Reduci da una stagione tutt’altro che memorabile, conclusasi con l’eliminazione in semifinale di Conference contro i Los Angeles Lakers, i Golden State Warriors sono già al lavoro per programmare il futuro. Dal 2014 al 2022, i Dubs si erano sempre qualificati alle Finals negli anni in cui avevano disputato i playoff, vincendo ben quattro titoli. Una vera e propria egemonia, che per molti sembrava giunta al capolinea dopo l’addio di Kevin Durant, passato ai Brooklyn Nets nell’estate 2019, dopo due anelli vinti da MVP delle Finals. Golden State è riuscita a tornare alla vittoria tre anni più tardi, battendo 4-2 i Boston Celtics alle Finals dopo aver mancato i playoff per due stagioni di fila (2019-2020 e 2020-2021).
2x NBA Executive of the Year.
4x NBA Champion.
The architect of an era.After 11 seasons, Bob Myers will step down from his role as President of Basketball Operations / General Manager at the conclusion of his contract. Thank you for everything, Bob. pic.twitter.com/6DrLsmrqcw
— Golden State Warriors (@warriors) May 30, 2023
Quest’anno, i Warriors campioni in carica hanno palesato evidenti difficoltà, soprattutto nella metà campo difensiva e nelle gare in trasferta, sin dall’inizio della regular season, terminando al sesto posto con un record di 44 vittorie e 38 sconfitte. Con l’inizio dei playoff, molti si attendevano una netta inversione di tendenza in termini di rendimento e risultati. Curry e compagni, però, hanno continuato a faticare e non poco, superando l’ostacolo Sacramento Kings soltanto in gara-7 e arrendendosi al cospetto dei Los Angeles Lakers (4-2). Un risultato a dir poco deludente per una squadra abituata da un decennio a dominare la scena in post-season.
Rispetto al passato, Klay Thompson deve fare i conti con i problemi fisici che lo tormentano dalla lesione al legamento crociato del ginocchio sinistro rimediata nelle Finals di quattro anni fa contro i Toronto Raptors, e il supporting cast è decisamente meno affidabile. Stephen Curry resta il punto di riferimento imprescindibile di una squadra che sente di poter ancora dominare la lega, ma molto dipenderà da ciò che accadrà in free agency, con Draymond Green che ha una player option da 27 milioni e mezzo per la prossima stagione e Klay Thompson che sarà unrestricted free agent nel 2024, mentre Jordan Poole – calato vistosamente di livello ai playoff – l’anno prossimo guadagnerà poco meno di 29 milioni, rendendo ancor più ingarbugliata la situazione salariale dei Warriors.
Bob Myers is stepping down as the Warriors president and GM, per @wojespn
Myers was a two-time exec of the year and helped bring four NBA championships to Golden State pic.twitter.com/TXWTZJPKNI
— Bleacher Report (@BleacherReport) May 30, 2023
Nel frattempo, all’addio di Andre Iguodala, che dopo l’eliminazione di Golden State per mano dei Lakers ha annunciato la sua intenzione di ritirarsi dal basket, ha fatto seguito quello di un altro storico protagonista dei successi dei Warriors degli ultimi anni. Si tratta di Bob Myers, general manager dei Dubs dal 24 aprile 2012. Il nativo di Danville, in California, poco distante dalla Bay Area, casa dei Warriors, è colui che di fatto ha dato il via alla dinastia dei Golden State Warriors, costruendo una squadra capace di disputare le Finals sei volte tra il 2014-2015 e il 2022-2023, vincendo quattro titoli: tre contro i Cleveland Cavaliers (4-2 nel 2014-2015, 4-1 nel 2016-2017 e 4-0 nel 2017-2018) e uno contro i Boston Celtics (4-2 lo scorso anno). Nel corso della sua avventura con Golden State, inoltre, la franchigia ha cambiato casa, spostandosi dalla Oracle Arena di Oakland al Chase Center di San Francisco a partire dall’annata 2019-2020.
