“Il compito più difficile nella vita è quello di cambiare sé stessi”, sosteneva Nelson Mandela, figura chiave nella lotta all’apartheid nonché primo presidente nero del Sudafrica. Lo sa bene Julius Randle, che quest’anno si è trovato a fare i conti con un grande cambiamento. Dopo cinque anni ai New York Knicks, infatti, il classe ‘94 è approdato ai Minnesota Timberwolves nell’ambito della trade che ha portato Karl-Anthony Towns a compiere il percorso inverso.
Lo scambio ha fatto molto discutere, con numerosi appassionati NBA e addetti ai lavori che hanno criticato la decisione dei Timberwolves, reduci da un’ottima stagione. Un’annata storica per i Lupi, capaci di piazzarsi al terzo posto a Ovest, con appena una vittoria in meno della coppia di testa Thunder-Nuggets, e approdare alle Finali di Conference per la prima volta dal 2004. Un traguardo propiziato anche e soprattutto dalle ottime prestazioni di Towns, tra i principali protagonisti dei T’Wolves al fianco di Anthony Edwards e Rudy Gobert.
La trade, dunque, pareva sbilanciata e non poco. Non che Randle non avesse dalla sua un buon biglietto da visita. Vincitore del premio di Most Improved Player nel 2021 e nominato tre volte All-Star (2021, 2023, 2024) nel corso del suo quinquennio nella Grande Mela, l’ex Lakers era ritenuto non all’altezza per ricoprire il ruolo di spalla di Edwards. In molti non hanno mancato anche di sottolineare le sue tante prestazioni sottotono ai playoff.
Rispetto ai 22.6 punti, 9.9 rimbalzi e 4.7 assist col 45% dal campo, il 34% da dietro l’arco e il 77% ai liberi in 330 partite di regular season, infatti, ai playoff ha fatto decisamente più fatica, non andando oltre medie di 17.1 punti, 9.4 rimbalzi e 3.4 assist col 34% al tiro, il 28% da tre e il 76% dalla lunetta in 15 gare. Nelle tre partecipazioni ai playoff con Randle, inoltre, New York non è mai andata oltre il secondo turno.
Duello tra Julius Randle e Karl-Anthony Towns: i due sono stati protagonisti di una trade a sorpresa tra Knicks e Timberwolves. (Fonte: Canis Hoopus).
Ciò non ha fatto altro che alimentare le critiche nei confronti del giocatore, soprattutto per via di uno stile di gioco ritenuto a tratti poco funzionale alla squadra e confusionario. Un aspetto che non può certo cancellare l’ottimo contributo offerto, da primo violino, nel 2020-2021, anno del ritorno dei Knicks ai playoff dopo otto anni di assenza. Per lui medie di 24.1 punti, 10.2 rimbalzi e 6 assist col 46% dal campo, il 41% dalla lunga distanza e l’81% ai tiri liberi, convocazione all’All-Star Game per la prima volta in carriera e vittoria del premio di Giocatore più migliorato.
Nel 2020-2021, Randle raggiunge la definitiva consacrazione dopo l’apprendistato ai Los Angeles Lakers per quattro anni, di cui due con Kobe Bryant, e gli enormi passi in avanti compiuti nella sua unica stagione ai New Orleans Pelicans (2018-2019). Approdato a Minneapolis tra lo scetticismo generale, il nativo di Dallas inizialmente ha qualche difficoltà nell’adattarsi al nuovo contesto. Non si può dire lo stesso di Karl-Anthony Towns, che a New York fa sin da subito faville (sei partite da almeno 30 punti e due “quarantelli nelle sue prime sedici partite nella Grande Mela).
Il 17 novembre, Randle risulta decisivo nel successo contro i Phoenix Suns. Sua, infatti, la tripla decisiva che regala ai T’Wolves la vittoria per 120-117 sulla sirena e corona nel migliore dei modi una prova da 35 punti, 4 rimbalzi e 7 assist con 11/20 al tiro. Tutto lascia pensare che possa essere finalmente giunta la svolta nel percorso di adattamento alla nuova realtà, ma nelle settimane successive subentrano nuove difficoltà. Minnie non ingrana (14-15 nelle 29 partite seguenti) e a fine febbraio ha un record di 32-29.
