Cosa c’è di meglio di un aperitivo dopo una lunga giornata di lavoro o un cocktail ghiacciato da sorseggiare con gli amici nelle torride serate estive? Eppure, quello che a voi sembra solo un semplice drink, nasconde in realtà anche tanta scienza!
È da qualche anno, esattamente da quando i baristi devono essere chiamati mixologist, che si è iniziato ad assistere a una vera e propria “gourmetizzazione” del cocktail: dietro a quel bicchiere ghiacciato e spesso improbabilmente colorato, i moderni barman coniugano il sapere tradizionale con l’approccio scientifico e nuove tecniche d’avanguardia. Non bisogna, quindi, stupirsi se, oggi, ogni lounge bar che si rispetti ha uno specifico menù dei cocktail e decide di assumere un mixologist al posto del (a quanto pare) decaduto sommelier. Le regole più importanti da seguire per generare il cocktail perfetto? A detta dei più esperti sembrano essere quattro. Vediamole insieme!
1-Last but not least
Per definizione, gli ingredienti di un cocktail classico sono alcolici, analcolici e ghiaccio a 0°. Malgrado nella lista venga per ultimo, il ghiaccio nella preparazione di un drink è di fondamentale importanza, tant’è che, la legge fondamentale dei cocktail tradizionali, che suona un po’ come una legge della termodinamica, ruota proprio attorno al cubetto freddo: “Non c’è raffreddamento senza diluizione, e non c’è diluizione senza raffreddamento”.
2-Un po’ di sale
In una delle prime lezioni per diventare maestri mixologist si impara che, aldilà di azoto liquido e apparecchi hi-tech, per quanto avveniristici e innegabilmente moderni, l’ingrediente che potrà davvero incidere sul sapore del drink è l’umile e inaspettato sale! Un pizzico di sale (che dev’essere impercettibile al palato) può infatti ridurre l’amaro ed esaltare le note acide e dolci, rendendo più intenso il sapore del cocktail. Provate la differenza, che sarà evidente anche con il più semplice degli aperitivi italiani: parola di mixologist!
3-Agitato, non mescolato
«C’è un motivo se un Martini va mescolato e un Daiquiri agitato. Entrambe le tecniche raffreddano, diluiscono e amalgamano gli ingredienti, ma hanno effetti sul sapore e la consistenza che si adattano a ben specifiche ricette» afferma Dave Arnold, fondatore e presidente del Museo di Alimenti e Bevande e proprietario di Booker & Dax, bar nell’East Village che utilizza specifiche tecniche e tecnologie per creare deliziosi cocktail. Agitare un drink, spiega Arnold, lo raffredda e diluisce più di quanto avverrebbe mescolandolo e, inoltre, aumenta la consistenza della bevanda, il che è positivo se si prepara un cocktail con latte, bianco d’uovo o succo di frutta, ma non lo è quando si mescola un liquore con un amaro o un distillato, come nel caso del Martini.
4-Tutto e subito!
Ma passando alla pratica, il drink come andrebbe bevuto? Chiacchierando e senza fretta, oppure tutto di un fiato? Gli esperti arrivano in nostro soccorso e ci rivelano che, diluendosi e intiepidendosi, il cocktail è inevitabilmente destinato a perdere l’iniziale armonia tra i sapori. Non dovremmo, quindi, tirarla troppo per le lunghe, soprattutto nel caso dei drink shakerati. Un drink shakerato, nel momento in cui viene servito, sta già morendo.
Insomma, sembra proprio che il classico calice di vino non basti più per attirare la clientela, soprattutto quella più giovane, sempre pronta a sperimentare nuove miscele e nuovi sapori. In ogni caso, che decidiate di ordinare il più classico dei drink o, al contrario, decidiate di provare nuove sensazioni gustative, scegliete sempre di bere responsabilmente!
Alessia Mingori
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