Pochi giorni fa, la stagione degli Oklahoma City Thunder si è conclusa nel peggiore dei modi, con un’eliminazione al fotofinish in gara-7 al primo turno contro gli Houston Rockets (104-102 il punteggio finale). Un ko che costringe OKC a fare le valigie e lasciare la bolla di Orlando, ma che di certo non può cancellare quanto di buono hanno fatto vedere quest’anno i ragazzi di coach Billy Donovan.
Tra i protagonisti della cavalcata dei Thunder, insieme ai vari Chris Paul, Danilo Gallinari, Shai Gilgeous-Alexander, Dennis Schröder e Steven Adams, c’è un giocatore che fino a pochi mesi fa sembrava destinato a poter ricoprire un ruolo di primo piano soltanto in G-League e che oggi è invece una delle principali certezze del presente e del futuro targato OKC: si tratta di Luguentz Dort, rookie canadese classe ‘99 su cui nessuno aveva deciso di puntare al Draft della scorsa estate.
Il nativo di Montreal nella scorsa stagione ha fatto registrare medie di 16.1 punti, 4.3 rimbalzi, 2.3 assist e 1.5 palle recuperate in 34 apparizioni con la maglia di Arizona State al college, venendo votato Freshman of the Year della Pac-12. Non abbastanza per rientrare tra i 60 giocatori scelti al Draft NBA tenutosi il 20 giugno 2019 al Barclays Center di Brooklyn, ma sufficienti per farlo finire nel mirino del general manager Sam Presti, uno che spesso e volentieri ha scoperto talenti che hanno lasciato il segno in NBA.
L’attuale gm dei Thunder, infatti, negli anni si è dimostrato un maestro al Draft, puntando su nomi del calibro di Kevin Durant (seconda scelta nel 2007), Russell Westbrook (quarta scelta nel 2008), James Harden (terza scelta nel 2009) e Steven Adams (dodicesima scelta nel 2013). Inizialmente aggregato agli Oklahoma City Blue, squadra di G-League affiliata ai Thunder (19.5 punti, 5.1 rimbalzi, 2.7 assist e 1.1 recuperi col 44% al tiro e il 33% da dietro l’arco in 13 presenze), Dort è stato poi inserito nel roster della prima squadra con un two-way contract, ossia un contratto che consente a ogni franchigia di inserire nel proprio roster altri due giocatori, oltre ai 15 già presenti, per non più di 45 giorni.
Dopo un avvio in tono minore, Dort ha iniziato a esprimere il meglio del proprio repertorio nel mese di gennaio, mettendo a referto 23 punti (career-high in regular season), 2 rimbalzi e una stoppata col 67% dal campo (8/12) e l’83% da tre (5/6) nel successo per 120-100 coi Sacramento Kings il 30 gennaio, per poi esprimersi su ottimi livelli anche alla ripresa della stagione dopo la sospensione causata dalla pandemia di coronavirus, con tre gare consecutive in doppia cifra (10 punti contro i Nuggets, 14 coi Lakers e 16 coi Grizzlies).
Il vero capolavoro, però, Dort l’ha compiuto ai playoff, dove nonostante la giovane età è emerso come uno dei giocatori più importanti degli ambiziosi e intriganti Oklahoma City Thunder, in particolare nella metà campo difensiva. Al classe ‘99, infatti, è stato assegnato il compito che nessun giocatore vorrebbe mai avere: marcare James Harden, miglior scorer della lega da tre anni a questa parte.
Lu Dort joined elite company after Game 7. pic.twitter.com/6VKR1pSF0v
— Bleacher Report (@BleacherReport) September 3, 2020
Nelle prime tre partite della serie tra Thunder e Rockets nella bolla di Orlando, Harden ha segnato ben 96 punti (media di 32 punti per gara), ma appena 15 di questi, con basse percentuali (21% con 4/19 al tiro), quando a marcarlo era Dort (la percentuale del Barba sale in maniera esponenziale contro gli altri difensori, passando al 57% con 24/42 dal campo). A soli 21 anni, il rookie canadese ha limitato con personalità e carisma uno dei migliori attaccanti della storia del gioco, riuscendo laddove hanno spesso e volentieri fallito tanti altri difensori, ben più affermati e esperti del numero 5 di OKC.
Anche e soprattutto grazie alle sue prestazioni, i Thunder hanno tenuto testa ai Rockets, riuscendo contro ogni pronostico ad arrivare a gara-7: proprio in quest’occasione, Dort si è reso autore di una prova destinata a rimanere nella storia, siglando ben 30 punti (massimo in carriera) conditi da 4 rimbalzi, un assist e una stoppata col 48% dal campo (10/21) e il 50% dalla lunga distanza (6/12). Prima di lui, soltanto Kobe Bryant (25 punti contro i Portland Trail Blazers in Finale di Conference nel 2000) e LeBron James (27 punti contro i Detroit Pistons nelle semifinali di Conference del 2006) erano riusciti a segnare almeno 25 punti in una gara-7 all’età di 21 anni.
Inoltre, la prestazione del giovane talento dei Thunder assume ancor più valore poiché Dort è tutto meno che uno specialista offensivo. A pochi istanti dalla fine della partita, il canadese ha avuto la possibilità di far passare i suoi con una tripla che avrebbe potuto portarli sul +2 (105-103) a gara praticamente finita. A negargli l’ennesima gioia della serata, però, ci ha pensato proprio James Harden, con una stoppata che ha permesso agli Houston Rockets di far loro gara-7.
L’espressione di Dort dopo l’errore è quella di chi non si accontenta, di chi avrebbe voluto fare di più. Un 21enne che si rende autore di una prestazione di altissimo livello in una gara-7 potrebbe anche uscire dal campo sereno e soddisfatto, consapevole che in futuro avrà tante altre occasioni, ma lui no, perché è molto competitivo e lo ha dimostrato con la grinta e l’energia messe in campo per tutta la durata della serie.
Da oggetto misterioso a pedina fondamentale attorno cui programmare presente e futuro, Lu Dort rappresenta l’ennesimo motivo in più per cui OKC può guardare ai prossimi anni con ottimismo e fiducia: insieme a Dort, i giovani e talentuosi pilastri della squadra saranno Shai Gilgeous-Alexander e Darius Bazley, con ben quindici scelte al primo giro del Draft nei prossimi sette anni per rinforzare ulteriormente l’organico. Future is bright in OKC!
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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