Il 25 novembre sarà sicuramente ricordato come uno dei giorni tristi dagli appassionati di calcio: proprio nella giornata di ieri, infatti, è morto Diego Armando Maradona, da molti considerato il miglior giocatore nella storia del calcio. 60 anni compiuti lo scorso 30 ottobre, Maradona ha trascorso gli ultimi giorni di vita nella sua casa situata nella zona residenziale di Tigre, in provincia di Buenos Aires, dove si era trasferito dopo l’intervento chirurgico per la rimozione di un ematoma subdurale tra cranio e cervello.
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Il Pibe de Oro è deceduto poco dopo le ore 17 italiane, in seguito a un arresto cardiocircolatorio: poche ore prima del tragico evento aveva avvertito un malore, ma i rapidi soccorsi dei medici che lo stavano assistendo nella riabilitazione e delle ambulanze sono risultati vani. La notizia ha fatto inevitabilmente il giro del mondo in men che non si dica, toccando praticamente tutti, appassionati di calcio e non. Estimatori e rivali di un campione unico nel suo genere, sia in campo che fuori, ne hanno tessuto le lodi. Capace di entusiasmare anche la platea più esigente a suon di giocate fenomenali e di farsi conoscere, amare e rispettare a tutte le latitudini.
Genio e sregolatezza: in queste due parole è racchiusa l’essenza di Diego Armando Maradona. Col pallone tra i piedi era capace di fare qualsiasi cosa e con lui in squadra ogni traguardo apparentemente irraggiungibile diventava un obiettivo più che concreto: lo sanno bene i tifosi del Napoli e dell’Argentina, cui il nativo di Lanús ha regalato gran parte dei suoi capolavori migliori: i primi due, e finora unici, Scudetti (1987 e 1990, battendo la concorrenza del Milan del trio olandese Rijkaard-Gullit-Van Basten guidato da Sacchi, dell’Inter di Trapattoni e della Juventus di Platini) nella storia del club partenopeo portano la sua firma, così come il Mondiale vinto nel 1986 dall’Albiceleste ai danni della Germania in Messico.
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In quell’edizione della Coppa del mondo, infatti, il fenomeno riccioluto si rese autore di ben cinque reti, tra cui la celeberrima doppietta all’Inghilterra nel match vinto 2-1 dalla sua Argentina e valevole per i quarti di finale, due gol passati alla storia per infiniti motivi, in particolare per motivi di carattere storico, con la Guerra delle Falkland (Malvine per gli argentini) che aveva contrapposto Argentina e Regno Unito tra aprile e giugno 1982, appena quattro anni prima. Nel giro di quattro minuti, Maradona si rese autore di un gol di mano, convalidato dall’arbitro e ribattezzato dallo stesso giocatore “Mano de Dios”, per poi segnare quello passato alla storia come Gol del secolo, arrivato dopo una corsa di 60 metri palla al piede in 10 secondi, superando ben sei calciatori inglesi prima di mettere il pallone nella porta sguarnita.
694 partite, 354 reti e 12 trofei vinti in carriera tra club e Nazionale, Maradona ha unito e al contempo diviso come pochi, entrando, alla sua maniera, a far parte dell’Olimpo del calcio e dello sport in generale, al fianco di nomi del calibro di Pelé, Michael Jordan e Muhammad Ali, soltanto alcuni dei numerosi atleti che hanno scritto la storia e sono stati in grado di diventare vere e proprie icone delle rispettive generazioni, ponendosi al livello di geni e miti della musica, dell’arte, del cinema e della letteratura.
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La vita (o meglio, le vite) di Maradona è stata fonte di ispirazione per scrittori e registi cinematografici perché ricca di eventi degni di nota, tra colpi di classe sul rettangolo di gioco e eccessi di ogni tipo nella vita di tutti i giorni, in particolare la dipendenza da alcol e cocaina, con quest’ultima che gli ha causato innumerevoli problemi e lo ha spesso portato a rischiare la morte, rappresentando forse l’unico avversario che il numero 10 argentino non era in grado di dribblare, come faceva con disarmante naturalezza e facilità con i giocatori rivali.
Nel 1991 venne sospeso per un anno e mezzo dal calcio per uso di cocaina e fu costretto a lasciare il Napoli. La sua gloriosa avventura azzurra ebbe inizio il 5 luglio 1984, con circa ottantamila tifosi emozionati e increduli che lo accolsero al San Paolo nel giorno della sua presentazione, e si concluse nella maniera più mesta e amara il 17 marzo 1991, dopo 259 presenze e 115 reti in sei anni e mezzo, nel corso dei quali il Napoli mise in bacheca cinque trofei, di cui due Scudetti, una Supercoppa italiana, una Coppa Italia e una Coppa UEFA. Gli azzurri avevano vinto appena quattro titoli in 58 anni prima dell’arrivo di Maradona, che è stato capitano e a lungo miglior marcatore della storia del club, venendo superato soltanto recentemente da Marek Hamšík (121) prima e Dries Mertens (128) poi, rispettivamente il 23 dicembre 2017 e il 5 maggio 2019.
