Nel nostro viaggio tra le ricette del mondo, abbiamo lasciato la cucina centroamericana, per raggiungere, oggi, quella araba.
Possiamo suddividere questo mondo in tre grandi regioni: il Mashreq, ovvero l’Oriente che comprende l’Arabia Saudita, gli Stati del Golfo, lo Yemen, l’Iraq, la Siria, il Libano, la Palestina, la Giordania; il Maghreb, l’Occidente, che comprende il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, la Libia, senza dimenticare il Sudan ed Egitto che, in qualche modo. sono un collegamento tra l’Occidente e l’Oriente.
La maggioranza degli arabi sono musulmani e si sottopongono perciò alle regoli alimentari imposte dal Corano. Tra le più note il divieto di mangiare carne di maiale e carne non “halal” ovvero proveniente da animali non sgozzati.
Il pasto, quando non si è in Ramadan, è di tre portate; deve cominciare consumando dei datteri, in numero dispari, per poi passare alla seconda portata, una zuppa e, dopo una pausa dedicata alla preghiera, alla terza portata, quella principale, costituita da una porzione di carne o pesce, una porzione di riso, una di lenticchie ed una di verdure cotte.
L’arabo non mangia volentieri da solo, nelle famiglie più tradizionali infatti tutti si riuniscono attorno ad un basso tavolo rotondo e si servono attingendo ad un unico grande piatto senza l’utilizzo di posate e usando il pane per aiutarsi.
Nella regione del Mashreq, troviamo paesi come l’Arabia Saudita dove alimentazione è a base di proteine come manzo, pollo e agnello. Quest’ultimo protagonista del Matazeez, uno stufato accompagnato da una sorta di gnocchi di farina integrali appiattiti.
Anche nell’Haneeth dello Yemen ritroviamo l’agnello, ma marinato in una miscela di spezie, cotto poi lentamente nel tannour (il tandoor indiano) e servito su un piatto di riso.
Impossibile non citare l‘hummus: la nota salsa di ceci, che si dice sia stato inventato in Libano. Tuttavia, non mancano i paesi che se ne contendono la paternità: il nome completo è in realtà ḥummuṣ bi ṭaḥīna, che significa “ceci con tahini”.
Meno noto, invece, il Moutabel, la salsa giordana di melanzane, da non confondere con il baba gonoush (o muttabal), da cui su differenzia per la presenza dello yogurt e da un retrogusto affumicato per la cottura delle melanzane direttemente sulla fiamma.
Nell’Occidente arabo, il Maghreb, troviamo invece ricette come la Chakchouka della Tunisia, piatto che unisce pomodoro, peperone rosso e harrisa (salsa a base di peperoncino). L’uso frequente di questi tre ingredienti è il motivo per cui viene anche chiamata “cucina rossa”.
E se tutti conoscono il cus cus, piatto simbolo del Marocco, in molti non sanno che ne esiste anche un versione “dolce”: il Seffa, con mandorle tostate, zucchero a velo e cannella.
Così come è dolce il Griwech dell’Algeria, un coreografico impasto a forma di fiore, fritto, imbevuto di miele e cosparso di semi di sesamo, mangiato soprattutto durante il Ramadan.
E si conclude sempre con del caffè. L’origine, secondo una leggenda, è da associare a Maometto, il quale, afflitto da un languore, un giorno vide avvicinarsi l’Arcangelo Gabriele, che gli offrì una bevanda scura e amara in grado di dargli sollievo.
Oppure con del té, che viene in realtà consumato ad ogni ora, solitamente con foglie di menta fresca… e se volete rispettare una tradizione della Libia, bevetelo insieme ad una fetta di Khubz bil A3chab, il pane alle erbe dal nome impronunciabile…
Selene Coccato
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