È giunto finalmente il momento di soffermarci sulle cinque sfide più interessanti della settimana di NBA: la pallacanestro made in USA sta riservando sempre più spettacolo ed emozioni, per cui risulta davvero difficile individuare le gare più belle e imperdibili. Ogni partita, infatti, vale una notte insonne, il divertimento è sempre assicurato, al di là delle squadre che si affrontano. Diamo un’occhiata alle cinque sfide da non perdere tra le venticinque partite in programma da stanotte alla notte tra venerdì e sabato.
PACERS-THUNDER – Il via è fissato per stanotte, in cui avrete la possibilità di gustarvi la sfida tra Indiana Pacers e Oklahoma City Thunder, due squadre che sono finite spesso e volentieri sotto i riflettori per motivi diversi in questa prima parte di regular season. I padroni di casa sembravano destinati a faticare parecchio senza il loro uomo franchigia e principale punto di riferimento Paul George, che l’estate scorsa ha salutato Indianapolis dopo sette anni per trasferirsi proprio ad Oklahoma. In cambio, la squadra di coach Nate McMillan ha ricevuto due talenti del calibro di Victor Oladipo e Domantas Sabonis. Nessuno si sarebbe aspettato che questi ultimi due, soprattutto il primo, avrebbero avuto un adattamento così rapido e funzionale al nuovo contesto. La guardia di origine nigeriana, in particolare, si è sin da subito distinto per la capacità con cui è riuscito a trascinare la squadra a risultati impensabili, tra cui le vittorie con Minnesota Timberwolves, San Antonio Spurs (propiziata da una sua tripla allo scadere) e Cleveland Cavaliers (ben due volte), diventando in poco tempo il leader della squadra e uno dei principali candidati alla vittoria del Most Improved Player, premio che la NBA assegna annualmente al giocatore che più si è migliorato rispetto alla stagione precedente. Se i Pacers sono in piena corsa per i playoff (quinto posto con record di 16-11) lo devono soprattutto al loro nuovo innesto, inizialmente considerato non all’altezza per ricoprire un ruolo di primo piano nella squadra della contea di Marion e poi divenuto a dir poco imprescindibile per gli uomini di McMillan. Con una media di 24,5 punti, 5,3 rimbalzi e 4 assist a partita, l’ex OKC sta migliorando gran parte delle sue statistiche raggiunte in carriera ed ha già dimostrato di essere pienamente in grado di non far rimpiangere Paul George. Nella vittoria di pochi giorni fa contro i Denver Nuggets, inoltre, il classe ’92 ha centrato il suo career high di punti (47), mettendo a referto anche 7 rimbalzi e 6 assist e consegnando di fatto la vittoria finale ai suoi: la trasformazione di Oladipo da semplice figura di contorno ad All-Star è una delle tante note liete di una stagione fin qui a dir poco positiva in quel di Indiana.
Mentre in casa Pacers Paul George sembra rappresentare ormai soltanto un dolce ricordo appartenente al passato, ad Oklahoma è ancora un lontano parente del giocatore ammirato negli ultimi anni ad Indianapolis, in quanto continua ad alternare prestazioni convincenti a prove decisamente sottotono, al pari dell’altro innesto di rilievo di OKC, Carmelo Anthony. L’unica garanzia della squadra guidata da Billy Donovan è Russell Westbrook, che a suon di triple doppie (già otto quest’anno, record in regular season fin qui) e prestazioni sontuose tiene in piedi la baracca, insieme a un Steven Adams che si sta esprimendo ad ottimi livelli su entrambi i lati del campo: con 13,7 punti e 8,5 rimbalzi per partita, il centro neozelandese è decisamente uno dei migliori dei Thunder in una prima parte di stagione a dir poco complicata per i suoi. OKC ha vissuto un inizio molto deludente (otto vittorie e dodici sconfitte tra ottobre e novembre), ma sembra essersi messa alle spalle, o quasi, un novembre da dimenticare (quattro vittorie e nove sconfitte). Nelle sei sfide disputate a dicembre, infatti, i Thunder hanno raccolto quattro vittorie e due sconfitte, battendo avversari illustri come i San Antonio Spurs e la bestia nera Minnesota Timberwolves, ma al contempo steccando contro squadre più che abbordabili (Brooklyn Nets e Charlotte Hornets). I Big Three insieme continuano a destare più di qualche perplessità, in quanto l’alchimia tra i fuoriclasse Westbrook, George e Anthony non sembra ancora essersi concretizzata del tutto. Al contempo, la second unit di OKC non dà particolari garanzie e spesso e volentieri non bastano nemmeno le autorevoli prove da MVP di Westbrook per portare a casa la vittoria. Le prossime sfide, a partire dal confronto con gli Indiana Pacers, chiariranno meglio alcuni enigmi che riguardano la stabilità di Oklahoma, non soltanto dal punto di vista tattico.
