Tra i personaggi più importanti e iconici della storia del calcio italiano e non solo figura indubbiamente Giovanni Trapattoni, che ha scritto innumerevoli capitoli di un romanzo infinito, facendosi apprezzare non soltanto per le sue gloriose vittorie da giocatore prima e allenatore poi, ma anche e soprattutto per il suo modo di essere.
Schietto e sincero con tutti, autorevole ma non autoritario, condottiero emotivo e battagliero che non si tira mai indietro di fronte alle difficoltà e che non ha paura di dire quello che pensa. Trapattoni è uno degli allenatori più vincenti e apprezzati della storia del calcio, avendo messo in bacheca 22 trofei in quasi 40 anni in panchina, contraddistinguendosi per una filosofia di gioco a dir poco convincente e efficace.
Il suo viaggio nel mondo del calcio, però, comincia da calciatore, con quattordici anni di carriera al Milan ricchi di trofei e di gloriosi traguardi: due Scudetti, due Coppe dei Campioni, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe e una Coppa Intercontinentale. Classe ‘39, Trapattoni è uno dei migliori giovani sul panorama calcistico italiano sul finire degli anni ‘50 e l’inizio dei ‘60 e brucia le tappe in men che non si dica (debutto in Serie A il 24 gennaio 1960 in una vittoria per 3-0 con la SPAL a Ferrara), diventando in brevissimo tempo un perno insostituibile dei rossoneri di Nereo Rocco.
Il suo sconfinato talento, però, non si limita soltanto al calcio giocato, com’è noto. Il Trap, infatti, si rivela un predestinato anche in panchina. Dopo qualche anno di gavetta al Milan, spicca definitivamente il volo anche da allenatore alla guida della Juventus di Giampiero Boniperti, con cui aveva giocato una partita in Nazionale, quella dell’esordio con l’Italia, una sconfitta per 2-1 contro l’Austria in amichevole il 10 dicembre 1960 al San Paolo di Napoli.
Il Trap vince la bellezza di 7 Scudetti in dieci anni con la Juventus, portando nella bacheca del club bianconero anche due Coppe UEFA, due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa europea, una Coppa dei Campioni – la prima nella storia della Vecchia Signora, ricordata anche e soprattutto per la tragedia dell’Heysel (“Questa ferita resterà sempre aperta”, rivelerà lo stesso Trapattoni) – e una Coppa Intercontinentale.
A Torino, il tecnico nativo di Cusano Milanino approda nel 1976, dopo due anni al Milan, ponendo sin da subito le basi quello che verrà ricordato come “decennio d’oro”: Trapattoni, infatti, è l’allenatore più vincente nella storia del club bianconero, che ha contribuito a far trionfare con continuità anche oltre i confini nazionali.
Dopo lo Scudetto vinto a Lecce nel 1986, l’allenatore milanese torna nella sua città, stavolta sulla sponda opposta del Naviglio, quella nerazzurra: in cinque anni, la sua Inter “tedesca” – guidata in campo dai vari Lothar Matthäus, Andreas Brehme e Jürgen Klinsmann – vince uno Scudetto e una Supercoppa italiana.
Il ritorno alla Juventus non è dei migliori, con la vittoria della Coppa UEFA nel 1992-1993, sì, ma anche la sensazione che il suo ciclo in bianconero sia finito: nel 1994, dopo appena tre anni, al suo posto arriva Marcello Lippi, ma il Trap non ci sta e sente di poter dire ancora la sua, con l’entusiasmo di un giovane alle prime armi e l’esperienza di un veterano che ne ha viste di tutti i colori ad accompagnarlo sempre.
Per lui si spalancano le porte dell’estero, con l’approdo sulla panchina del Bayern Monaco, con cui vince un campionato, una Coppa di Lega tedesca e una Coppa di Germania tra il 1994-1995 e il 1996-1998. Di mezzo l’esperienza di un anni alla guida del Cagliari (1995-1996), quindi il passaggio alla Fiorentina dell’artista Rui Costa e dell’implacabile goleador Batistuta, con cui sfiora uno storico Scudetto.
