CATANIA (dal nostro inviato) – È il 23 marzo 2014. Il Catania ospita la Juventus campione d’Italia e, ancora una volta, in testa al campionato di Serie A. Il Massimino si veste a festa come per le grandi occasioni. È gremito in ogni angolo di posto. E, quando Pirlo calcia una punizione, si lascia intravedere qualche flash anche in Curva Nord, sede della frangia più accesa del tifo rossazzurro. A fare a sportellate con Bergessio c’è Chiellini. Nel match d’andata, un intervento da tergo del centrale della Nazionale ha causato la frattura del perone e due mesi ai box all’argentino. Bergessio è un combattente mansueto. Perdonateci la licenza poetica per definire un attaccante generoso, che in campo non si risparmia mai, ma sempre all’insegna della correttezza. Quella sera, il nervosismo per l’ultima posizione in classifica degli etnei, unito alla voglia di rivalsa nei confronti del difensore toscano, lo portano a toccare l’eccesso: cartellino rosso e Catania in inferiorità numerica. A punire i siciliani, è Carlos Tevez. Il fuoriclasse argentino riesce a sgattaiolare al trio composto da Gyomber, Rolin e Bellusci, trovando il punto del definitivo 1-0.
Due anni dopo, di quello stadio pieno, con i riflettori puntati su alcuni dei giocatori più importanti del nostro campionato, non c’è nemmeno l’ombra. È il 24 marzo 2016 e il Catania affronta il Messina. La sfida con i giallorossi – che tre anni fa militavano tra i dilettanti – non è mai stata sentita come quella col Palermo. Ma si tratta pur sempre di un derby. E, come tale, ha sempre raccolto l’interesse dei tifosi etnei.
Pensiamo all’ultimo scontro tra le due compagini, in Serie A. Era il 23 settembre 2006 quando Catania e Messina regalavano un pirotecnico 2-2 agli oltre ventimila tifosi accorsi allo stadio. Tuttavia, anche in categorie inferiori, la gara aveva registrato record di pubblico: come nella finale di andata dei play-off di Serie C1 2000-2001, quando lo scontro tra etnei e peloritani finì 1-1 – i giallorossi, poi, riuscirono a conquistare la Serie B nel match di ritorno tra le mura amiche. O ancora, il 25 aprile 1999, alla 31^ giornata del campionato di Serie C2, quando i padroni di casa chiusero virtualmente la pratica promozione, superando i rivali grazie a un’incornata di Roberto Manca allo scadere che fece urlare di gioia l’intero impianto calcistico.
Su tutto un altro scenario, si è giocato il derby giovedì scorso. Stadio semivuoto, con i tifosi ospiti fuori dai giochi per colpa di restrizioni che, ormai, hanno ridotto il calcio a uno spettro di se stesso. Gran parte dei supporter locali, invece, per una legittima – ma non per questo condivisibile – decisione, hanno deciso di disertare lo stadio per mandare un chiaro segnale a una società che, in appena due stagioni, ha dilapidato quanto di buono costruito nei primi dieci anni.
Two years ago #Catania v. #Juventus.
Today #CataniaMessina #findthedifferences #legapro pic.twitter.com/SxTGgugfvV
— Andrea Motta (@neoandrea) March 24, 2016
Gran parte degli spettatori rimanenti, invece di supportare una squadra in crisi d’identità e di risultati, ha preferito fischiare dal primo all’ultimo minuto. Anche in questo caso, si tratta di scelte. Da un lato, bisogna considerare il punto di vista del tifoso etneo: si sente quasi preso a pesci in faccia, da una società che l’anno scorso aveva promesso un immediato ritorno in Serie A – con un notevole riscontro in fase di campagna abbonamenti – e ha ottenuto, in cambio, una retrocessione in Lega Pro. E, come se non bastasse, la squadra allenata da Francesco Moriero, a sei giornate dal termine, appare ancora spaventata e priva di un suo carattere. E, le possibilità di essere coinvolti nella retrocessione tra i dilettanti, sono più che mai concrete.
