Luigi De Canio è uno dei tecnici italiani con maggiore esperienza. Partito dai dilettanti, è arrivato a sedere su tante panchine prestigiose, come quelle di Udinese, Napoli e Genoa. Senza dimenticare l’esperienza inglese al QPR. Il mister di Matera è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Voci di Sport per fare il punto sulla Serie A e per parlare del suo futuro.
De Canio, partiamo dal nostro campionato. Lotta a due tra Juventus e Roma. Chi vede meglio per la vittoria finale?
“Sì, è vero sono queste le due favorite per aggiudicarsi lo scudetto. In questo momento è avanti la Juve, ma credo che tutto si deciderà solo alla fine”.
In Champions League, invece, le italiane palesano sempre difficoltà rispetto alle altre big europee. Come riuscire a colmare questo gap?
“La soluzione è una: c’è bisogno di giocatori di maggior respiro internazionale, con un gioco e un atteggiamento molto più simili al calcio europeo”.
Momento nero per l’Inter. La famiglia Moratti lascia il club e la squadra è in crisi di risultati.
“I nerazzurri sono partiti bene. Adesso, stanno attraversando un momento di difficoltà incomprensibile. Hanno tutte le carte in regola per risalire la china e penso che, con un paio di risultati positivi, riusciranno a riprendere la marcia che l’organico ha nelle sue potenzialità”.
Sta meglio il Milan, rinvigorito dalla cura Inzaghi. Lei ha effettuato tutta la gavetta prima di arrivare in Serie A. Cosa ne pensa dei suoi colleghi che, dopo due anni nelle giovanili, approdano subito in prima squadra?
“Se uno è bravo, prima o poi arriva. O attraverso la gavetta, o con le possibilità che si presentano strada facendo. Il percorso di Inzaghi, in questo senso, si è accorciato, ma se lui è bravo, allenerà sempre in Serie A a questi livelli. In caso contrario, sarà il campo a dargli torto. Il calcio non fa sconti a nessuno e non è posto per raccomandati, quindi, se uno allena è perché ha qualità. Poi, ognuno si costruisce il proprio futuro anche in base alle sue esperienze professionali pregresse”.
Lei ha allenato il Napoli nel 2001-2002. Crede che la piazza partenopea abbia già esaurito le pazienza nei confronti di Rafael Benitez?
“No, non penso proprio. I risultati negativi non fanno piacere a nessuno. Ma anche il Napoli, come l’Inter, supererà queste difficoltà”.
Nel 2007-2008, invece, è stato sulla panchina del QPR. Quanto le è servita l’esperienza a Londra e cosa le ha insegnato?
“Tutte le avventure sono importanti, utili. Quello inglese è un calcio diverso dal nostro. Si tratta di un ambiente completamente dissimile, anche dal punto di vista culturale, un modo di vivere il calcio in maniera differente. È anche più logico: gli allenatori hanno più tempo per lavorare perché i tifosi hanno più pazienza. Per il resto, ognuno vive gli aspetti professionali secondo la cultura del posto in cui risiede. Noi siamo italiani e dobbiamo vivere secondo la nostra mentalità”.
Qual è il giocatore più forte che ha allenato?
“La lista è lunga. Potrei menzionare Materazzi, che si è costruito una carriera importante grazie ad applicazione e lavoro. Io l’ho lanciato a Carpi, dopo andò al Perugia in Serie A. Però, mi piace ricordare Ciro Caruso, difensore centrale classe ’73. Giocava nella Primavera del Napoli con Cannavaro, erano compagni di reparto. Avrebbe fatto una carriera almeno pari a quella di Fabio, se non avesse avuto tutte le sfortune del mondo che un calciatore può avere. Mi riferisco ai molteplici infortuni che gli hanno rovinato la carriera. Era un difensore di grandissima intelligenza, di enormi qualità, che avrebbe avuto una carriera di alto livello”.
Al momento attuale si trova senza squadra. Sarebbe disponibile a subentrare su qualche panchina di Serie A o B?
“Sono romantico. Spero sempre di trovare una società che abbia la capacità di programmare il proprio lavoro e, quindi, un club che consideri l’allenatore una figura utile e importante per i propri progetti. L’anno scorso sono stato in una società (il Catania, ndr) in cui pensavo di poter realizzare questo aspetto, ma mi sono sbagliato. Per cui sono un po’ disilluso e non so se queste peculiarità nel calcio italiano esistano. Però, siccome sono innamorato di questo sport, attendo con entusiasmo: se qualcuno dovesse avere bisogno del sottoscritto, mi tufferei nella mischia con la solita passione”.
Ha mai pensato all’ipotesi di allenare una selezione nazionale?
“Sarebbe una bella esperienza e non trascurerei un’ipotesi del genere. Però, c’è ancora tempo per diventare commissario tecnico”.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.