CAVALIERS-LAKERS – Nella notte tra giovedì e venerdì, invece, è in programma un altro duello da leccarsi i baffi, quello tra Cleveland Cavaliers e Los Angeles Lakers. Si tratta di due squadre sostanzialmente diverse tra loro: se i primi hanno già da tempo trovato i loro equilibri e possono contare su un roster attrezzato per raggiungere tranquillamente le Finals e (perché no?) portare a casa il secondo anello della loro storia, i secondi sono ancora ben lontani dal ritornare ai fasti di un tempo ed hanno ancora tanti ostacoli da superare prima di poter tornare a dire la loro in ottica playoff. A inizio stagione in molti avevano parlato di una vera e propria crisi in casa Cavs, ma questi ultimi sono stati bravissimi a dimostrare esattamente il contrario nel giro di poco tempo. La franchigia dell’Ohio è in salute e lo è nonostante le assenze pesanti dei vari Thomas, Rose, Thompson. Lo è, soprattutto, perché può godersi una delle migliori versioni di LeBron James di sempre: The King sta dimostrando per l’ennesima volta tutto il suo enorme potenziale, non soltanto per ciò che riesce a fare sul parquet, ma per l’enorme impatto che la sua presenza ha sulla squadra e sull’ambiente. A suon di prestazioni da dieci e lode, LBJ è in piena corsa per l’MVP e fin qui soltanto James Harden gli sta tenendo concretamente testa. The Chosen One non ha nascosto le difficoltà iniziali dei suoi, ha lavorato duramente insieme ai suoi compagni per invertire la rotta ed ha risposto alle critiche sul campo. Tra le sue prove maggiormente degne di nota, si segnalano i 57 punti, con tanto di 11 rimbalzi e 7 assist, messi a referto nel successo con i Washington Wizards, quindi le tre triple doppie fatte registrare fino a questo momento e i numerosi canestri realizzati nei momenti decisivi delle sfide vinte contro gli Charlotte Hornets, i Memphis Grizzlies, i Sacramento Kings, i Philadelphia Sixers e gli Atlanta Hakws. È soprattutto grazie a lui se Cleveland è rinata dalle proprie ceneri, è seconda ad Est con appena due sconfitte in più rispetto ai Boston Celtics primi ed ha vinto quindici volte nelle ultime sedici partite.
Per i Los Angeles Lakers, dunque, quella alla Quicken Loans Arena appare una trasferta a dir poco proibitiva. I californiani, però, hanno già dimostrato di essere in grado di poter far male a chiunque e, pur non avendo ancora trovato né gli equilibri né i meccanismi giusti, è una squadra molto ostica, che sa farsi rispettare anche da avversarie ben più quotate. Lo ha dimostrato al cospetto dei Golden State Warriors, arrendendosi nel derby casalingo con i campioni in carica soltanto all’overtime e nelle belle vittorie con Washington Wizards all’overtime, Denver Nuggets e Detroit Pistons. Tra i migliori in casa Lakers è impossibile non citare Kyle Kuzma, che continua a viaggiare a medie strepitose per un rookie e a fornire prestazioni molto positive. Oltre a lui, però, alla corte di Luke Walton sta mostrando progressi importanti anche l’altra matricola, Lonzo Ball, seconda scelta assoluta dello scorso Draft: l’ex UCLA ha offerto una buona prova al Madison Square Garden nella recente sconfitta con i New York Knicks sotto gli occhi dell’eccentrico papà LaVar, mettendo a referto 17 punti (di cui 10 nel terzo quarto), 8 rimbalzi e 6 assist e rialzando la testa dopo alcune prestazioni deludenti. Anche Brandon Ingram deve ancora trovare la continuità necessaria per esplodere (soli 5 punti per lui in quel di New York), mentre Kentavious Caldwell-Pope continua a dare garanzie importanti (24 punti per lui). Il ko all’overtime con i Knicks non può essere visto di certo come un risultato positivo, ma al contempo mette ben in evidenza il fatto che in quel di Los Angeles, sponda gialloviola per la precisione, il materiale per costruire ci sia eccome.
