Il nuovo rapporto Eurostat, pubblicato in occasione della Giornata europea delle lingue del 26 settembre, parla chiaro: 18 milioni di bambini dell’UE, fin dalla scuola elementare, sono posti nella condizione di imparare una lingua straniera, per una percentuale dell’84%, mentre un milione ne inizia addirittura due. Sebbene sembra si tratti di un dato positivo, nello specifico oltre 17 milioni degli alunni citati studiano l’inglese, proprio come avviene per gli studenti dagli 11 ai 15 anni: il 97% di loro, infatti, apprende fra i banchi l’idioma di Elisabetta II. Tuttavia, avere una buona conoscenza dello stesso strumento di comunicazione che è utilizzato dalla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, pur avendo i suoi pro, non è sufficiente.
Chi studia altre lingue, dunque, e come se la cava? Ebbene, la seconda scelta nell’intera Unione è il francese, che conta 5 milioni di studenti, cioè il 34%; seguono il tedesco, con 3 milioni complessivi e il 23% dell’insieme, e lo spagnolo imparato da 2 milioni di persone, ovvero il 13%. Decisamente più bassi sono i numeri di chi si dedica al russo (0,5 milioni, ossia il 3%) e, infine, all’italiano – che, pur essendo una delle 24 parlate comunitarie ufficiali, è appresa dall’1% degli allievi del continente, cioè solo l’1% del totale.
La sproporzione rispetto ad altri diomi è consistente, soprattutto se si considera che a studiarlo sono ragazzini e adolescenti per il 59,8% maltesi, per l’11,6% croati, per il 3,1% francesi, per il 2,8% sloveni e per il 2,5% austriaci: nessuna conoscenza, quindi, in aree dalla forte influenza quali Germania e Gran Bretagna, e ben poca in Stati ritenuti, anche quando non leader né benestanti economicamente, in ogni caso di centrale importanza nelle dinamiche politico-economiche dell’Europa, in altre parole Francia, Spagna, Paesi Bassi e Grecia.
La notizia ha del sorprendente, anche perché nelle scuole dello Stivale l’attenzione per l’estero è, al contrario, parecchio sviluppata: il 99,9% degli studenti, infatti, si cimenta dai 6 anni in poi sia con la madrelingua sia con una seconda parlata, che risulta essere quasi all’unanimità l’inglese (solo l’1,9% fa i conti con il tedesco). A partire dalle scuole medie, poi, l’inglese è oggetto di studio per il 100% di chi va a lezione, seguito a ruota dal francese per il 67,7% e dallo spagnolo per il 22%. I numeri sono piuttosto elevati, ma non sempre consentono agli alunni di sentirsi soddisfatti del proprio livello e ai numerosi vicini d’Oltralpe di interessarsi maggiormente alla lingua del sì, cosicché gli scambi linguistici fra gli Stati membri sono resi più che possibili dai sistemi scolastici, ma un approfondimento omogeneo di alcuni idiomi (nel caso in cui non sia realizzabile farlo per tutti) è ancora lontano. L’inglese rimane un must in cima alle classifiche, tutto il resto è continuamente variabile da luogo a luogo, quando non addirittura facoltativo.
Eva Luna Mascolino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.