L’islam è una religione che conta più di un miliardo e mezzo di fedeli in tutto il mondo. Il suo sviluppo è avvenuto contemporaneamente in continenti diversi, ma in assenza di un’autorità centrale, motivo per cui si tratta di una religione che varia a seconda della cultura nella quale è inserita. La condizione della donna all’interno del mondo musulmano è uno degli argomenti più discussi, in particolare dagli occidentali. Per non cadere in banali ed errate generalizzazioni e comprendere a pieno la vita di una donna musulmana e le sue difficoltà, è necessario analizzare i suoi diritti, i suoi doveri, e le sue possibilità.
Nel rapporto uomo- donna, nell’Islam hanno avuto un ruolo fondamentale non solo le interazioni tra le diverse fonti religiose, ma anche la loro interpretazione e i loro progressi storici. La Sharia, la legge islamica, definisce in maniera molto chiara le differenze tra i ruoli. La messa in pratica di queste, però, non è coerente. Se andiamo ad analizzare le norme in materia di matrimonio e di divorzio, di abbigliamento, di status giuridico, di diritti civili e di accesso all’istruzione, possiamo constatare, infatti, che le divergenze tra i vari paesi sono numerose. All’interno del Corano sono definiti i diritti e di doveri delle islamiche: «Le donne divorziate devono osservare un periodo di attesa pari a tre cicli mestruali prima di trovare un nuovo marito. Durante questo periodo i loro mariti hanno il diritto di riprendere la moglie, se vogliono la riconciliazione. Le donne hanno diritti equivalenti ai loro obblighi. Ma (nella coppia) gli uomini rimangono in posizione prevalente». Qawâma, così è chiamata la prevalenza dell’uomo sulla donna e si tratta di una vera e propria norma della Sharia. Questo concetto si concretizza nelle questioni di diritto privato legate alla successione e all’eredità e ai diritti e doveri nella coppia. Storicamente, la violenza è sempre stata considerata l’espressione ultima del potere per quanto riguarda le relazioni sociali, motivo per cui l’uomo ha sempre avuto la meglio sulla donna. Detentore del vantaggio fisico, era in grado di arrecare danni maggiori.
Per il Corano, ogni musulmano può sposare fino a quattro mogli. La Sharia, di conseguenza, mette in evidenza tutte le responsabilità e i doveri dell’uomo nei confronti delle donne in generale e, a maggior ragione, delle madri dei propri figli. Nel rispetto della donna, infatti, quest’ultima non dovrebbe essere minimamente toccata, a meno che non si tratti di un parente o della propria moglie. Il massimo rispetto da parte del maschio lo si trova nei confronti della propria madre; secondo un Hadith (una delle fonti della Sharia) «Le chiavi del Paradiso si trovano sotto i piedi di tua madre». La legge prescrive la convivenza e la fedeltà per quanto riguarda i coniugi, ma solo se non in condizione di poligamia. Non è compreso tra i diritti del marito quello dell’abbandono del tetto coniugale per un lasso di tempo maggiore ai quattro mesi. Ogni assenza deve essere per legge giustificata, altrimenti è considerato un diritto della coniuge sciogliere il matrimonio, avendo garantiti pensione e proprietà della casa familiare. Il soddisfacimento sessuale è considerato un vero e proprio vincolo giuridico, un dovere coniugale. In caso di incompatibilità in questo campo, è possibile richiedere il divorzio. Secondo il Corano, nel caso in cui il marito decidesse di rinunciare apertamente alla poligamia, avrebbe l’obbligo di fedeltà nei confronti della moglie. In caso contrario quest’ultima può chiedere la separazione per colpa.
Nel corso della storia, anche all’interno del mondo islamico ci sono stati momento in cui si è visto un miglioramento delle condizioni di uguaglianza tra i sessi, ma per la maggior parte dei casi non hanno dato vita ad un processo costante e duraturo. All’inizio del XX secolo, si sviluppò, in alcuni paesi musulmani, un’avanguardia del movimento femminista. Nel 1923 Hoda Sharawi, fonda, al Cairo, l’Unione femminista egiziana. Nel 1956, la Tunisia promulga il Codice dello statuto della persona, comprensivo di una serie di leggi volte ad instaurare l’uguaglianza giuridica fra donna e uomo ed abolire la poligamia. La condizione della donna vede un netto peggioramento a partire dagli anni ’70 a causa della nascita dell’Islam politico. Uno dei paesi che ha risentito maggiormente di questo netto cambiamento di rotta è stato, sicuramente, l’Afghanistan, con il regime dei Talebani. In contrasto, dal 1980 nasce una rete transnazionale di femministe, vicino all’Islam più liberale, che tenta di discutere su alcuni dogmi islamici. Negli ultimi anni anche l’Algeria ha modificato il proprio codice civile in funzione egualitaria. Al momento, la speranza sul cambiamento delle condizioni della donna, rimane strettamente legata alla situazione politica interna ai singoli paesi islamici, le continue guerre civili ostacolano il miglioramento e rendono impossibile il progresso. L’espansione, sempre più rapida e sia fisica che “morale” dell’Isis, spinge i musulmani verso un approccio fondamentalista e un’interpretazione letterale della Qawama ‒ la supremazia dell’uomo sulla donna. Nella cosiddetta terra di Mohamed, l’Arabia Saudita e le micro-monarchie del Golfo, le donne faticano anche a prendere la patente per guidare l’automobile.
Una religione tanto diffusa quanto interpretata, che tende a modificarsi continuamente a seconda degli eventi storici, politici e culturali. In assenza di una patria, l’Islam si caratterizza come una religione universale che fatica a trovare la propria, reale, identità. Di conseguenza, è difficile comprendere la situazione della donna islamica, se non andando ad analizzare i singoli paesi e sottolineando le differenze. Una ragazza di Sarajevo ha una storia e dei diritti civili diversi da una giovane di Istanbul o di Riad. Basti pensare che, di fatto, paesi a maggioranza islamica hanno avuto capi di stato e di governo donne: Benazir Bhutto in Pakistan, Mame Boye Madior in Senegal, Tansu Ciller in Turchia, Kaqusha Jashari in Kosovo, Megawati Sukarnoputri in Indonesia, Khaleda Zia e Sheikh Hasina in Bangladesh.
Costanza Tosi
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