WIZARDS-CLIPPERS – Il cerchio si chiude nella notte tra venerdì e sabato, che offre ben tre sfide tra cui scegliere. Si comincia con il duello tra due squadre che devono ancora trovare la loro dimensione ideale, ossia i Washington Wizards e i Los Angeles Clippers. I padroni di casa hanno raccolto due sconfitte nelle ultime due sfide disputate, una delle quali proprio contro i Clippers, perdendo di misura allo Staples Center (113-112). La franchigia della capitale ha senz’altro dimostrato di avere tutte le carte in regola per qualificarsi tranquillamente ai playoff e dispone di un roster in cui la qualità dei singoli si sposa perfettamente con la solidità del collettivo. L’assenza di John Wall, però, si sta facendo inevitabilmente sentire: privi della point guard di Raleigh, che ha giocato soltanto sedici delle ventisette partite fin qui giocate dai suoi, i Wizards hanno faticato più del dovuto in numerose situazioni, venendo spesso e volentieri salvati dal solito Bradley Beal, che fin qui ha messo a segno 24 punti a partita ed ha dimostrato di essere più che in grado di caricarsi la squadra sulle spalle insieme ad Otto Porter. In attesa del rientro di John Wall, Washington può stare tranquilla, anche se ovviamente con il ritorno del suo numero 2 potrà affrontare il resto della stagione con maggiore fiducia.
I Los Angeles Clippers, dal canto loro, hanno portato a casa due vittorie nelle ultime due partite, di cui una proprio contro i Washington Wizards (113-112), grazie alla tripla decisiva allo scadere siglata da Lou Williams. Una boccata d’ossigeno per i californiani, che nelle settimane recenti hanno ottenuto più bocconi amari da digerire che soddisfazioni, raccogliendo nove sconfitte consecutive a novembre (dieci in totale su quattordici partite) ed entrando in un vortice di malumore e risultati negativi, anche e soprattutto a causa di un roster decimato dai tanti infortuni (Gallinari, Beverley, Teodosić). Con il rientro dell’italiano ex Denver Nuggets – autore di ben 25 punti nella vittoria contro i Washington Wizards – e del playmaker serbo, i Clippers sembrano aver trovato maggiore stabilità. La squadra di Doc Rivers può dire la sua in zona playoff, ha le qualità per farlo, ma al contempo necessità di sfruttare meglio le sue tante armi a disposizioni, tra cui in particolar modo i punti di riferimento DeAndre Jordan e Blake Griffin e l’infallibile tiratore Lou Williams, e trovare il modo di dare un’identità al proprio gioco anche quando alcuni titolari non sono a disposizione.
SIXERS-THUNDER – Altro confronto a dir poco interessante è quello tra Philadelphia Sixers e Oklahoma City Thunder. Dei secondi abbiamo già analizzato nel dettaglio la situazione in riferimento all’imminente sfida con gli Indiana Pacers. Per ciò che concerne la squadra guidata da Brett Brown, invece, si tratta di un organico senza dubbio talentuoso e pienamente in grado di centrare il ritorno ai playoff, che mancano addirittura dal 2011-2012. Per riuscire nell’intento, però, la disarmante personalità e il notevole bagaglio tecnico dei vari Joel Embiid e Ben Simmons, principali protagonisti di questa prima parte di stagione per i Sixers, potrebbero non bastare. I due, come abbiamo già avuto modo di osservare nelle recenti settimane, stanno offrendo prestazioni encomiabili dal punto di vista della continuità di rendimento e dell’efficacia, ma al contempo hanno ancora bisogno di crescere e fare esperienza. Se il centro camerunese preoccupa maggiormente per la sua integrità fisica, il tuttofare di origine australiana, dal canto suo, sta sì impressionando molto, ma necessita di compiere il definitivo salto di qualità per imporsi definitivamente tra i migliori. Per farlo ci sarà tempo per entrambi, anche perché tutti e due stanno avendo modo di dimostrare appieno le proprie capacità soltanto quest’anno. Con un record di quattordici vittorie e tredici sconfitte, Philadelphia è attualmente settima ad Est ed ha vinto contro avversari blasonati (Houston Rockets e Minnesota Timberwolves, per esempio), fallendo però alcuni appuntamenti più che alla sua portata (tra cui le sfide con Sacramento Kings e Phoenix Suns). Anche sotto quest’aspetto, i Sixers abbiano ancora ampi margini di miglioramento.
