Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda anche quest’anno la figura della giovanissima studentessa fiorentina di psicologia Rossella Casini, condannata a morte dalla ‘Ndrangheta il 22 febbraio 1981, semplicemente perché desiderava redimere il suo fidanzato, appartenente a un clan malavitoso calabrese che invece obbedendo alle logiche perverse del suo contesto contribuì a spezzarle la vita.
La giovane con la sua purezza e fiducia negli ideali dell’onestà sperava di poter cambiare l’animo di chi le stava accanto; purtroppo non è andata così ma il ricordo della sua gentilezza e onestà intellettuale continuerà ad accompagnare tutti coloro che credono nella possibilità di una società diversa e più sana.
Rossella, vittima della faida di Palmi, che in Calabria, nel 1981, stava insanguinando un territorio ben circoscritto nella zona di Reggio Calabria rappresenta uno degli omicidi più raccapriccianti della ‘Ndrangheta. Leggere gli eventi e le sentenze che condussero alla morte la studentessa risulta veramente inquietante e infonde un senso di malinconia profonda: la giovane cercava disperatamente di allontanare il proprio fidanzato, Francesco Frisina, da un imprinting intriso di violenza e omertà, suggerendogli di testimoniare e rivelare i lati più oscuri dei rapporti tra le ‘ndrine Gallico – Frisina e Porpiglia-Condello, ma incontrò la brutalità e la violenza anche della famiglia Frisina, che ne pretese la morte, come racconta il pentito palermitano Vincenzo Lo Vecchio.
Il CNDDU per onorare la memoria di Rossella, propone la lettura/recitazione di un testo ispirato alla sua vicenda “Uccidete la Straniera” e realizzato dalla prof.ssa Daniela Provenzano
Il 2 giugno 2019 lo Stato italiano riconosce i meriti di Rossella Casini, per cui viene insignita dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, della medaglia d’oro al valore civile, con la seguente motivazione: “Studentessa universitaria fiorentina, legatasi sentimentalmente a un uomo rivelatosi successivamente esponente della malavita calabrese, pur consapevole dei gravi rischi, lottò tenacemente per convincere il fidanzato a troncare ogni legame con il mondo criminale, rivelando all’Autorità giudiziaria quanto appreso dallo stesso sulla cosca di appartenenza”.
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