Il suo esonero era nell’aria da tempo ormai, ma le tempistiche della società hanno spiazzato un po’ tutti: Carlo Ancelotti non è più l’allenatore del Napoli e questa è ormai cosa nota. La notizia, del resto, ha fatto il giro del mondo in pochi attimi, com’è normale che sia, trattandosi di uno dei tecnici più vincenti e stimati del panorama calcistico internazionale. Uno che ha vinto praticamente ovunque (20 trofei tra Juventus, Milan, Chelsea, Paris Saint-Germain, Real Madrid e Bayern Monaco), messo alla porta come fosse uno dei tanti, l’unico colpevole di una situazione causata da tanti fattori.
Nel calcio, metafora di vita, spesso e volentieri in pochi tendono ad assumersi le proprie responsabilità e scaricare la colpa su pochi è una tendenza all’ordine del giorno: talvolta, infatti, punendo tutti i responsabili porterebbe a un punto di non ritorno e trovare un capro espiatorio fa comodo alla maggioranza. Succede ovunque, certo. Il calcio non è il solo ambito in cui le cose vanno così: tra i tanti esempi possibili in tal senso, spicca senza dubbio la politica (non è raro vedere un leader politico pagare per tutti rassegnando le proprie dimissioni o venendo sfiduciato, in Italia e altrove).
Se le cose vanno bene, tutti remano nella stessa direzione ed è quasi impossibile che qualcuno decida, dal nulla, di sconvolgere la quiete. Quando invece le cose vanno male, da un momento all’altro ti ritrovi a far fronte a critiche e illazioni di tutti i tipi e se non hai l’appoggio della società e dei tuoi giocatori fai fatica a uscirne. Gli ultimi mesi di Ancelotti al Napoli sono stati tutt’altro che semplici, quasi in continuità con la seconda parte della scorsa stagione, il suo primo anno all’ombra del Vesuvio.
In molti, infatti, non hanno apprezzato le sue scelte tecnico-tattiche, criticando a più riprese il gioco e i risultati. Dopo aver sfiorato l’approdo agli ottavi di Champions League, concludendo il girone coi futuri campioni del Liverpool da imbattuto, Ancelotti ha trascinato gli azzurri al secondo posto in campionato, pur senza riuscire a ingaggiare un vero e proprio duello con la Juventus (distacco di undici punti, 90 per i bianconeri campioni e 79 per i partenopei).
Quest’anno ci si attendevano rinforzi concreti sul mercato, anche perché scegliendo Ancelotti come nuovo allenatore in luogo di Sarri nell’estate 2018, De Laurentiis aveva inevitabilmente mandato un messaggio chiaro alla città e ai tifosi, ormai stanchi di accontentarsi del secondo posto in campionato e poco, pochissimo altro. Il patron azzurro, però, non ha operato in questo senso sul mercato, acquistando giocatori sicuramente validi (Di Lorenzo, Manolas e Lozano, quest’ultimo il più costoso della storia del club, pagato ben 42 milioni di euro) ed esperti (Llorente), ma senza rimpiazzare nel migliore dei modi le perdite dei centrali difensivi Albiol e Chiriches e, soprattutto, senza far compiere il tanto agognato salto di qualità a un gruppo che ne aveva sicuramente bisogno e che ora rischia seriamente di sfaldarsi tra l’ormai imminente sessione di mercato invernale e quella della prossima estate.
Eppure, l’inizio di stagione non era stato affatto negativo, con tre vittorie nelle prime quattro gare di campionato (unica sconfitta, peraltro di misura e sfiorando il pareggio, sul campo della Juventus alla seconda giornata) e il successo per 2-0 contro il Liverpool campione in carica nella prima partita della fase a giorni di Champions League. Poi, però, una serie di risultati deludenti (sette partite di fila senza vittorie in Serie A) e un‘atmosfera che si fa sempre più pesante, sfociando nell’episodio più emblematico della stagione del Napoli, almeno fino a questo momento.