I Warriors targati Bob Myers hanno impressionato per il loro stile di gioco tanto spettacolare quanto efficace in entrambe le metà campo, che ha influenzato e non poco anche le rivali, contribuendo in maniera determinante all’evoluzione della pallacanestro a stelle e strisce nell’ultimo decennio. Nel 2014-2015, i Golden State Warriors, guidati dall’head coach Steve Kerr, successore di Mark Jackson, si piazzano al primo posto a Ovest con il miglior record della lega (67-15) e vincono il titolo NBA per la prima volta dal 1975, anno di nascita del gm capace di riportare in alto una squadra che tra il 1994-1995 e il 2011-2012 aveva disputato i playoff in una sola occasione.
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Tali risultati, uniti al rinnovo offerto a Klay Thompson dopo aver rifiutato di scambiarlo per Kevin Love e altri giocatori, valgono a Bob Myers la vittoria del premio di Executive of the Year, riconoscimento assegnato al miglior dirigente dell’anno. Myers, tifoso dei Warriors sin da piccolo – nonostante negli anni ‘80 in California molti tifassero per i Los Angeles Lakers di Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar – e nel frattempo nominato anche president of basketball operations, rivince il premio nel 2016-2017, strappando alla folta concorrenza Kevin Durant – free agent dopo la fine della sua esperienza con gli Oklahoma City Thunder e vincendo nuovamente il titolo.
Nel mezzo, nel 2015-2016 Golden State stabilisce il nuovo miglior record della storia in regular season, toccando quota 73 vittorie e 9 sconfitte (il precedente primato apparteneva ai Chicago Bulls, che chiusero la stagione 1995-1996 con un record di 72-10), ma entra anche nella storia dalla parte sbagliata, perdendo le Finals contro i Cleveland Cavaliers e risultando la prima squadra a farsi rimontare un vantaggio di 3-1 in finale. Nel 2017-2018, i Warriors vincono il titolo in back-to-back, sempre contro i Cleveland Cavaliers (4-0), mentre l’anno seguente il sogno di three-peat si infrange contro i Toronto Raptors, con gli infortuni di Kevin Durant e Klay Thompson poi che frenano le ambizioni dei californiani e spianano la strada al primo storico trionfo dei canadesi.
“This team is in great shape. Joe is not going anywhere … You've got a fantastic coach. You've got arguably one of the best players to every play, one of the best people to ever play in Steph Curry. So the future is unbelievably bright.” – Bob Myers pic.twitter.com/SiECjyFw6o
— Golden State Warriors (@warriors) May 30, 2023
È la fine di un’era per tutti o quasi, tra appassionati e addetti ai lavori. Nel 2019-2020 e nel 2020-2021 i Warriors non si qualificano ai playoff (nel primo caso, chiudono addirittura all’ultimo posto col peggior record della lega, 15 vittorie e 50 sconfitte, disputando la loro peggior stagione dal 2000-2001), ma nel 2021-2022 ritornano alla post-season col terzo miglior record della lega (53-29) e un ritrovato Klay Thompson dopo due anni di stop per infortunio e battono 4-1 i Denver Nuggets, 4-2 i Memphis Grizzlies, 4-1 i Dallas Mavericks e 4-2 i Boston Celtics, aggiudicandosi un titolo che certifica il ritorno ad alti livelli di una squadra capace di segnare una generazione (e non solo).
Negli undici anni in cui Bob Myers è stato il general manager dei Golden State Warriors, oltre ai quattro titoli vinti e all’enorme contributo dato al gioco del basket, i Dubs hanno anche visto imporsi definitivamente giocatori del calibro di Stephen Curry, Klay Thompson e Draymond Green (selezionato da Myers con la trentacinquesima scelta assoluta al Draft 2012, una delle migliori steal di sempre) i tre che più di tutti hanno permesso agli uomini di Steve Kerr – altra scelta vincente di Myers – di dominare in lungo e in largo, completandosi a vicenda e sacrificandosi per la squadra in tutti i modi possibili. Non è da meno Andre Iguodala, che l’ormai ex general manager dei Warriors mise sotto contratto nel 2013.
Fonte foto in evidenza: NBA.com
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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