Dalla Finale di Conference disputata meno di un anno prima, dunque, gli uomini di Chris Finch rischiano di non partecipare nemmeno ai playoff o di dover affrontare l’arduo scoglio del play-in. La tanto agognata svolta, sia per Randle che per i Timberwolves, però, arriva proprio nel momento più complicato. Poco meno di quattro mesi dopo la sopracitata vittoria di misura coi Suns, proprio un successo con Phoenix, stavolta in trasferta e più netto (116-98), dà il via a una striscia di otto vittorie consecutive.
Un filotto con cui i Lupi rilanciano prepotentemente le proprie ambizioni. Le sconfitte con Pacers e Pistons rappresentano soltanto incidenti di percorso. Minnesota che riesce a vincere nove delle ultime tredici partite stagionali e si piazza al sesto posto (49-33), l’ultimo per accedere direttamente ai playoff. A dare il via alla “rinascita” dei Timberwolves è la vittoria coi Suns di inizio marzo (17-4 il record dei Lupi per chiudere la stagione nel migliore dei modi). Non può essere un caso che quella gara coincida anche col ritorno in campo di Julius Randle, out poco più di un mese a causa di un infortunio all’inguine.
L’ala segna almeno 20 punti in dieci delle ventuno partite disputate dal suo rientro. Inoltre, torna a far registrare almeno 30 punti per la prima volta da novembre: per lui 31 punti contro i Grizzlies ad aprile. Le sue percentuali migliorano sensibilmente (52% al tiro, 40% da tre e 79% ai liberi post infortunio) e, soprattutto, scelte e letture del numero 30 risultano molto più funzionali al gioco dei Timberwolves. Ritrovate tante certezze che sembravano ormai smarrite, Randle arriva ai playoff nella miglior condizione possibile, sia mentale che fisica.
Julius Randle esulta nel corso della serie vinta 4-1 contro i Los Angeles Lakers, sua ex squadra. (Fonte: Minnesota Timberwolves).
Al primo turno, Minnesota affronta i Los Angeles Lakers, rilanciati dall’arrivo di Luka Dončić e considerati favoriti per il passaggio del turno, anche in virtù del vantaggio del fattore campo. Un pronostico che Edwards e compagni impiegano ben poco tempo a sovvertire, eliminando i gialloviola in appena cinque gare. Il 4-1 finale porta anche e soprattutto la firma di Randle, capace di fare la differenza in tanti modi diversi. Il prodotto di Kentucky chiude la serie contro la sua ex squadra con medie di 22.6 punti, 5.2 rimbalzi e 4.4 assist col 48% dal campo e il 39% da tre.
Nel corso della serie contro i Golden State Warriors, Randle si rende autore di una tripla doppia da 24 punti, 10 rimbalzi, 12 assist e 3 palle rubate nella gara-3 vinta 102-97, diventando il secondo giocatore nella storia dei Timberwolves a far registrare una tripla doppia ai playoff dopo Kevin Garnett. Il 30enne si ripete in gara-4 (top scorer dei suoi con 31 punti nella vittoria per 117-110), permettendo ai T’Wolves di portarsi sul 3-1 e ipotecare la serie.
Nella decisiva gara-5, vinta 121-110, Randle mette poi la ciliegina sulla torta con 29 punti, 8 rimbalzi e 5 assist col 72% al tiro (13/18). Minnesota miete così un’altra vittima illustre e stacca il pass per le Finali di Conference per il secondo anno di fila. Per centrare le loro prime NBA Finals di sempre, i Timberwolves dovranno superare la prima forza della Western Conference e della lega, ossia gli Oklahoma City Thunder.
Anche Shai Gilgeous-Alexander e compagni vanno a caccia del loro primo titolo, ma Minnesota ha già dimostrato di essere ampiamente in grado di superare anche gli ostacoli apparentemente insormontabili. Con un Randle finalmente a suo agio e in grande spolvero al fianco di giocatori del calibro di Anthony Edwards, Naz Reid, Jaden McDaniels e i veterani Rudy Gobert e Mike Conley, i Lupi hanno tutte le carte in regola per tenere vivo il proprio sogno.
Fonte foto in evidenza: Al Jazeera
Dennis Izzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
“Se c’è un libro che vuoi leggere, ma non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo.”