Il 5 novembre, dopo il pareggio interno per 1-1 col Salisburgo in Champions, i giocatori decidono di sabotare il ritiro imposto pochi giorni prima dal presidente De Laurentiis e non tornano a Castelvolturno, al contrario di Ancelotti. Le prime indiscrezioni in merito riferiscono di possibili esclusioni eccellenti tra i calciatori, di esonero o dimissioni di Ancelotti, ma le acque sembrano calmarsi dopo le multe disposte da De Laurentiis. In realtà, lo strappo tra le parti non si è mai ricucito del tutto e la società, di fatto, ha scelto di non prendere una netta posizione.
In un clima surreale, Ancelotti ha continuato a fare il suo lavoro cercando di concentrarsi esclusivamente sul campo e onorando al meglio il proprio impegno. Nonostante abbia commesso tanti errori e molte delle sue scelte non abbiano raccolto i frutti sperati, infatti, quel che è certo è che non gli si possa contestare la mancata professionalità. E così, dopo aver raggiunto la qualificazione agli ottavi di Champions League (solo la terza volta per il Napoli nella sua storia), Ancelotti ha ricevuto il benservito da De Laurentiis nella maniera più inconsueta e crudele possibile.
Inutile dilungarsi ulteriormente su una vicenda i cui aspetti fondamentali restano poco chiari. I giocatori che avrebbero dovuto pagare il loro affronto alla società sono stati puniti con semplici multe proporzionate allo stipendio, mentre Ancelotti è stato dato in pasto alle critiche, lasciato solo dalla sua società come nessun allenatore meriterebbe, soprattutto uno che tra campo e panchina ha scritto e continua a scrivere la storia di questo sport. “Carlo è un allenatore bravissimo, ma se lasciato solo dalla società va in difficoltà.”, ha dichiarato Luciano Moggi, che ha avuto modo di lavorare col nativo di Reggiolo alla Juventus dal 1999 al 2001.
È giusto criticare l’operato di chiunque, senza però eccedere nei modi. Come già detto poc’anzi, Ancelotti ha senz’altro le sue (tante) responsabilità e spesso ha dato l’impressione di essere un pesce fuor d’acqua, riuscendo soltanto a sprazzi a mostrare il volto del mister capace di battere record su record e vincere di tutto (come ad esempio, nel doppio confronto di quest’anno col Liverpool in Champions, in cui ha letteralmente ingabbiato Jürgen Klopp e i suoi Reds campioni d’Europa).
Ciò non toglie, però, che il Napoli non abbia certo fatto una bella figura negli ultimi mesi e che abbia scelto il modo peggiore per uscire da questa situazione, al pari del capitano Lorenzo Insigne, il cui post di ringraziamento nei confronti di Ancelotti lascia non pochi dubbi circa la veridicità delle sue parole. Per quanto concerne il lato calcistico della vicenda, il tecnico di Reggiolo non farà certo fatica a trovare una nuova sistemazione. L’Arsenal, attualmente guidato da Freddy Ljungberg ad interim, sarebbe pronto a riportarlo in Inghilterra, ma i Gunners non sono gli unici interessati: sulle sue tracce, infatti, ci sono anche Everton e West Ham. Ancelotti, dunque, potrebbe riabbracciare la Premier League, che ha già ritrovato da poco un suo grande protagonista, José Mourinho: in Inghilterra ha già vinto tre trofei col Chelsea dal 2009 al 2011.
Il Napoli, dal canto suo, ha ufficializzato l’arrivo di Gennaro Gattuso con un contratto di sei mesi e un’opzione di rinnovo biennale in caso di approdo alla prossima edizione della Champions League. Ironia della sorte, è proprio uno dei più fidati uomini ancelottiani, che con lui al Milan ha vinto uno Scudetto (2004) e due Champions League (2003 e 2007), a sostituirlo in panchina. L’allievo avrà il compito di raddrizzare una situazione difficile, il maestro va via dopo aver centrato l’obiettivo qualificazione agli ottavi della Coppa dalle grandi orecchie, non senza qualche rimpianto. “Ancelotti è come un padre per me, sono stati giorni difficili. Abbiamo parlato, ma non rivelerò quello che ci siamo detti. Lui ha vinto di tutto, io devo ancora dimostrare tanto, mi basterebbe fare il 10% di quello che ha fatto lui in carriera.”, l’elogio di Gattuso ad Ancelotti.
Dennis Izzo
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