La presentazione del libro Il pallone lo porto io, è stata l’occasione per Luciano Moggi di trattare i temi caldi del calcio italiano e raccontare qualche interessante aneddoto legato alla sua esperienza come direttore generale della Juventus dal 1994 al 2006.
«Il calcio in Italia non è più quello di prima. Tutti dicono che è cambiato, ma sono modi di dire. Una squadra di club con undici stranieri in campo affossa la Nazionale. In questo modo non si va avanti».
Moggi elogia il nuovo corso azzurro targato Antonio Conte («Sta facendo quello che è nel suo DNA. E’ sempre stato un uomo di grande temperamento. Ha impresso grande spirito agonistico») e Zlatan Ibrahimovic («Ha dimostrato di essere un grande giocatore, avevamo instaurato un bel rapporto»). Si prende parte dei meriti del trionfo dell’Italia ai Mondiali tedeschi: «La Juventus del 2006 andò a costruire il gruppo che vinse quei campionati del Mondo. Nella finale di Berlino c’erano in campo nove giocatori bianconeri tra italiani e francesi».
Riguardo al miglior presidente con cui ha lavorato Moggi ha risposto: «E’ stato Corrado Ferlaino. Dopo qualche scontro iniziale è stato il presidente ideale. A Napoli vinsi una sfida personale con me stesso». Sul miglior colpo di calciomercato invece: «Aver preso Zola ai tempi del Napoli. Zidane? Lo vidi in due partite di Coppa dei Campioni tra Milan e Bordeuax, i rossoneri gli preferirono Dugarry (ride, ndr)».
Per Luciano Moggi la ricetta per ripartire sembra essere lo scouting dei giovani talenti: «Io sono stato fortunato perché ho fatto la gavetta facendo l’osservatore per 15 anni. Ho scoperto Tardelli e Paolo Rossi. Credo di avere accumulato nel tempo l’esperienza necessaria per giudicare le qualità di un giocatore».
Gabriele Mirabella
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