Due anni più tardi arriva un’altra significativa esperienza nella sua avventura a tappe, con il quadriennio sulla panchina della Nazionale italiana che inizia al termine degli Europei di Belgio e Olanda 2000. La squadra è ricca di talento, con i vari Totti, Del Piero, Vieri, Inzaghi, Buffon, Nesta, Cannavaro e Zambrotta che fanno ben sperare. Il cammino ai Mondiali del 2002, però, si conclude agli ottavi con i padroni di casa della Corea del Sud.
La partita passerà alla storia per l’arbitraggio a dir poco discutibile di Byron Moreno, ancora oggi accusato di aver falsato quella gara con un metro di giudizio decisamente severo nei confronti degli azzurri. Il Trap resta commissario tecnico anche per gli Europei disputatisi in Portogallo due anni più tardi, anche qui senza riuscire a lasciare il segno.
Dopo aver vinto un titolo nazionale col Benfica e col Salisburgo e aver guidato lo Stoccarda tra il 2004 e il 2008, Trapattoni torna sulla panchina di una Nazionale, stavolta quella dell’Irlanda, rilanciando le sorti di una squadra che negli anni precedenti aveva ottenuto ben poche soddisfazioni.
Con i biancoverdi, infatti, il Trap ferma due volte i campioni del mondo dell’Italia di Marcello Lippi nelle qualificazioni ai Mondiali 2010, mancando l’accesso alla competizione soltanto in seguito alla sconfitta con la Francia nello spareggio in virtù di un gol irregolare, per poi portare i Boys in Green agli Europei 2012, dopo ben 24 anni di assenza, e vincere la Nations Cup 2011 contro Irlanda del Nord, Scozia e Galles.
Una carriera da allenatore lunga 37 anni in 6 paesi e 5 campionati diversi, due esperienze alla guida di una Nazionale, allenatore più vincente nella storia di una delle squadre più vincenti di sempre, la Juventus, e della Coppa UEFA, oggi Europa League, con tre trionfi (quest’ultimo record lo condivide con Unai Emery), 1402 panchine in carriera (1310 tra Milan, Juventus, Inter, Bayern Monaco, Cagliari, Fiorentina, Benfica, Stoccarda e Salisburgo e 92 tra Italia e Irlanda) e 10 riconoscimenti individuali, tra cui l’inserimento nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2012, Trapattoni non è amato e rispettato da tutti soltanto per la sua bacheca stracolma di trofei e esperienze degne di nota, ma anche e soprattutto per il suo modo di essere genuino, puro e semplice.
Il suo atteggiamento in panchina è rimasto nell’immaginario collettivo grazie a modi di fare unici, col suo celebre fischio per richiamare l’attenzione dei giocatori e il suo coinvolgimento passionale in ogni gara dal primo all’ultimo minuto, mentre le sue storiche frasi hanno contribuito a renderlo una vera e propria icona non solo di calcio giocato e dei valori ad esso correlati, ma anche di divertimento, istinto e sentimento. Celebri, ad esempio, il suo durissimo sfogo in conferenza stampa al Bayern Monaco e quell’intervista alla guida dell’Irlanda in cui tradusse il proverbio “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco” in inglese.
Il Trap oggi compie 80 anni, ma è un eterno giovane, una persona dal cuore enorme e che continua a aggiornarsi e a ricercare continuamente stimoli e motivazioni. Basti pensare, in questo senso, che ha da poco aperto un profilo sia su Facebook che su Instagram con la collaborazione di suo nipote. Attraverso i suoi canali social, Trapattoni rievoca alcune delle immagini più importanti della sua carriera, dispensa consigli e frasi utili per i giovani e rappresenta un esempio di schiettezza e bontà d’animo che tanto manca in un mondo così crudo e spesso insidioso qual è quello dei social. Insomma, il buon Trap coltiva il cambiamento, ma al contempo non cambia mai. Auguri, mister!
Dennis Izzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
“Se c’è un libro che vuoi leggere, ma non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo.”