ROCKETS-SPURS – L’ultima sfida delle cinque imperdibili è probabilmente quella più intrigante e che promette maggiore spettacolo: al Toyota Center, infatti, gli Houston Rockets ospitano i San Antonio Spurs. Trattasi di due delle squadre più in forma della lega, che daranno sicuramente vita ad un derby texano combattuto quanto emozionante. I padroni di casa sono ormai primi ad Ovest da varie settimane e sono reduci da una striscia di dieci vittorie consecutive. Con il rientro di Chris Paul, la squadra guidata da Mike D’Antoni ha compiuto sempre più progressi, ottenendo numerosi consensi e rivelandosi in grado di fare ancora meglio rispetto alla passata stagione, conclusa con il terzo posto con 55 vittorie e 27 sconfitte nella regular season e l’eliminazione alle semifinali di Conference proprio per mano dei San Antonio Spurs (4-2). James Harden sta vivendo un’annata eccezionale: il Barba formato MVP, infatti, ha fatto registrare fin qui medie pazzesche (32 punti, 9,5 assist e 5,1 rimbalzi a partita) e appare un giocatore molto più maturo e consapevole dei propri mezzi, rivelandosi spesso decisivo nei momenti clutch delle partite. Assieme a CP3, The Beard compone uno dei migliori backcourt della lega, se non il migliore, come dimostrano gli inconfutabili numeri fatti registrare sin qui dai due. Entrambi hanno recitato un ruolo di primo piano anche nel recente successo con i New Orleans Pelicans, combinando 46 punti, 23 assist e 10 rimbalzi (26 punti, 17 assist e un rimbalzo Harden, 20 punti, 6 assist e 9 rimbalzi Paul). La crescita esponenziale compiuta dai Rockets in questa prima parte di stagione rappresenta un grattacapo non da poco per le altre contender ad Ovest, tra cui proprio i San Antonio Spurs, tra le principali candidate insieme ai campioni in carica dei Golden State Warriors – a spodestare i rivali dal gradino più alto del podio.
Gli speroni, infatti, hanno dimostrato per l’ennesima volta di essere un’armata imprevedibile quanto solida, riuscendo a sopperire alla grande all’assenza di due giocatori fondamentali quali Kawhi Leonard e Tony Parker. Popovich non si è perso d’animo e si è rivelato ancora una volta un vero e proprio stratega, un coach con la C maiuscola, riuscendo a dare un’identità ben definita ai suoi e facendo fronte agli infortuni di due tasselli imprescindibili con espedienti tattici che hanno portato i risultati sperati. Tra le scelte azzeccate da Pop, spicca quella di aver caricato di ulteriori responsabilità LaMarcus Aldridge, cucendogli addosso i panni del trascinatore in assenza di Leonard e Parker: l’ex Portland, per cui lo stesso Popovich ruppe il proprio fioretto di non puntare sui free agent, ha ripagato alla grande la fiducia riposta in lui, totalizzando statistiche impressionanti (22,7 punti e 8,3 rimbalzi a partita) e facendosi apprezzare per il suo enorme spirito di sacrificio. Oltre a lui, l’usato sicuro dei San Antonio Spurs continua a fare la differenza, tra cui in particolar modo Pau Gasol e Manu Ginobili, autore di due triple pazzesche nella recente vittoria interna con i Boston Celtics (105-102), tra cui quella decisiva per la vittoria. Con i rientri a pieno regime di Tony Parker e Kawhi Leonard (tornato in campo nel ko nel derby texano con i Dallas Mavericks, in cui ha messo a referto 13 punti, 6 rimbalzi e un assist in appena 16′), inoltre, la franchigia neroargento può fare ancora meglio: i Rockets sono avvisati.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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