È la sera del 20 ottobre 2010. Chi vi scrive si trova in un locale del lungomare di Acicastello, una frazione di Catania. Cena a base di pesce da leccarsi i baffi, con una vista speciale: il mar Ionio e, in lontananza, i meravigliosi faraglioni di origine vulcanica di Aci Trezza, il piccolo borgo marinaro immortalato ne I Malavoglia di Giovanni Verga e legati alla leggenda del Ciclope Polifemo.
È il momento di pagare il conto. Di fronte al sottoscritto, in fila per la cassa, un ragazzetto che non supera i 165 centimetri di altezza e che disquisisce in spagnolo con un amico. L’accento è argentino o uruguaiano, non ci sono dubbi, e lo confermano alcuni passi della conversazione (il pronome yo, io, pronunciato sho, e la frase vos sos che sostuisce l’iberico tú eres, tu sei).
“Che non sia uno degli argentini del Catania?”, la domanda spontanea. Si gira, è Alejandro Gómez, esterno destro dei rossazzurri, arrivato a luglio dal San Lorenzo e andato in gol per la prima volta ventiquattro ore prima nella gara interna pareggiata contro il Napoli: dopo il vantaggio di Edinson Cavani, i siciliani erano riusciti ad acciuffare il meritato pareggio con una rete in scivolata del Papu, accorso su un cross di Adrián Ricchiuti, sfiorato dalla testa di Maxi López. Un gol dal sapore liberatorio per il numero 17, schierato con costanza dal tecnico Marco Giampaolo, ma in una posizione in cui faticava a rendere. Relegato, sulla parte bassa della fascia destra, quasi a fare il terzino.
Tra il sottoscritto e il Papu, nasce un breve dialogo in spagnolo: “Papu, complimenti per il gol di ieri. Sono un giornalista, ci siamo incrociati qualche volta in mixed zone, ma ieri non ho avuto modo di congratularmi”. – “Grazie, piacere di conoscerti. Lui è mio fratello” – la sua risposta -. “Piacere mio, vi auguro una buona serata”.
Per la prima volta in carriera, #PapuGomez in doppia cifra. Ma la sua classe non la scopriamo oggi… #SerieA #Papu #Atalanta pic.twitter.com/hPyfoYATjb
— Andrea Motta (@neoandrea) 19 marzo 2017
Proprio quel fratello che sarebbe scomparso alla vigilia di Inter-Catania del 4 marzo 2012. Un match aperto da un gol del Papu, con dedica speciale e mani rivolte al cielo. Una rete pregevole, che riassume le caratteristiche principali del folletto argentino: lancio con il contagiri di Pablo Barrientos, stop perfetto di Gómez, finta ubriacante ai danni di Yuto Nagatomo e fendente imprendibile alle spalle di Julio César. Potenza, velocità e cambi di passo, le stesse qualità che quest’anno l’hanno fatto diventare protagonista nell’Atalanta di Gian Piero Gasperini, con cui, per la prima volta in carriera, è riuscito ad arrivare in doppia cifra.
Ma andiamo con ordine e torniamo al 2010-2011: dopo l’addio di Giampaolo, all’ombra dell’Etna approda Diego Pablo Simeone, già allenatore di Alejandro al San Lorenzo. Il Cholo rimane a Catania solo quattro mesi, ma è fondamentale alla maturazione di Gómez in Serie A. La prima mossa dell’ex centrocampista di Inter e Lazio è passare dal 4-1-4-1 al 4-3-3, utilizzando, a sostegno di López, Gómez e il nuovo arrivo Gonzalo Bergessio. Il Papu, sulla fascia, si diverte. Per lui è naturale spingere e sostenere l’attacco, senza compiti di ripiegamento. Una crescita, la sua, che prosegue l’anno dopo con Vincenzo Montella in panchina e frutto di un’intesa straordinaria con Bergessio, utilizzato nel ruolo più consono di punta di riferimento, e il Pitu Barrientos. In particolare, lo scambio di compiti con quest’ultimo, fa letteralmente impazzire le difese avversarie, private di punti di orientamento.
Ma l’esplosione arriva nel 2012-2013 quando, con Rolando Maran in panchina, si candida come uno degli esterni d’attacco più pericolosi del nostro campionato. La Serie A, però, non gli riserva la giusta considerazione, così, al termine dell’annata, il Papu passa al Metalist con in tasca un contratto impareggiabile e il sogno di giocare la Champions League. Torneo dal quale gli ucraini sono subito esclusi dall’UEFA, per via di una combine relativa a un match del campionato 2008. Complice anche la situazione politica delicata del Paese, Gómez torna in Italia, all’Atalanta, nel 2014.
L’esordio non è facilissimo – il primo gol arriva dopo quattro mesi -, ma piano piano torna ai livelli di Catania. Fino alla stagione 2016-2017, quella del salto di qualità, targato Gasp: il tecnico di Grugliasco dà sicurezza al gioco dei nerazzurri, esalta i giovani e ha rivitalizzato chi annaspava. Gómez, che indossa stabilmente la fascia dopo il ritiro di Gianpaolo Bellini, è uno di questi. Il dato statistico dice che quando segna Gómez, l’Atalanta porta a casa i tre punti: undici gol, record personale, a segno in otto gare, tutte vinte – quelle contro Crotone (1-3, un gol), Genoa (3-0, un gol), Sassuolo (0-3, un gol), Chievo (1-4, la prima doppietta), Sampdoria (1-0, su rigore), Cagliari (2-0, la seconda doppietta), Palermo (1-3, un gol) e Pescara (3-0, la terza doppietta). L’obiettivo doppia cifra è stato superato con la lode. Adesso, la meta è portare la Dea in Europa. E, a 29 anni, nel pieno della maturità, il Papu sembra pronto a regalare questo traguardo a Bergamo e alla sua gente.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.