata, con molti elementi a fine corsa e ben poche idee e soldi per tornare ai fasti d’un tempo. L’avvio non è dei più semplici, con appena tre vittorie nelle prime dieci partite e un pesantissimo ko per 5-0 sul campo dell’Atalanta il 22 dicembre.
Quel giorno, nessuno poteva immaginare che il calvario rossonero stesse volgendo al termine e che fosse all’orizzonte un nuovo ciclo vincente. All’inizio del 2020, il Milan pone le basi della rinascita con gli ingaggi di Zlatan Ibrahimović e Simon Kjær, ma è alla ripresa del campionato dopo il lockdown che i rossoneri spiegano le ali, inanellando la bellezza di tredici risultati utili consecutivi e chiudendo il campionato al sesto posto. L’anno successivo, con la conferma del blocco protagonista della cavalcata della stagione precedente e gli arrivi di Brahim Díaz, Tonali, Tomori e Kalulu, il Milan disputa il miglior torneo dal 2011-2012, arrivando al secondo posto. Un piazzamento che vale il ritorno alla fase a gironi di Champions League dopo ben sette anni di assenza.
Al di là dei risultati ottenuti, ben oltre le aspettative, a impressionare è il gioco della squadra. I rossoneri remano tutti nella stessa direzione, ispirati, sia in campo che in allenamento, dalla forte personalità di Zlatan Ibrahimović. Il concetto di base è molto chiaro: nessuno è più importante del Milan. Un aspetto, questo, che condiziona anche l’operato di mercato, con Maldini e Massara che rinunciano al braccio di ferro coi procuratori dei calciatori in scadenza, lasciando partire Donnarumma e Çalhanoğlu a parametro zero (tra poco toccherà anche a Kessié e Romagnoli).
Arrivato nei panni di semplice traghettatore, Pioli impiega ben poco tempo a indossare l’abito delle grandi occasioni, diventando il vero simbolo della rinascita del Milan. Nella prima fase del suo mandato, rischia persino il posto, ma le insistenti voci che vorrebbero l’avvicendamento tra lui e il tedesco Ralf Rangnick alla guida del club non lo destabilizzano. Al contrario, Pioli continua a fare ciò che sa fare meglio, lavorando in maniera incessante per portare il Milan sempre più in alto. Il 21 luglio 2020, grazie al successo per 2-1 al Mapei Stadium di Reggio Emilia col Sassuolo, il tecnico parmigiano si guadagna ufficialmente la riconferma e il fantasma di Rangnick smette di aleggiare sulla sua panchina. Quasi due anni più tardi, lo stesso stadio è teatro del primo trofeo vinto da Pioli in carriera, uno Scudetto che rappresenta l’ideale riconoscimento per il lavoro svolto alla guida di un club che prima del suo arrivo sembrava aver smarrito la sua identità.
56 anni compiuti lo scorso 20 ottobre, Pioli ha alle spalle tante esperienze formative in quasi vent’anni di carriera tra Salernitana, Modena, Parma, Grosseto, Piacenza, Sassuolo, Chievo, Palermo, Bologna, Lazio, Inter, Fiorentina e, appunto, Milan, ma il suo unico titolo risultava il Campionato Allievi Nazionali vinto alla guida del Bologna nel 2000-2001. Per questo e per tutta un’altra serie di motivi lo Scudetto vinto col Milan ha un sapore doppiamente speciale. Proprio pochi giorni fa, Pioli aveva risposto con un convinto “no” a un giornalista che gli chiedeva se si fosse mai sentito tanto amato come al Milan.
Insomma, tra l’allenatore emiliano – come Arrigo Sacchi, Alberto Zaccheroni e Carlo Ancelotti, tre tra i tecnici più iconici della storia del club – e la squadra rossonera è nato un feeling particolare, un’empatia difficilmente ravvisabile in altri contesti. Pioli non è felice soltanto per aver trionfato per la prima volta assoluta in carriera, ma lo è anche e soprattutto per esserci riuscito con questa squadra, con un gruppo di uomini prima che giocatori con cui ha sin da subito avuto un rapporto speciale.
Per non parlare dell’amore viscerale che lo lega ai tifosi. Il coro “Pioli is on fire” è spopolato in men che non si dica, tanto da essere diventato a tutti gli effetti l’inno della cavalcata verso il diciannovesimo Scudetto. Può sembrare una banalità, ma non lo è affatto: Pioli è diventato in breve tempo un’icona amatissima di un club che ha avuto come allenatori alcuni dei migliori tecnici della storia del calcio italiano (e non solo), da Sacchi ad Ancelotti, da Capello ad Allegri, da Rocco a Zaccheroni. Numerose le tappe principali della stagione che Pioli, da buon amante del ciclismo, ha percorso con grande tenacia e determinazione per trasformare il sogno del Milan in realtà.
La prima è inevitabilmente la vittoria per 3-2 sul campo dell’Atalanta. Una trasferta che fa riaffiorare ricordi positivi e negativi nella mente di Pioli. A Bergamo, infatti, il tecnico rossonero ha dapprima toccato il fondo in occasione del già menzionato 5-0 incassato il 22 dicembre 2019, per poi rifarsi con gli interessi con un successo per 2-0 il 23 maggio 2021. Tre punti grazie ai quali il Milan torna in Champions League dopo sette anni. Ma è la vittoria di quest’anno a far superare definitivamente l’esame Atalanta ai rossoneri.
