Dagli studi condotti dagli scienziati, tra qualche anno la nostra memoria digitale non sarà più salvata sugli hard disk, ma sul Dna di organismi viventi. Il nuovo progetto di ricerca “Dna-Fairylights” aggiorna il sistema di memorizzazione con l’utilizzo di nano-luci colorate utili alla lettura dei dati.
In un mondo sempre più digitalizzato, da qualche anno c’è al vaglio lo studio che utilizza il Dna di organismi viventi per il salvataggio dei nostri prodotti digitali, di qualunque formato e tipo.
La grande massa di bit prodotti da ognuno di noi ha la necessità di essere memorizzata. Farlo con gli hard disk dei pc, smartphone, tablet, implica l’incremento dell’inquinamento ambientale. La conseguenza diretta è la necessità di creare una società sempre più sostenibile per l’ambiente. Alcuni scienziati, ispirati dalla biotecnologia, hanno realizzato le prime cellule in grado di archiviare dati. Queste cellule fungono da memoria alla stregua di un hard disk, ma a impatto zero.
La memorizzazione avviene tramite la conversione del codice binario uno e zeri di un file digitale nelle quattro basi del Dna (Adenina, Guanina, Citosina e Timina). Combinandole strategicamente e tramite il processo di sintesi, cioè di reazione chimica degli elementi, si imprime il codice nel genoma.
D’altronde, il Dna ha proprio la funzione di contenere le informazioni genetiche degli esseri viventi. Immagazzinare libri, film, foto, potrebbe diventare una normale pratica nel prossimo futuro.
Per recuperare i dati, basta convertire le informazioni genetiche nel sistema binario.
A differenza di un normale hard disk di un terabyte, che pesa circa 150 grammi, la quantità di un grammo di Dna potrebbe contenere fino a 215 mila dati in più.
I ricercatori della Columbia University di New York, hanno utilizzato la tecnica di editing genetico “CRISPR” (acronimo di Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats) che consiste nel combinare le sequenze di Dna per poi assegnarle alle diverse lettere dell’alfabeto inglese. Inserendo la stringa nel Dna del batterio “Escherichia Coli”, sono riusciti a codificare un messaggio di 12 byte: “ciao mondo!”.
Un altro esperimento è stato fatto nel 2013 in Gran Bretagna dall’Istituto Europeo di Bioinformatica. Stavolta, sono riusciti a memorizzare dei sonetti di Shakespeare sul genoma umano.
Questa innovazione biotecnologica presenta numerosi vantaggi e pochi svantaggi. Tra i vantaggi possiamo inserire le caratteristiche principali: piccole dimensioni, grandi capacità di memorizzazione, memoria dati incancellabile, sostenibilità ambientale.
Tra gli svantaggi, costi elevati per sintetizzare la sequenza di Dna desiderata, attuale lentezza di lettura della sequenza di Dna, inabilità di rappresentazione rapida di scrittura e lettura.
“Dna-Fairylight” è il nuovo progetto di ricerca finanziato dall’Europa per 3 miliardi di euro.
L’obiettivo del progetto è quello di riuscire ad archiviare in modo più efficiente i dati tramite il Dna. Protagonisti di questa operazione sono le nano-luci colorate: queste, contrassegnando le sequenze di Dna, permettono una velocità superiore di scrittura, lettura e nuovi approcci di decodifica.
Secondo gli scienziati, decorando i tratti di Dna con nanoparticelle di diverso colore, si possono utilizzare le tecnologie ottiche che leggono la sequenza di informazioni più velocemente rispetto a quelle elettriche e, disperdendo anche meno calore, diventa più funzionale in senso energetico. Inoltre, le sequenze di Dna colorate saranno più facili sia da individuare, sia da modificare, ma anche da decodificare.
Infine, gli obiettivi futuri del progetto sono quelli di sviluppare nuove nanotecnologie per la codifica ottica, integrare nuovi algoritmi oltre quello binario “zero/uno”, interagire con dispositivi di lettura innovativi e sviluppare nuove risorse per le aziende.
L’Iit (Istituto Italiano di Tecnologia) sottolinea che l’archiviazione dei dati digitali tramite Dna è una tecnica innovativa che gli scienziati stanno studiando per avere, in futuro, alternative efficienti e a basso costo per l’archiviazione dei dati. (Fonte: AdnKronos).
Il progetto è coordinato dal Principal Investigator Roman Krahne e dal Senior Researcher Denis Garoli del gruppo di Optoelettronica dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova e coinvolge un team interdisciplinare di ricercatori e ricercatrici di alto livello provenienti da Italia, Spagna, Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito.
Gabriella Agosta
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