Poco gioco, poco carattere, poca fantasia. La Juventus uscita dallo scontro al Franchi, insomma, era davvero poca roba. Questa moltitudine di critiche hanno avvolto Allegri e i suoi sin dal match contro l’Inter, che per capirci meglio è il primo dei quattro tonfi zebrati in campionato. Quattro sconfitte che per altro coincidono a quattro trasferte non proprio facili, certo, anche se le altre partite dei bianconeri (che per altro coincidono nella loro totalità a vittorie) non siano state segnate da manovre sfavillanti o geometrie da cultori del calcio, bensì da semplici giocate dei singoli.
Non era il caso di condannare il lavoro di un mister che ha cambiato il volto della Juve in queste stagioni, ne tantomeno di criticare giocatori che altre squadre vorrebbero ad ogni costo tra le proprie grazie; eppure la Juve costruita sapientemente dalle mani di Marotta e Paratici durante quest’estate sembrava voler dire “Ha le qualità e i mezzi, ma non si impegna abbastanza” un po’ come quei classici colloqui genitori-insegnanti durante la carriera scolastica. Eccessivo tatticismo? Forse. Paura nel saper osare? Sicuramente. Morboso attaccamento all’era Conte? Magari anche questo. La Juve vista fino allo scontro perso con i Viola era senza dubbio una Juve potenzialmente maestosa, ma incapace di esprimere a pieno le proprie qualità.
Poi la Lazio e con essa quella formazione che sapeva tanto di fantascienza. “La Juve si schiererà a sorpresa con un 4-2-3-1, dentro tutti gli attaccanti a disposizione di Allegri”. Più o meno era questa la reazione di tutti i giornali interessati al launch-match di domenica 22 gennaio, con uno stato d’animo che era praticamente comune ad addetti ai lavori e tifosi. Bisogna dare una scossa e una squadra a trazione anteriore sembra poter essere quel “poco di zucchero” che serve a Dybala e compagni.
È una Juve tutta cuore e qualità, che fa del proprio mantra il sacrificio sul velluto. Higuain da prima punta solitaria è sicuramente il primo giocatore a trarre beneficio da questo nuovo modulo, grazie a un reparto tutto per sé e la possibilità di poter ricevere palloni da ben 4 giocatori: 2 alle sue spalle e 2 dai lati (addirittura 6 se contiamo i due terzini fluidificanti). Stesso sipario di Napoli? Assolutamente no. Il Pipita bianconero non ha più una squadra al suo servizio e anzi, il recupero su Zapata nell’area di Buffon con successiva cavalcata per oltre 50 metri è la prova che a Torino anche mr. 90 milioni non può risparmiarsi un centimetro in più dei suoi compagni.
Contemporaneamente a godere del cambio di modulo è l’altro grande acquisto di quest’estate: Miralem Pjanic. Il bosniaco ha girovagato in vari ruoli nel centrocampo juventino, senza trovare mai la propria dimensione. Se il play basso, la mezz’ala e il trequartista non hanno dato i risultati sperati, la mediana condivisa con un altro giocatore dai piedi educati sembra dare la giusta soluzione per il ritorno del pianista: in tre partite giocate il repertorio dei fantastici tempi romani sembra essere tornato a pieno regime e tifosi e compagni di squadra non hanno fatto altro che ammirare una mente del calcio tornata a nuova vita.
I tre nella “terra di mezzo” poi, completano l’opera. Mandzukic–Dybala–Cuadrado sono un mix praticamente privo di difetti: c’è corsa, fantasia, abnegazione, fisico e voglia di sacrificarsi per la squadra. A scalfire tanta qualità e quantità, oltre la testa (che fa praticamente il 50% del giocatore), si dovrà stare attenti sicuramente agli infortuni, ma con un Pjaca in più e la possibilità di spostare Pjanic al centro del traingolo (grazie a sua duttilità Claudio Marchisio, che verrà sicuramente impiegato nel centrocampo a due con Khedira), Allegri può permettersi sonni tranquilli.
“La miglior difesa è l’attacco” una frase di Gentil Cardoso che sembra proprio il caso di parafrasare. In 3 partite sono 6 i goal fatti e 1 solo quello subito (e che goal, quello di Carlos Bacca), a memoria del fatto che nonostante la grande propensione offensiva di 8/11 della squadra, la difesa non perde stabilità e sicurezza. Lo spirito di sacrificio di una squadra che attacca in 11 ma difende in altrettanti uomini sta tutta in quella differenza reti che recita la voce +5 in queste tre partite segnate da questo nuovo modulo.
Pjanic, Dybala, Cuadrado, Mandzukic e Higuain. La Juve a cinque stelle gira su questi nomi e i relativi sostituti (vedi, come scritto qualche rigo prima, Marco Pjaca), ma proprio il reparto difensivo ha mostrato una buona solidità. Magari anche perché la coperta è lunga, ma i quattro dietro trovano più sicurezza con un modulo che permette alla squadra di non restare disunita. Rugani è in assoluta crescita, Dani Alves in via di recupero e Asamoah sembra esser tornato quello di Contiana memoria, dando per assodato il fatto che in un centrocampo come quello della Juve sfigura e non poco. Adesso la prova del 9 contro l’altra big dal momento magico, l’Inter del “normalizzatore” Pioli. Che sia davvero questo lo spartiacque che possa cambiare le sorti della stagione juventina, da qui a Maggio? I sentori di un remake del 2015 ci sono, i frutti sul campo attendono per essere colti.
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»