LONDRA (dal nostro corrispondente) – Tanti gol, ma non solo. Ieri sera, a White Hart Lane, l’esemplificazione di due visioni del calcio diverse a confronto.
Da un lato, il Monaco del patron Dmitrij Rybolovlev che, a suon di rubli, è riuscito in pochi anni a far rialzare la squadra dal baratro della seconda divisione e a riportarla alla fissa dimora in Europa.
E dall’altra, il Tottenham che, tra Champions ed Europa League, si misura a livello continentale da ormai sei anni consecutivi. Senza mai arrivare fino in fondo, ma sempre esprimendo un buon calcio e mettendo in vetrina nuovi talenti. I soldi, per carità, ci sono anche a North London: il patron è il 78 enne Joe Lewis che, con i suoi 4,2 milioni di dollari, è il nono uomo più ricco del Regno Unito. Tuttavia, modi e criteri di investimento sono diversi.
Il Monaco, dopo aver esonerato Claudio Ranieri con troppa fretta (una promozione in Ligue 1, seguita da un secondo posto in massima divisione non sono stati sufficienti a garantirgli la permanenza al Principato) si è affidato a Leonardo Jardim. Un tecnico di provincia, formatosi in Portogallo e con una breve parentesi all’Olympiacos. Ma con Jardim, le distanze con il PSG, anziché assottigliarsi si sono allungate. E quest’anno, il calo, pare evidente: all’eliminazione ai preliminari di Champions, adesso, si affianca quella in Europa League. Senza dimenticare il mesto quarto posto in campionato (a meno 17 punti dai rivali parigini), una difesa scolapasta, reparti scollati e un gioco inesistente. Così, come il carisma del suo tecnico, che ieri sera è sembrato aver perso il polso della situazione.
Il Tottenham, invece, anche se solo quinto in campionato, ha una grande attenuante (che, a dir la verità, è un grande pregio): è la squadra con l’età media più bassa in Premier League. E poi, gioca un calcio delizioso. Chi l’avrebbe mai detto che Mauricio Pochettino, terzino rozzo e non sempre preciso dell’Argentina di Bielsa – una delle peggiori che si ricordino – avrebbe permesso alle sue squadre di esprimere un calcio così effervescente e votato all’attacco? Il tecnico nativo di Murphy aveva già dato sfoggio non solo del suo carisma, ma anche delle sue competenze tecnico-tattiche nelle precedenti esperienze all’Espanyol e al Southampton. Ma al Tottenham, sta raggiungendo la sua maturità. Anche dimostrando di aver imparato dagli errori – su tutti la cattiva gestione delle forze la scorsa stagione quando, tra febbraio e marzo, gli Spurs furono eliminati dall’Europa League, persero la finale di Coppa di Lega con il Chelsea, insieme a linfa e terreno in campionato.
Insomma, mettere insieme pezzetti a caso, come in una sorta di mosaico astratto, nel calcio non porta risultati. Dei buoni solisti, come Moutinho ed El Shaarawy non possono risolvere le gare da soli. Nel Tottenham, invece, al primo posto c’è il collettivo. Ieri sera, per esempio, Lamela si è limitato a metterla dentro. Vere fucine del gioco degli Spurs sono stati due giocatori che, ai più, passerebbero inosservati: Clinton N’Jie ed Eric Dier, due furetti sulle corsie laterali. Senza dimenticare il coreano Son che, nonostante tutto, è riuscito nell’impresa di non far rimpiangere il bomber Kane, che Pochettino ha preferito far rifiatare in vista della prossima gara di Premier.
Se il Monaco vuole iniziare a trarre i frutti delle proprie spese, un modello da seguire potrebbe essere proprio quello del Tottenham. Un club che diverte, che propone calcio, idee ed è in grado di scovare giovani di talento e lanciarli senza paura nel calcio che conta.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.