«Per secoli si è discusso se l’omosessualità fosse una malattia. Ora scopriamo che la vera malattia da curare è l’omofobia». Parole dure quelle di Emmanuele Jannini, sessuologo dell’Università di Roma Tor Vergata e presidente della Società italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, riportate su l’Espresso. Insieme ad altri studiosi e professori dell’Università di L’Aquila, Firenze e La Sapienza di Roma, Jannini ha sottoposto più di 550 studenti universitari italiani a vari test che misurano i livelli di omofobia e gli aspetti della personalità di ciascuno di loro. Da questi test si è scoperto che l’omofobia è insinuata specialmente nei giovani universitari di sesso maschile. Cosa più importante, i maschi omofobi sono anche quelli che hanno livelli più alti di “psicoticismo”, cioè una caratteristica psicologica della personalità caratterizzata dalla possibile presenza di paura, ostilità, rabbia o difficoltà a rapportarsi con gli altri perché insicuri.
«In poche parole, emerge che gli omofobi sono soprattutto maschi insicuri, da un lato paurosi e dall’altro immaturi», ha riassunto Jannini. «Se vogliamo è un po’ una scoperta dell’acqua calda, ma nessuno scienziato finora l’aveva dimostrato. Questo identikit coincide bene con un aspetto peculiare dell’identità di genere maschile che è quello della fragilità, dell’incertezza. Sappiamo che di default una persona si sviluppa secondo un modello femminile: solo se nel feto si attiva un complicato processo genetico e ormonale e lo sviluppo viene dirottato per generare un corpo e un cervello maschili. L’identità di genere maschile è estremamente fragile e ha bisogno di continue conferme. A questo si aggiunge che un po’ tutti, per varie ragioni, tendiamo a confondere l’identità di genere con l’orientamento sessuale: è invalsa l’idea che il gay è effeminato, un “mezzo uomo” (mentre peraltro i dati scientifici dicono l’opposto: il pubblico si sorprende sempre quando a una conferenza mostro che i gay hanno in media genitali più grossi e livelli di testosterone più alti, oltre che un’attività sessuale molto più frequente). Così di fronte a un “maschio effeminato” l’omofobo va in crisi perché sente minacciata la sua stessa identità di genere, si risveglia in lui la paura di non essere abbastanza maschio».
Come non ci sono differenze tra un tifoso dell’Inter e uno del Milan, gli scienziati del ‘900 non sono riusciti a trovare nessun tipo di caratteristica che distinguesse un eterosessuale da un omosessuale (a parte, ovviamente, le preferenze sessuali). Quindi, in base alle ultime scoperte, non ci si chiede più perché una persona è omosessuale, ma perché provi ostilità, paura, disgusto verso l’omosessualità. «Naturalmente questo non vuol dire che gli omofobi siano tutti psicopatici. Ma qualche problema ce l’hanno. Noi per la prima volta diciamo che, se c’è da cercare dei segni di malattia, questi vanno cercati nell’omofobo. Hanno segni che indicano una debolezza del sistema psichico, quindi è più facile trovare un malato psichiatrico lì che altrove», ha spiegato Jannini. Naturalmente, non tutte le persone con queste caratteristiche psicologiche diventano omofobe: «Incertezza, paura, e soprattutto debolezza, sono fattori di rischio che rendono assai più sensibili ai messaggi omofobi che possono venire dalla società, dalla famiglia, dalla scuola, dalla battuta estemporanea in classe alle pressioni sistematiche di certe predicazioni religiose».
Per prevenire o moderare l’omofobia, secondo Jannini, serve un’educazione sentimentale e sessuale che insegni fin da piccoli a non aver paura di se stessi, delle proprie emozioni e delle differenze con gli altri. «È assurdo che ci sia chi si oppone all’“ideologia del gender”. Che non può esistere perché, anche se davvero ci fossero manipoli di cospiratori che congiurano per creare un esercito di gay e di lesbiche nelle scuole, nessuno saprebbe dirgli come farlo. Non si conosce alcun modo per modificare l’orientamento sessuale di una persona, bimbo o adulto, che sia con l’educazione scolastica o con le cosiddette terapie riparative per “curare” i gay. Se i cospiratori del gender pensassero di riuscirci facendo giocare i maschietti con le bambole e le femminucce con i soldati, resterebbero molto delusi», ha concluso Jannini.
Valentina Friscia
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