Suburra è il racconto romanzato del famigerato “mondo di mezzo” emerso dalle indagini della magistratura romana e tratteggiato dalla penna di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo. La serie televisiva del momento ha contribuito a tenere accesi i riflettori sull’ambiguo intreccio tra politica e malaffare ai giorni nostri, probabilmente con lo sguardo rivolto sul passato, quando Subura (dal termine suburbium, ovvero posta al di sotto dell’Urbe, in quanto era situata più in basso rispetto ai colli, in particolar modo al Palatino, nucleo della città primitiva) era uno squallido e ripugnante palcoscenico dove andavano in scena corruzione e sporchi affari dell’antica Roma, come evidenzia il giornale Focus.
Qui era assai facile al tempo imbattersi in loschi e violenti energumeni sempre in cerca della rissa tra i vicoli stretti e bui, dove pullulava un chiassoso e variopinto sottobosco popolato da mendicanti, cortigiani, prostitute e malfattori di ogni sorta, alla ricerca di un riparo all’interno di qualche bettola malridotta o di un posto dove, con pochi spiccioli, si poteva dar sfogo ai propri istinti. Del resto Suburra all’epoca era frequentata in maniera pressoché assidua da schiavi e poveracci, i quali si recavano nei postriboli con l’intento di trovare del piacere a basso prezzo.
Non era soltanto lo scenario perfetto di delitti e misfatti vari, tra le viuzze strette e buie si affacciavano anche mercati contadini, botteghe e catapecchie, rifugio ideale per ladruncoli e vagabondi. Il ritmo delle giornate era scandito dal picchiettio del martello del calzolaio e dal vociare di pescivendoli, ortolani, macellai, barbieri e lanaioli, i quali alloggiavano con le loro famiglie presso le insulae sovrastanti, edifici squadrati e pericolanti, equiparabili agli odierni condomini.
Metafora della miseria umana e sociale, le fonti dell’epoca parlano di Suburra come un posto rumoroso, particolarmente affollato, nonché immerso nella sporcizia e nello squallore. Una “sottile” descrizione sulle prostitute della zona ci arriva da Plauto, tra i commediografi dell’antichità più celebri ed autorevoli, il quale paragonava queste a «rifiuti appena adatti a servi coperti di farina, ragazze fameliche dal profumo volgare e appiccicaticcio».
Storia e leggenda si intrecciano tra questi vicoli stretti e bui, che hanno dato i natali a personaggi illustri come Giulio Cesare e il poeta Marziale. Si narra inoltre che Messalina, moglie dell’imperatore Claudio e nota per costumi libertini, si allontanasse la sera dal palazzo imperiale per recarsi nel quartiere travestita da prostituta, dove si concedeva liberamente. Tuttavia Suburra non godeva soltanto di pessima fama, era anche un luogo di devozione popolare, come testimonia la presenza del santuario dedicato al culto pagano di Giunone Lucina, la divinità protettrice delle gestanti, ed erano presenti schiavi amanuensi addetti alla trascrizione dei classici latini e greci in un’epoca ben lontana dall’invenzione della stampa a caratteri mobili.
Gli echi e i rumori di Suburra inevitabilmente trascinano con se il ricordo di zuffe e di bordelli di un’epoca perduta. Ancora oggi, a distanza di molti secoli, questo termine viene utilizzato, in contesti elevati e letterari, per indicare generalmente un luogo che gode di cattiva fama.
Gabriele Mirabella
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