L‘epatite C è una malattia la cui infezione è spesso asintomatica. Il suddetto virus si trasmette per contatto diretto con il sangue malato, causato spesso dall’uso di droghe, presidi medici non sterilizzati, trasfusioni di sangue, rapporti sessuali non protetti o trasmissione parentale. Al mondo si stimano dai 130 ai 170 milioni di soggetti affetti da questo agente patogeno, la cui prevalenza si trova in alcuni stati dell’Africa e dell’Asia.
Cosa serve per curarsi? L’infezione acuta si risolve spontaneamente nel 50% dei casi, soprattutto se si tratta di individui giovani e di sesso femminile, al contrario dell’infezione cronica, i cui farmaci (interferone e ribavirina) sono costosi e molto invasivi. Da quanto emerso, però, dalla rivista Science Translational Medicine è stato scoperto in un semplice antistaminico una potenziale cura contro questa patologia. Il farmaco è risultato efficace nell’impedire il progredire dell’infezione già dai primi stadi, cioè quando l’agente patogeno inizia a “colonizzare” le cellule epatiche. Il medicinale in questione è la clorciclizina, un antistaminico usato per le allergie, poco costoso e meno tossico rispetto alle terapie pratiche oggigiorno. Lo studio condotto da alcuni scienziati americani presso il National Institutes of Health di Bethesda ha avuto come protagonista un programma di screening altamente sofisticato, il quale individua i farmaci oggi in uso che risultano attivi contro il germe. Da questa selezione è emerso il farmaco antiallergico, testato dapprima sui topi a cui sono state antecedentemente iniettate cellule epatiche umane. Il rimedio è risultato da subito capace di bloccare l’infezione. Se il farmaco funzionasse pure sugli uomini sarebbe una svolta nella storia di tale patologia e una soluzione indispensabile per i meno abbienti.
Monica Ardizzone
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