Ci lascia oggi, 17 gennaio, Pietro Anastasi. Catanese di nascita, il suo talento ha illuminato i palcoscenici del calcio nostrano per più di un decennio, consacrandosi come uno degli attaccanti più forti dei mitici anni ’70. La sua carriera calcistica è strettamente legata a una maglia: quella bianconera della Juventus. Senza dimenticare l’azzurro, che prese il posto del bianco degli zebrati dopo ben 8 anni, per una parentesi nerazzurra comunque vincente; ma azzurro è anche lo splendido colore della Nazionale, di cui fu indiscusso protagonista.
Pietro nasce il 7 aprile del ’48 a Catania e in giovane età lascia la terra d’origine per approdare al Varese. Dopo poco, all’età di soli 20 anni, mette gli occhi su di lui la Juventus, che per 650 milioni di lire (una gran cifra per l’epoca) fece suo un talento cristallino, simbolo di quei meridionali che lasciavano a malincuore la terra natia per guadagnarsi da vivere nel freddo nord.
In quegli 8 anni in bianconero conquisterà ben 3 scudetti, diventando beniamino dei tifosi. Un rapporto idilliaco tra lui e la dirigenza bianconera, fino a quando si arrivò ai ferri corti e le pagine dei quotidiani dell’epoca si infiammarono per lo scambio più discusso: Anastasi in nerazzurro, Boninsegna alla Juventus. L’esperienza all’Inter non verrà certo ricordata come quella bianconera, ma con i colori del biscione riuscirà ad alzare una coppa Italia nel ’78. Con Ascoli e Lugano (bianconeri anch’essi) concluderà poi la sua carriera.
Il suo nome è indissolubilmente legato anche all’azzurro della Nazionale. Alla pari di Riva fu grande trascinatore nell’unico successo in campo continentale, alzando al cielo, nel 1968, la coppa del campionato Europeo.
Anastasi era già gravemente malato da fine 2018, quando gli venne diagnosticato un tumore. È morto vicino ai suoi cari a Varese, città in cui ha deciso di vivere gli ultimi anni della sua vita.
Francesco Mascali
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