Se il gioco latita, un barlume di speranza potrebbe essere dato dalla coesione del gruppo. Dopo la magia di Andrea Russotto, che ha messo dentro il gol dei tre punti contro il Messina, tutta la squadra si è lasciata andare a un abbraccio liberatorio. Sinonimo di unità di intenti e compattezza. E, a proposito di Russotto, proprio l’ex fantasista del Napoli potrebbe essere l’arma in più dei rossazzurri, con i suoi lampi di classe, finora mostrati a intermittenza.
L’esultanza dei giocatori del #Catania dopo il 2-1 di #Russotto. #cataniamessina #legapro https://t.co/Y8yHlkiS3i
— Andrea Motta (@neoandrea) March 24, 2016
Tuttavia, un singolo che predica nel buio, non può risollevare la situazione con le sue sole forze. L’obiettivo di Moriero – rincorso invano, ancor prima, da Pippo Pancaro – è puntare su un gioco fluido sulle fasce. Risultati che, a un mese dalla sua nomina, stentano a vedersi: sulla corsia di sinistra Leonardo Nunzella sembra essersi trasformato, da motorino instancabile le cui avanzate intelligenti mettevano in costante pericolo le difese avversarie, in uno sgangherato terzino che, quanto prima, si libera della palla rinviandola a casaccio. Desiderio Garufo, dal canto suo, sulla fascia opposta, stenta a spingere e fatica a difendere, come dimostra il momentaneo pareggio concesso a Gustavo, talento brasiliano, lasciato libero di insaccare in rete.
Moriero, per lo meno, ha un grattacapo in meno rispetto al suo predecessore: nel girone d’andata, tra i pali, si erano alternati Luca Liverani ed Elia Bastianoni. Dopo qualche prestazione balbettante, il secondo è stato relegato in panchina, con l’ex numero uno del Barletta che sta meritando il posto da titolare, garantendo sicurezza al reparto arretrato composto dal duo Bastrini–Bergamelli.
Zoppica un la fase di interdizione, come in calando sembra Calil: l’ex attaccante della Salernitana, è il miglior marcatore della squadra con 11 reti e, anche col Messina, ha fornito il suo contributo, conquistando e trasformando il rigore del momentaneo 1-0. Un po’ come Bergessio, il brasiliano si inserisce spesso tra le linee e torna spesso sulla linea di centrocampo per aiutare i compagni in fase di manovra, mostrando uno spirito di sacrificio fuori dal comune.
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— Andrea Motta (@neoandrea) March 24, 2016
Il Catania, però, per uscire dalla zona calda, ha bisogno di trovare il gol e affacciarsi dalle parti del portiere avversario con maggior costanza. Ecco, qui, che l’apporto di Arturo Lupoli potrebbe fornire qualche risultato: l’ex attaccante dell’Arsenal, fin qui oggetto misterioso della campagna invernale operata da Pitino e Ferrigno, a parte l’acuto poi risultato inutile con l’Akragas, non ha lasciato il segno. Chissà che il suo apporto, accompagnato dalla sua freschezza – in stagione, tra etnei e Pisa ha giocato solo 17 gare – non possa essere l’arma in più per una squadra che, dopo 28 giornate ha dimostrato chiari limiti.
Limiti a cui, la sola grinta di Moriero – che, per temperamento, ricorda un po’ Beppe Sannino – non può porre rimedio. C’è bisogno di un gruppo provvisto della lucidità e serenità necessarie per affrontare la bagarre salvezza, e di una tifoseria pronta a sostenere e incitare la squadra nell’arco dei novanta minuti. Mettendo da parte, almeno per le ultime giornate le acredini nei confronti di una dirigenza che, dati alla mano, negli ultimi due anni, ha causato solo momenti di delusione a chi ama la squadra dell’Elefante. Insomma, uno sforzo da fare esclusivamente per il bene dei colori rossazzurri.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.