Viaggiare, il 7 Marzo 2020. Da due settimane (o poco più) notizie dalla veridicità discutibile si rincorrono sull’unico argomento attuale, il Corona-virus. Le nostre vite sono destinate a cambiare inesorabilmente, e su questo siamo tutti d’accordo. Ma cosa succederà? Lo stiamo vedendo già ora che le misure per, quantomeno, rallentare il contagio diventano sempre più restrittive.
Tante e gravi le conseguenze che avrà sull’economia, iniziando dal settore del turismo. Compagnie aeree che cancellano voli da e per l’Italia, passeggeri che pur vedendosi confermata la propria prenotazione, decidono di non salire su quel velivolo che li avrebbe portati nel luogo scelto per un pò di relax in famiglia. Il risultato? Boeing semi-vuoti e soprattutto… posti al finestrino GRATIS per tutti!
Ma in questo clima di agitazione condivisa, i legami affettivi giocano un ruolo importante. Quelli ti spingono a raggiungere un posto, transitando dall’aeroporto situato proprio nella “zona rossa”. Come una volta, che ci si guardava aldilà di un muro, oggi, siamo costretti aldilà di un aereo, di una casa, della nostra casa. Ma se il tuo viaggio prenotato da tempo è confermato e la sua destinazione non è l’Italia, la scelta è solo tua. Partire o no? Nel frattempo non tardano ad arrivare consigli non richiesti dai tuttologi sparsi qui e lì.
Allora, decidi di non arrenderti alla paura, usare tutti i dispositivi di protezione personale, il senso di responsabilità che non guasta mai…e partire! Ma non smetti di osservare lo scenario surreale che hai attorno. La diversa concezione del pericolo che ognuno di noi ha: giovani con guanti in lattice (o plastica) e mascherina e anziani di ritorno a Milano dal loro viaggio in Sicilia, liberi come l’aria. Quasi infastiditi dall’apprensione della figlia che telefona più volte. Facce terrorizzate, ed un sola parola riecheggiante nell’aeroporto: Corona-virus. Le poltrone che cerchi per attendere l’imbarco, quelle di fronte le grandi vetrate dove ci portava papà quando eravamo piccoli per vedere decollare gli aerei, sono tutte stranamente libere. Soltanto pochi vi sono seduti, a distanza di più di un metro dall’altro. E attendono impazienti il momento di spostarsi.
Mai visti bagni così puliti e poco affollati, ma indovinate qual era la zona della toilette in cui ci si scambiava opinioni? Quella dei lavabi. Anche lì si osserva la distanza di sicurezza, ma certamente il Covid-19 non ci ha tolto la voglia di parlare. Anche se soltanto per consigliarci reciprocamente come lavarci le mani.
E quindi ti chiedi, viaggiare si può? Quanto può essere importante il tuo week-end di lavoro all’estero, rispetto alla tua salute e a quella del tuo prossimo? Intanto, fuori dall’Italia, nessuna emergenza sembra travolgere impetuosa l’esistenza di qualcuno. Nè mascherine, nè misure di contenimento. Ogni tanto, su un vagone strapieno di gente, si spande il profumo di un gel disinfettante. Come se fosse sufficiente per evitare la diffusione del virus, sulla metro, il Lunedì, alle 8:00. Quando il mondo si muove e tu, con lui. Perché hai deciso di non rinunciarci, alla libertà, quella responsabile però. Siamo sicuri che ne esista davvero una?
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità