La notizia che rimbalza in tutta la rete: il Pro Piacenza si presenta a Cuneo con 7 ragazzini nati tra il 2000 e il 2002 e perde 20-0. La domanda è solo una: “Perché?”. Perché buttare al macello 7 ragazzini appena tesserati? Nel nome di cosa? Per salvare cosa, vista la situazione societaria? Cerchiamo di fare ordine e di spiegare in breve come si è arrivati a questo pomeriggio di ordinaria follia.
Una società piccola ma solida. Modesta ma con in mente l’obiettivo di un calcio sostenibile. Poi in estate passa in mano a Maurizio Pannella, presidente della Seleco (in concordato fallimentare). La stagione parte comunque bene, con Giannichedda in panchina. Poi, dopo le prime partite, iniziano i problemi: contrasti con il Piacenza (per la concessione del campo); cambi in dirigenza; stipendi non pagati. Tante parole e pochi fatti. La società viene messa in mora e i giocatori vanno via senza aver percepito un soldo.
Ma non è finita qui. Si dimettono tutti i dirigenti e l’intero staff medico, Pennella non mantiene le promesse e rimane solo, con una squadra vuota e senza più senso di esistere. Comincia dunque il mese di dicembre e contestualmente i 3-0 a tavolino. A gennaio poi, la federazione avvia il classico iter per situazioni del genere: l’obiettivo è revocare l’affiliazione a Pro Piacenza e Matera, altra squadra in una situazione simile. Ma le procedure sono lunghe e la speranza è che siano le stesse società a rinunciare. Avviene esattamente questo per il Matera, che arrivando a quota 4 partite perse a tavolino, viene automaticamente radiata. Lo stesso però non accade per la squadra di Pennella.
Il Pro Piacenza è a quota 3 ritiri in campionato e si appresta alla trasferta di Cuneo. Vengono raccattati (letteralmente) 7 ragazzini: due classi ’00, quattro del ’01 e uno del ’02. Età media 17 anni, tra loro c’è chi va ancora al terzo superiore. In un calcio normale questi 7 ragazzi avrebbero dovuto giocare una partita per gli “Under” di qualche squadra professionistica (o dilettantistica) contro i loro coetanei. E invece vengono mandati al macello per una partita di calcio professionistico.
Arrivano allo stadio Peschiero alle 14, si riscaldano a testa bassa sotto gli occhi degli spettatori increduli e sono perfettamente consapevoli di cosa sta per consumarsi sotto quel sole di febbraio. Uno di loro si dimentica il documento d’identità: il magazziniere è costretto dunque all’esordio nella terza serie nazionale. Dopo 45 minuti di attesa e incertezza inizia la partita della vergogna.
La notizia di questo paradossale pomeriggio viaggia di social in social. Il risultato si aggiorna di minuto in minuto e il primo tempo finisce 16-0 per il Cuneo, con i suoi tifosi che all’intervallo cercano di incoraggiare quei 7 giovani che lasciano il terreno con il volto cupo. Al 70′ entra un altro giocatore il Pro Piacenza (il ragazzo del documento o un altro raccattato?), mentre il magazziniere non ne ha più e torna in panchina. Nel frattempo il Cuneo cerca di non infierire e passeggia. La partita finisce 20-0 e tutta Italia non crede a quanto accaduto.
7 ragazzini contro una squadra di 11 professionisti . 7 ragazzini mandati al macello. Per molti quel campo è la realizzazione dei sogni da bambino. Per questi sette, invece, si è consumata un’umiliazione senza precedenti, che non dimenticheranno mai. In nome di cosa, poi? Per una società già morta? Per una stagione già ai titoli di coda? Che questo pomeriggio non venga mai dimenticato anche da addetti ai lavori e federazione. Uno spettacolo del genere dovrebbe essere inammissibile in un campionato professionistico. E invece tra ritiri e improbabili partite, si ripete di anno in anno senza margini di miglioramento.
Francesco Mascali
(Crediti per la foto: SportLegnano.it)
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