Al momento dell’ufficialità di Ibrahimovic, gli obiettivi della dirigenza rossonera sembravano chiari a tutti. Krzysztof Piatek, di lì a poco avrebbe lasciato il Milan. Tottenham? O ancora Serie A? Alla fine è l’Herta Berlino ad accaparrarsi il polacco classe ’95, autore di un 2019 al dir poco indecifrabile in rossonero. Nella prima mezza stagione a Milano, l’ex Genoa si è dimostrato un cecchino quasi infallibile, vero trascinatore di quella squadra giunta poi a un non nulla dal quarto posto. Ai tempi il buon Piatek aveva la numero 19, in 21 partite aveva segnato 11 goal e tutto sommato si stava dimostrando all’altezza del ruolo. Insomma, il Milan aveva trovato la punta che da tanti anni cercava. O almeno così sembrava.
Alle porte di questa stagione la situazione rossonera cambia irreversibilmente. Tolta l’Europa League, si doveva ricominciare da zero. Arriva Giampaolo in panchina (poi sostituito da Pioli) al posto del “condottiero” Gattuso, andato via per la mancanza di un progetto solido. Contemporaneamente Piatek decide di cambiare il numero di maglia: si passa dal 19 al tanto temuto 9, che a pensarci bene era anche il suo numero prima dell’approdo a Milano. L’attaccante polacco si dichiara sereno e tranquillo nell’indossare quella casacca maledetta e anzi, di non sentire minimamente la pressione. Quanto dichiarato, però, non si trasforma in fatti tangibili: la seconda mezza stagione del pistolero è un vero incubo. Le prestazioni sono altalenanti, i goal scarseggiano e proprio questo spinge la dirigenza a chiamare Zlatan Ibrahimovic. Mossa propedeutica per la cessione del numero 9 in BundesLiga. I dati di questo 2019/2020 parlano da soli: 20 presenze e soli 5 goal siglati. Una miseria
Ma adesso facciamo un passo indietro e analizziamo tutti i “successori di Inzaghi” con la numero 9 sulla schiena.
Il “Papero” è il primo a vestire la maglia di Inzaghi, qualche mese dopo il tribolato addio di quest’ultimo. Siamo nel 2012, l’anno prima (con il solito 7 sulla schiena) è stato povero in termini di presenze (solo 18) e la stella brasiliana sceglie il numero 9 che era stato vestito da Superpippo nei 12 anni precedenti per risorgere. Mai scelta fu più sbagliata. Il declino di Pato si materializza proprio in quella stagione, in cui sigla solo 2 reti in 7 presenze. Farà dunque ritorno in Brasile segnando la fine della sua stella.
Estate 2013: uno dei principali protagonisti della Juve contiana fa ritorno a Milanello. A 9 anni dall’ultima volta. Il numero 9 è vacante, in quanto la stella del momento, Mario Balotelli, veste la classica 45. Matri sceglie proprio la 9, non curante della maledizione pendente sulla stessa (e che ancora non faceva parlare di sè?. Il bilancio a gennaio 2014, mese in cui lascia i rossoneri per approdare a Firenze, è davvero impietoso: un goal in sole 18 partite. Farà molto meglio con le squadre successive: 5 goal in 21 partite con la viola, 7 in 17 con il Genoa e 2 in 9 presenze al suo ritorno in bianconero. Durante l’ultima esperienza torinese siglerà un goal fondamentale nella finale di Coppa Italia vinta contro la Lazio (sarà questa l’ultima esperienza di livello del “Mitra”).
Punta di diamante di un mercato all’insegna del risparmio targato Galliani. Il condor, nell’estate del 2014, riesce a portare in Italia un attaccante ormai al tramonto, ma capace di vincere tutto in Inghilterra e con la nazionale spagnola. Non ci si aspetta un top player, ma un giocatore d’esperienza pronto a farsi carico dell’attacco rossonero. La numero 9, in questo caso, sembra d’obbligo. D’altronde è la maglietta indossata negli anni magici di Liverpool, la stessa con cui ha vinto 2 Europei e un Mondiale (segnando in 2 finali), la stessa con cui ha alzato al cielo la coppa dalle grandi orecchie. In rossonero, però, parleremo di tutt’altro giocatore. Anche in questo caso un solo goal siglato, a fronte di 10, deludenti, partite. Un vero e proprio fallimento.
Tornato in Spagna Fernando Torres, il Milan non ha più una punta di peso, che torna a cercare all’interno del nostro campionato. Il designato numero uno è Destro, ormai ai ferri corti con la Roma. L’attaccante arriva a Milano durante il gennaio del 2015: è pronto a vestire una maglia gloriosa come quella rossonera, ma soprattutto di poter diventare la stella di quella squadra. Indossa anch’egli la numero 9 e come i precedenti possessori non va molto bene. Solo 3 goal in 15 partite. Dopo neanche 6 mesi il trasferimento a Bologna, città che ha segnato la fine definitiva dell’ex giallorosso.
Il mercato del Milan durante l’estate 2015 è senza freni e dopo Bacca, che sceglie la maglia numero 70, arriva anche Luiz Adriano, attaccante principe dello Shaktar Donetsk. Viene presentato come il bomber che in coppia con il colombiano risolleverà finalmente le sorti del Milan. E sarà il terzo giocatore a vestire la 9 nel solo 2015. Le aspettative sono alte e anche in questo caso totalmente disattese: durante la prima stagione siglerà 6 goal in 29 partite. Meglio degli ultimi attaccanti, in fin dei conti, ma il brasiliano comincia a comprendere i problemi legati a quella maglia e nel 2016 decide di cambiare numero, prendendo la 7. Non si sa come ma riesce a fare anche peggio: 7 presenze e 0 reti prima di passare nel gennaio 2017 allo Spartak Mosca.