The world of ⚽️ salutes an eternal legend. ♥️ pic.twitter.com/Gd4LzWrCey
— 433 (@433) November 26, 2020
“Per noi non era solo un giocatore di calcio, ha rappresentato lo spirito di Napoli per anni.”, le parole di Corrado Ferlaino, lo storico presidente del Napoli che nell’estate 1984 spese circa 13 miliardi e mezzo delle vecchie lire per acquistare Maradona dal Barcellona, in merito alla notizia della scomparsa del Pibe de Oro, non riuscendo a trattenere le lacrime. Proprio a Napoli, Maradona ha vissuto gli anni migliori della sua carriera, legandosi indissolubilmente alla piazza calcistica e alla città intera e lasciando un’eredità dal peso specifico incalcolabile nella capitale del Mezzogiorno d’Italia.
Dopo quasi trent’anni dalla sua ultima presenza in maglia azzurra, infatti, Maradona continua ad essere un re indiscusso per Napoli, non solo per i tifosi del club partenopeo, ma anche per i sostenitori di squadre rivali e addirittura per chi non ha interesse per il mondo del calcio. Nel Bar Nilo, poco distante dal Duomo di Napoli, è presente addirittura una teca votiva contenente il “miracoloso capello di Diego Armando Maradona”, una vera e propria reliquia: si tratta in realtà di una replica, che attira numerosi turisti e curiosi in ogni periodo dell’anno. Una vera ciocca di capelli del numero 10 più grande di sempre venne effettivamente raccolta dal titolare del bar Bruno Alcidi, ma quest’ultimo decise di custodirla gelosamente a casa sua, come rivelato dallo scrittore e sociologo napoletano Gianfranco Pecchinenda nel libro “Maradona – Sociologia di un mito globale”.
Tributes continue to pour in from all across the football world. ❤️ pic.twitter.com/EDw72HaDFE
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“Maradona è stato per il calcio ciò che Caravaggio è stato per l’arte: inarrivabile”, il commento del noto critico d’arte Vittorio Sgarbi sulla scomparsa del leggendario calciatore. Un paragone decisamente azzeccato, in quanto Caravaggio fu un’artista di straordinario talento ma al contempo un personaggio dal temperamento irrequieto e ribelle. Non molto diverso da Maradona, sempre schietto, diretto e senza peli sulla lingua, forse proprio per questo motivo isolato da molti. E proprio il 25 novembre, stesso giorno in cui morirono anche il fuoriclasse nordirlandese del Manchester United George Best (2005) e il politico e rivoluzionario cubano Fidel Castro (2016), tra l’altro molto amico di Maradona, ci lascia il più iconico calciatore di tutti i tempi.
A Napoli, il sindaco Luigi De Magistris ha annunciato il lutto cittadino (Maradona divenne cittadino onorario della “sua” Napoli nel 2017) e l’intenzione di intitolare lo stadio San Paolo al campione argentino, manifestata anche dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, e i tifosi lo hanno ricordato con una processione fino ai murales a lui dedicati presso i Quartieri Spagnoli, mentre in Argentina i giorni di lutto saranno tre e in Serie A verrà osservato un minuto di silenzio su tutti i campi. Il Napoli, dal canto suo, ricorderà il suo mito eterno in occasione della gara di Europa League contro i croati del Rijeka, in programma questa sera alle 21.
Eterno #D10s. Ciao Diego. ♥️ #SerieATIM #WeAreCalcio #Maradona pic.twitter.com/mrZjChP6Qm
— Lega Serie A (@SerieA) November 25, 2020
Ieri i tifosi del Napoli si sono recati allo San Paolo per esporre uno striscione in onore di Maradona e salutarlo per l’ultima volta, mentre le sue ex squadre (Argentinos Juniors, Boca Juniors, Barcellona, Napoli, Siviglia, Newell’s Old Boys e Argentina) e le tante rivali, molte delle quali incontrate nel corso della carriera (Italia, Inghilterra, Spagna, Juventus, Milan, Real Madrid, Manchester United, Liverpool, Chelsea, Arsenal, Manchester City, Tottenham, Paris Saint-Germain) e numerosi calciatori, in attività e non, hanno pubblicato un messaggio di cordoglio.
Tra questi, Pelé, Cristiano Ronaldo, Messi, Ronaldinho, Gullit, Ancelotti, Ibrahimović, Ronaldo, Beckham, Del Piero, Totti, Pirlo, Maldini, Buffon, Terry, Drogba, Gerrard, Kaká, Shevchenko, Seedorf, Mbappé, Neymar, Xavi, Lineker, Mertens, Hamšík, Lavezzi, Toni, Gilardino, Higuita e tanti, tantissimi altri. Una lista infinita (a farne parte anche campioni di altri sport, come gli ex cestisti Steve Nash, Magic Johnson, Alex English, a Napoli nel 1991-1992, e l’argentino Manu Ginobili, il tennista Rafa Nadal, il motociclista Valentino Rossi e personalità del calibro di Papa Francesco, suo connazionale), come infinito è il patrimonio lasciato da Diego Armando Maradona a tutti gli amanti dell’aspetto più passionale del calcio, quello che fa innamorare perdutamente di questo gioco.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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