Negli anni recenti, tanti campioni di una generazione di talenti incredibili hanno appeso gli scarpini al chiodo dopo gloriose carriere, soprattutto in Italia: dopo Luca Toni, Francesco Totti ed Andrea Pirlo, si ritira anche Alberto Gilardino, che ha deciso di salutare il calcio giocato per intraprendere la carriera da allenatore, dopo aver seguito il corso al Centro Tecnico Federale di Coverciano insieme ad altri ex giocatori, tra cui Thiago Motta, Andrea Pirlo, Paolo Cannavaro e Gabriel Omar Batistuta.
36 anni compiuti lo scorso 5 luglio, l’ex centravanti nativo di Biella era rimasto svincolato dopo una breve esperienza in Serie B con la maglia dello Spezia (6 reti in 16 presenze), ma non ha lasciato nulla al caso, conseguendo la licenza UEFA A e UEFA B per passare dal campo alla panchina. Dopo aver segnato 273 gol in carriera tra Serie A e Nazionale, dunque, Gilardino è pronto ad iniziare una nuova avventura, l’ideale per uno come lui, che si è sempre nutrito di sfide avvincenti.
Sin dal primo approccio col calcio professionistico, Gila dimostra un innato feeling col gol, rivelandosi uno dei più interessanti e promettenti centravanti del panorama calcistico italiano del nuovo millennio, tanto da esordire in Serie A ad appena 17 anni, nella stagione 1999-2000, con la maglia del Piacenza (17 presenze e 3 gol). Dopo un biennio all’Hellas Verona, Cesare Prandelli decide di puntare su di lui al Parma, permettendogli di esplodere definitivamente.
In terra ducale, infatti, dopo un anno di ambientamento alle spalle della coppia d’attacco Mutu-Adriano, Gilardino diventa stabilmente titolare e segna valanghe di gol (ben 51 in 88 presenze tra campionato e coppe), attirando l’interesse delle grandi. «Se Gilardino continuerà a lavorare con umiltà e serietà, potrebbe diventare il più importante centravanti italiano nei prossimi anni», commenta Cesare Prandelli dopo averlo portato in Emilia.
Il tecnico dei crociati ci aveva visto lungo: nel 2005, per Gilardino c’è la fila e il Parma è costretto a cederlo, in seguito al crack del Parmalat e al rischio retrocessione sventato solo grazie alla vittoria nel doppio confronto col Bologna nel derby valevole per lo spareggio salvezza: decisiva, ironia della sorte, proprio una rete del bomber piemontese, che fissa il punteggio sul 2-0 nella gara di ritorno in quel di Bologna. Nell’estate 2005, il Milan si aggiudica il suo cartellino, versando nelle casse del Parma ben 25 milioni di euro: con i rossoneri, Gilardino ha modo di confrontarsi con grandi campioni e di contribuire ai trionfi in Champions League, Supercoppa europea e Mondiale per club, andando a segno nella gara di ritorno della semifinale della Coppa dalle grandi orecchie vinta per 3-0 contro il Manchester United a San Siro.
Nel 2008 si trasferisce alla Fiorentina, dove ritrova il tecnico Cesare Prandelli, che gli cuce addosso il ruolo di terminale offensivo della squadra viola, con cui torna a giocare e a segnare con maggiore continuità, tanto da ricordare a più riprese il giovane talento che entusiasmava su tutti i campi d’Italia con la maglia del Parma. Dopo aver superato la doppia cifra in termini di reti anche con Bologna e Genoa, il violinista più famoso del mondo del calcio è uno dei primi a tentare l’esperienza in terra cinese, accasandosi al Guangzhou Evergrande guidato da Marcello Lippi, dove ritrova anche l’amico ed ex compagno di squadra al Bologna e in Nazionale Alessandro Diamanti.
Tornato in Italia, nuovamente alla Fiorentina, Gilardino vive un’annata 2015-2016 piuttosto positiva con la maglia del Palermo, contribuendo in maniera determinante alla salvezza dei rosanero con 10 reti – tra cui quella decisiva nello scontro diretto col Frosinone – in 33 presenze, per poi vivere un anno decisamente buio con Empoli prima e Pescara poi. Non solo squadre di club, però, poiché Gilardino è stato anche un prezioso pilastro della Nazionale campione del mondo, partecipando al Mondiale 2006 in Germania e contribuendo al successo dell’Italia con un gol nella fase a gironi con gli Stati Uniti e un assist per Del Piero in semifinale contro i padroni di casa della Germania. Con gli azzurri ha anche vinto l’Europeo Under-21 nel 2004, sempre in Germania, risultando capocannoniere della manifestazione con 4 reti, e un bronzo olimpico ad Atene nello stesso anno.
Oltre a ciò, con 188 reti messe a segno, Gilardino è al nono posto nella classifica dei migliori marcatori nella storia della Serie A, a pari merito con Beppe Signori ed Alex Del Piero e più di autentici goleador del calibro di Batistuta, Inzaghi, Toni, Crespo, Vieri, Di Vaio, Montella. Insomma, la sua è stata una carriera ricca di record e traguardi individuali e collettivi, ma anche e soprattutto di uno spirito di sacrificio e di lealtà che lo hanno portato a non mollare mai nei momenti negativi, a rialzarsi sempre dopo ogni caduta e ad essere benvoluto e stimato da tutti.
La sua esultanza, poi, è entrata sin da subito nei cuori dei tifosi e degli appassionati di calcio, con il violino che è divenuto un vero e proprio marchio di fabbrica del futuro allenatore, che lo ha suonato dopo ogni gol messo a segno, facendosi apprezzare anche per questa peculiarità. Probabilmente il suo valore calcistico lo avrebbe potuto portare ad avere altre esperienze degne di nota, ad esempio in un altro campionato europeo competitivo, e magari per quanto fatto in carriera avrebbe meritato di ritirarsi in un contesto e in una maniera diversi, ma non è da tutti mettere in bacheca trofei come la Champions League e il Mondiale, due vere ossessioni di tanti campioni che non hanno mai conquistato questi trofei (tra i tanti, spiccano Ibrahimović nel primo caso e Messi e Cristiano Ronaldo nel secondo), sfiorare i 200 gol in un campionato come la Serie A e lasciare il segno praticamente ovunque.
Quando si ritira un’icona del mondo del calcio è sempre dura accettarlo, anche e soprattutto quando si tratta di un giocatore che ha segnato, in tutti i sensi, un’epoca. L’attesa è tutta per il debutto ufficiale da allenatore di Gilardino, che ora è alla ricerca di una squadra disposta a dargli fiducia per dimostrare le proprie doti. Di certo, anche in panchina il buon Gila saprà farsi apprezzare per il suo spessore umano e per la sua instancabile voglia di perfezionarsi e migliorare. E chissà se anche da allenatore suonerà il suo amato violino dopo ogni gol della sua squadra, magari di un centravanti come lui che proverà a ricalcarne le orme, ammesso che sia possibile farlo.
Dennis Izzo
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