Ogni sport ha una o più leggende che sono e saranno per sempre destinate a rimanere nell’Olimpo dei più grandi di ogni epoca: fra gli altri, il calcio ha Pelè e Maradona, il basket contempla Michael Jordan, il pugilato vanta Muhammad Alì, l’automobilismo annovera Michael Schumacher e Ayrton Senna, il motociclismo può contare su Giacomo Agostini e Valentino Rossi e, nel motocross, non esiste una stella più brillante di Antonio Cairoli che, in occasione di una conferenza stampa con tutti gli onori del caso fortemente voluta da KTM, ha annunciato il proprio ritiro, al termine di una lunga carriera costellata da grandi successi:
“È stata una decisione difficile da prendere, perché come sapete sono ancora competitivo per il titolo iridato, ma non voglio concludere la mia carriera lottando per la decima posizione. Preferisco chiudere la mia storia agonistica lasciando un bel ricordo e terminando la carriera al top”.
9 titoli mondiali, 93 vittorie e 177 podi sono statistiche di per sé impressionanti ma che non sono sufficienti a raccontare l’impatto del siciliano su uno sport che, per tanti anni, è stato di nicchia ma che, grazie alle sue imprese, ha riuscito ad acquisire un’appetibilità mediatica sconosciuta fino a pochi anni fa, con gli sponsor che si sono riversati per ricoprire di denaro i piloti della disciplina e le più grandi reti televisive internazionali che si sono impegnate per accaparrarsi i diritti televisivi delle gare del Mondiale Motocross.
E pensare che, a 19 anni, il pilota di Patti stava per appendere il “casco al chiodo” prima ancora di approdare sui più grandi palcoscenici che il motocross possa offrire. Dopo anni di gavetta nelle categorie giovanili e nelle categorie minori, l’assenza di una vera chance per correre il mondiale (al di là di qualche sparuta wild-card) aveva sfiduciato Cairoli fino all’inaspettata chiamata, nel 2004, del team guidato da Claudio De Carli il quale, per primo, aveva creduto nel suo talento e, da privato, gli mette a disposizione una Yamaha 250 competitiva a sufficienza per confrontarsi alla pari con i piloti ufficiali della categoria. Il primo anno si chiude con un terzo posto iridato ma è nel 2005 che Tony Cairoli compie il primo exploit della propria carriera e si laurea Campione del Mondo nella classe MX2.
In questa categoria, Cairoli incontra i propri primi grandi rivali: il connazionale (di origine belga) David Philippaerts e il francese Christophe Pourcel il quale, toglie al siciliano la soddisfazione del secondo titolo mondiale consecutivo, salvo poi rifarsi nel 2007 quando vince il secondo titolo MX2 della carriera, relegando il pilota d’Oltralpe al terzo posto.
Nel 2008, un brutto infortunio impedisce a Cairoli di difendere l’alloro iridato mentre Philippaerts vince e convince nella classe regina, la MX1, diventando il secondo pilota italiano a vincere il titolo nella più importante categoria del Mondiale Motocross (dopo Andrea Bartolini nel 1999). Questa, però, resterà l’unica gioia dell’italo-belga poiché, dall’anno successivo, Antonio Cairoli approda in MX1 e, pur potendo contare solo su una Yamaha privata (sempre messa a punto dal Team De Carli), a differenza dell’ufficiale guidata da Philippaerts, si aggiudica il primo iride mondiale nella classe regina.
Il 2010, poi, è l’anno della svolta. Il Team De Carli diventa la struttura di riferimento ufficiale per KTM e Antonio Cairoli può contare sulla nuova SX-F 350 che, pur essendo di cilindrata ridotta rispetto alle 450cc messe in pista della concorrenza, permette all’italiano di dominare il mondiale con un notevole distacco sul secondo classificato, il belga Clement Desalle.
Il copione si ripete anche negli anni successivi: nonostante il susseguirsi di numerosi piloti dotati di notevole talento, tra cui il sopraccitato Desalle, Maximilian Nagl, Steven Frossard e Ken De Dycker (successivamente emigrato nell’AMA, dove ha raccolto notevoli success), il dominio di Cairoli non è mai stato messo in discussione e, fino al 2014, mette insieme un filotto di ben sei titoli mondiali consecutivi, un record assoluto nella categoria, superando il primato di un’altra leggenda della disciplina, il belga Stefan Everts (tra l’altro, suo team manager in KTM) che ha, sì, raccolto un totale di dieci titoli mondiali ma che, consecutivamente, non era mai andato oltre i quattro tra il 2003 e il 2006.
Nel 2015, il re perde la propria corona ad appannaggio del francese Romain Febvre. Infatti, nonostante la nuova KTM SX-F 450, un grave infortunio gli fa saltare gran parte della stagione agonistica e, nel 2016, i postumi saranno ancora tali da impedirgli di giocarsi il Mondiale fino alla fine, vinto stavolta dallo sloveno Tim Gajser.
Ripresosi definitivamente da un brutto biennio, Cairoli porta a casa il nono titolo mondiale nel 2017, il primo con la 450 austriaca di Mattighoffen, regolando i propri rivali che, però, gli soffieranno i successivi campionati, ovverosia Gajser e, soprattutto, il principale avversario degli ultimi anni, il compagno di squadra Jeffrey Herlings che, dopo aver fatto incetta di titoli in MX2, si laurea campione MXGP (dicitura che, nel frattempo, ha sostituito l’MX1) nel 2018. Con quest’ultimo, nonostante i due condividano lo stesso box, non è mai corso buon sangue perché, pur ammettendo il talento sullo sterrato dell’olandese, Cairoli non ha mai fatto mistero di non apprezzare il desiderio morboso di fama e vanagloria dell’altro alfiere KTM.
Il nativo di Patti, invece, nonostante le innumerevoli ha sempre cercato di mantenere i piedi ben saldati per terra e di non farsi colpire a tradimento dalle tentazioni dello star-system. Cairoli, infatti, ha più volte sottolineato di non correre per il denaro e che, al di là della casa in cui vive, non si è mai lasciato andare alla ricerca di lussi sfrenati salvo, in senso lato, la carbonara che è l’unico sfizio al quale non riesce a dire di no, in mezzo ai duri allenamenti cui si è sottoposto per rimanere ai vertici del motociclismo mondiale.
Insomma, nonostante la pioggia di trionfi, Antonio Cairoli è rimasto una persona umile e che non ha perso consapevolezza della realtà, il che è stato decisivo nel permettergli di prendere una decisione difficile ma che gli consentirà di lasciare il mondo delle competizioni sterrate a testa alta, lasciando a tutti il miglior ricordo possibile della sua figura, con il numero 222 sempre là davanti a giocarsi la vittoria con i migliori, piuttosto che portarla avanti in maniera inutilmente ostinata, arrancando per un misero piazzamento in zona punti (ogni riferimento ad altre categorie motociclistiche e ad un numero 46 è puramente casuale).
Christian Ferreri
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