Uno degli attaccanti più chiacchierati del 2016. Con le sue 27 reti in 40 partite (nessuna su rigore) si laurea capocannoniere della Serie B, risultando fondamentale per la cavalcata del Pescara verso la Serie A. I delfini chiudono in quarta posizione, affrontano i play-off e nelle successive quattro gare, Lapadula segna altri 3 goal, di cui uno in finale play-off contro il Trapani. A maggio dello stesso anno rifiuta anche la convocazione della nazionale peruviana per vestire la maglia azzurra (che accadrà nel novembre dello stesso anno). Nel frattempo su di lui si fanno avanti tanti club e a spuntarla è il Milan. Approda in rossonero come vice-Bacca, sceglie la numero 9 e per buona parte delle sue presenze subentra proprio al colombiano. Il bottino finale sarà di 8 reti in 29 partite, senza essere mai all’altezza di un club che vuole tornare ai fasti di un tempo. Andrà a Genoa a fine stagione e al momento è uno dei migliori 9 degli ultimi anni. E questa la dice lunga.
Altro anno, altro 9. E le chiacchiere su quel pesante numero di maglia si fanno sempre più insistenti. Ma il Milan durante l’estate 2017 si fa protagonista di un calciomercato al dir poco folle, che stravolge la rosa allenata ai tempi da Montella. L’asticella si alza e non può non arrivare la punta del futuro, in un contesto del genere. Punta pescata in Portogallo, più precisamente a Porto, dove un giovane attaccante viene designato da tutti come erede di Cristiano Ronaldo. Nome? Andrè Silva. Una vera garanzia, per gli addetti ai lavori. In effetti durante la stagione viene convocato spesso in nazionale, dove segna a raffica. Segna a raffica anche in Europa, con ben 8 reti in 14 presenze. Ma in campionato gioca poco e segna ancora meno. Alla fine saranno solo 2 reti in ben 24 presenze. Viene ceduto anche lui dopo un solo anno in rossonero. Approda poi al Siviglia, in cui inverte totalmente la tendenza: 27 presenze e 9 reti in campionato, 8 presenze e 0 reti in Champions League. Inspiegabile.
Finito ai margini del progetto Juventus a causa dell’approdo di CR7, vola a Milano insieme a Caldara, per permettere a Bonucci di tornare a Torino. Le aspettative sono altissime, anche perché in questo caso non si parla di una scommessa, né tantomeno di un attaccante ormai finito. Gonzalo Higuain nell’estate del 2018 è un top player a tutti gli effetti. Il giocatore che ha consegnato lo scudetto precedente alla tanto amata Juventus e che dalla stessa è stato tradito qualche mese dopo. Arriva al Milan per dimostrare ai bianconeri di essere ancora un attaccante straordinario. Parte anche bene, ma il match contro la vecchia signora segna negativamente la sua esperienza milanese: rigore sbagliato e rosso per proteste. Da lì in poi un tracollo, che si conclude con la cessione al Chelsea, squadra in cui ritroverà Sarri (figura fondamentale per la sua permanenza in bianconero durante questa stagione).
In questo caso si può serenamente parlare del miglior attaccante post Inzaghi: 6 reti in 15 presenze in Serie A, mentre in Europa League 2 segnature in 5 presenze. Con 8 reti in 22 partite è il detentore della miglior media realizzativa con il numero 9 sulle spalle. Una media comunque bassa per il giocatore che è Higuain e per le aspettative che i milioni di tifosi rossoneri riponevano sull’argentino.
Siamo arrivati dunque al tanto discusso Piatek.
Gennaio 2019. A Milano un Higuain altalenante e infelice chiede di cambiare aria per ritrovare lo smalto di qualche mese prima. Nel frattempo un giovane polacco approdato al Genoa è su tutti i giornali: 13 goal in 19 partite di campionato, addirittura 6 in soli 2 match di Coppa Italia. Il 9 del Genoa è l’attaccante del momento e il Milan fa di tutto per non lasciarselo sfuggire. Alla corte di Gattuso, oltretutto, fa anche bene. Come detto all’inizio di questo articolo 11 reti in 21 presenze non sono affatto male, specie se si sommano alle 19 siglate con i Rossoblù qualche mese prima. Sono 30 tondi tondi in un campionato. Numeri da capogiro, da grande attaccante. Poi il 9 sulla schiena e l’inspiegabile crollo tecnico, fisico e psichico, che hanno portato la dirigenza rossonera a preferire un grande giocatore come Ibra, ma pur sempre 38enne, ad un attaccante che fino a qualche mese fa era dal futuro sicuro.
Con il polacco, volato ieri in direzione Germania, sono ben 9 gli attaccanti che hanno vestito la maglia lasciata da Inzaghi in quel lontano 2012. 9 attaccanti in soli 7 anni. Una maledizione che un giocatore in stato di grazia come Piatek sembrava poter scacciare via. Una maledizione che, evidentemente, è stata più forte anche delle doti tecniche di quello che per molti sarà l’erede di Lewandowski in nazionale.
E adesso? Tutti attendono il decimo attaccante che vestirà la maglia più temuta e ambita del panorama rossonero.
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»