Alcune persone, nella vita, tendono a essere particolarmente negative, a vedere tutto nero senza una conseguente via d’uscita. È un po’ il male del secolo quello del vedere il bicchiere mezzo vuoto invece del contrario, ma anche per questa “patologia”, a quanto pare, c’è una spiegazione. Nello specifico, si tratta della cosiddetta Legge di Murphy, scoperta daEdward Aloysius Murphy nel secondo dopoguerra in seguito a un esperimento nel quale doveva mettere alla prova la tolleranza all’accelerazione del corpo umano attraverso l’applicazione di 16 accelerometri. Come riporta esquire.com, c’erano due modi per poter applicare questi dispositivi, uno giusto e l’altro sbagliato: nondimeno, i suoi collaboratori li disposero in maniera errata. Da questo, le due leggi di Murphy, redatte proprio da lui: «Se qualcosa può andar male, lo farà» e «Se ci sono due o più modi per fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a un guasto o a un errore, allora prima o poi esso si verificherà».
In altre parole, è come se le tesi di Murphy descrivessero dettagliatamente quella che è poi la sfortuna vera e propria. A tal proposito, per rendere il tutto ancora più esilarante, nel 1988 un certo Arthur Bloch scrisse un libro in cui sono citati frasi, modi di dire, assiomi eccetera i quali espongono, scherzosamente, come e quanto possa essere “astuta” la sfortuna. Tra queste: «Niente è facile come sembra»; «Se c’è una possibilità che le cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo»; «Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto»; «Dietro ogni soluzione ci sarà sempre una catena di problematiche conseguenze», e così via. Sono tantissime le citazioni, molte delle quali comprendono perfino ben altri ambiti, proprio perché, appunto, la sfiga non ha confini. Chi volesse approfondire la lettura del volume, è disponibile su Amazon: d’altronde, se è vero che la sfortuna non può essere elusa, almeno la si impara a prendere con filosofia.
Anastasia Gambera
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