Pioli incarta Gasperini con le sue stesse armi, creando spazi invitanti per i suoi terzini, Calabria da una parte (suo il gol del vantaggio dopo appena 28 secondi) e Theo Hernández dall’altra, e mandando in campo una squadra aggressiva e pronta ad approfittare del minimo errore degli avversari. Il risultato sta anche un po’ stretto al Milan, capace di dominare in lungo e in largo la contesa e di tenere a bada le sortite offensive dei padroni di casa.
Poche settimane più tardi, il 31 ottobre, Pioli si ripete con la Roma di José Mourinho all’Olimpico. Anche in questo caso, il punteggio finale (2-1 per il Milan) lascia supporre che i rossoneri abbiano dovuto sudare le proverbiali sette camicie per portare a casa i tre punti. In realtà, gli ospiti archiviano la pratica tra metà primo tempo e inizio ripresa con una punizione di Ibrahimović e un rigore di Kessié, subendo soltanto nel finale la rete dell’ex El Shaarawy. Pioli beffa Mou: un copione che si ripeterà anche al ritorno a San Siro, il 6 gennaio.
Negli scontri diretti, il suo Milan ha dimostrato di avere una maturità inusuale per una squadra così giovane e inesperta. Il bilancio parla chiaro: con le prime sei squadre in classifica, i rossoneri hanno ottenuto ben sei vittorie, tre pareggi e un’unica sconfitta, contro il Napoli di Spalletti all’andata al Meazza. Proprio contro gli azzurri, però, è arrivata anche una delle vittorie più pesanti nella corsa Scudetto, lo scorso 6 marzo.
A sorprendere è la svolta tattica di Pioli, che non aveva mai battuto Spalletti in carriera e lo fa nella maniera più originale possibile, schierando i suoi con un inedito 4-1-4-1 con Tonali davanti alla difesa, Kessié e Bennacer più avanzati e Messias e Leão ai loro lati. Una mossa che manda in confusione gli azzurri, puniti da un gol del solito Giroud, sempre decisivo nei momenti più importanti.
Il centravanti francese, infatti, aveva già messo prepotentemente la firma sul successo simbolo dello Scudetto rossonero, quello nel derby vinto 2-1 in rimonta il 5 febbraio. Fino al 75’, il Milan era sotto 1-0 e virtualmente a -7 dai campioni in carica. Questi ultimi danno l’impressione di essere pienamente in controllo per tre quarti di gara, ma nel giro di tre minuti, tra il 75’ e il 78’, Giroud confeziona la doppietta che cambia il senso della stagione per entrambe.
Da quel momento, infatti, il Milan spiccherà il volo, collezionando undici vittorie e quattro pareggi nelle successive quindici giornate, mentre l’Inter verrà inghiottita da una crisi di gioco e risultati per ben due mesi (una vittoria, quattro pareggi e una sconfitta dal 12 febbraio al 3 aprile). Una rimonta, quella rossonera, propiziata anche e soprattutto dalle scelte tattiche di Pioli, che con l’ingresso di Brahim Díaz nella ripresa cambia il volto del derby e riporta i suoi in piena corsa per il titolo.
Ci sarebbero tante altre imprese e mosse da stratega di Pioli da analizzare e celebrare, tra cui la valorizzazione di giocatori che sembravano troppo anarchici tecnicamente e tatticamente per fare al caso del Milan (Saelemaekers, Messias e Rebić tra questi) o di giovani talenti da far sbocciare (Leão, Tomori, Kalulu) e l’impiego di Kessié e Tonali come trequartisti incursori, con doppiette per entrambi nell’inedito ruolo, rispettivamente contro Empoli e Verona in trasferta.
Il Milan chiude il campionato 2021-2022 con 86 punti. Soltanto nel 2005-2006 ne aveva ottenuti di più nella sua storia (88, che divennero però 58 dopo la sentenza di Calciopoli). Ben 18 le reti inviolate, 31 i gol subiti (miglior difesa del torneo a pari merito col Napoli). Nell’era dei tre punti a vittoria (dal 1994-1995 ad oggi), inoltre, Pioli risulta l’allenatore con la media punti più alta sulla panchina del Milan (2.07 in 107 partite dal 2019), davanti a Carlo Ancelotti (1.97 in 283 partite dal 2001 al 2009) e a Massimiliano Allegri (1.92 in 133 gare dal 2010 al 2014).
E se fino a poco tempo fa in molti gli imputavano di non essere un vincente rispetto agli allenatori che hanno lasciato il segno al Milan, ora c’è anche il suo volto sul Monte Rushmore rossonero. La passione per il ciclismo gli ha insegnato che non esistono ostacoli insormontabili e che ogni sforzo viene sempre ricompensato. Tagliato il traguardo, però, è già tempo di pensare alla prossima, appassionante corsa. Pioli is on fire e non vuole porsi più limiti.
Dennis Izzo
Fonte foto in evidenza:
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
“Se c’è un libro che vuoi leggere, ma non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo.”