Amazon ha sempre sviluppato algoritmi molto complessi, sa quali ordini verranno effettuati in giornata, in modo che gli oggetti possano uscire dal magazzino ancora prima di essere ordinati
Milioni di persone (e altrettanti robot), lavorano per lui. Lui è Jeff Bezos, ha fondato Amazon nel suo garage e lo ha trasformato in un colosso da 200 miliardi di fatturato l’anno. Tutti ad impacchettare cose che vogliamo ed a consegnarcele quando vogliamo. Amazon al nostro servizio, o noi al servizio di Amazon? Bezos, è riuscito a costruire così, uno spazio virtuale che occupa una grande fetta della nostra economia, e lo ha fatto senza che nessuno se ne accorgesse, in poco, pochissimo tempo.
Proprio nel cuore di Amazon, si trova il fullfillment centre, parola inglese che significa ‘centro del piacere’. Ed è proprio questa ridente struttura che consente a tutti i nostri ordini di essere presi a portati via. Sono sistemi completamente automatizzati, grazie ai robot che vi operano: 23 milioni di oggetti, circolano in attesa di essere presi e comprati.
I robot controllano, dunque, i dipendenti: decidono come lo devi confezionare e, soprattutto, a che velocità devono muoversi gli essere umani. Trenta secondi per costruire la scatola e mettere il nastro adesivo già calcolato dal computer. Tutto così, estremamente veloce, come se fosse una gara tra te e il computer. Addirittura, sono gli stessi robot che consigliano ai dipendenti quando fare pausa sigaretta… anzi no, stretching.
Le consegne dal deposito di smistamento alle porte della città, sono il cuore del successo dell’e-commerce. Anche la figura del portiere che sembrava condannata all’oblìo, ritrova importanza: senza di loro, infatti, migliaia di pacchetti non verrebbero consegnati. I furgoncini sfrecciano impazziti, per le strade: vince, chi porta a destinazione per primo la scatola di cartone. La possibilità di acquistare qualunque cosa ad ogni ora, spinge in avanti tutto il commercio (o meglio, quello preparato a cavalcare l’onda).
La forma dell’e-commerce è quindi sostitutiva o complementare al piccolo negozio di mamma e papà? Che ci piaccia o no, per chi abita fuori dai centri urbani, la consegna a domicilio è il mezzo più gradito. Il furgoncino bianco che attendiamo con ansia, guardando dalla finestra, ci rende felici. Ma niente è lasciato al caso. Amazon li sceglie perché anonimi. L’azienda non vuole essere toccata dalla pubblicità negativa (problemi di parcheggio, inquinamento, congestione del traffico, ecc…) per questo si serve di veicoli, difficili da individuare.
Amazon è un orecchio che ascolta e traduce, in dati intelligenti, il nostro comportamento: i suoi sofisticati algoritmi lavorano per prevedere i nostri desideri di consumo. Amazon sa già quello che vogliamo prima che lo ordiniamo! Sì, avete capito benissimo. Ad esempio, si sa che a Milano circa 60 persone, ogni giorno, scelgono un bicchiere. Quindi, quando arriva la richiesta, il bicchiere non sarà nel magazzino fuori città, ma già all’interno del camioncino. L’algoritmo comunicherà, poi, al driver dove portare quei prodotti.
Desideri esauditi, ma a quale condizione? L’e-commerce è la più grande forma di dialogo tra domanda e offerta che la tecnologia ci offre. Questa conversazione tra noi e i siti di commercio elettronico, sta cambiando la nostra socialità. Quella che prima impiegavamo entrando in un negozio, oggi, si spende condividendo in rete l’apertura di un pacco. L’acquisto compulsivo è, insomma, a portata di click. Black Friday, cyber Monday, Natale... in Italia si fa un ordine al secondo.
A Parigi, proprio nei giorni dell’ormai scorso black Friday, ha operato un movimento, il block Friday, di opposizione al consumismo: Amazon il loro bersaglio più grande. La trasformazione digitale non assicura il raggiungimento del benessere collettivo, perché necessita di essere accompagnata dalla politica pubblica, e Parigi, questo, sembra averlo capito in fretta.
Passo Corese, alle porte della capitale, 6.000 abitanti. Nel 2017, Amazon, proprio qui, ha aperto il suo secondo centro di distribuzione in Italia. La città è passata dai ritmi dell’agricoltura a quelli della moderna logistica che non si ferma mai.
Pierfabrizio, trovatosi disoccupato a 42 anni con due bambine, non sapeva cosa fare. Dopo aver inviato diversi curriculum, riceve la chiamata di Amazon ed inizia a lavorare. Così, nonostante la crisi industriale odierna, dopo l’apertura del centro di distribuzione, si contano numerosi occupati in più. Basti pensare all’indotto, come i soggetti preordinati al servizio di vigilanza o alla manutenzione del verde. Amazon, però, non rivela i numeri dei lavoratori assunti per breve periodi o attraverso agenzie private. E le storie di tanti ragazzi riportate in un articolo del quotidiano “La stampa” fanno capire la portata di tutto questo.
Alessandro, prima di laurearsi, guidava il muletto. Ma non ha resistito, per più di un mese. Durante un turno di notte ha avuto un incidente, si è aperta la scarpa antinfortunistica che ha tagliato l’ultima falange del terzo dito del suo piede sinistro. Amazon, non gli ha più rinnovato il contratto, ma per quale motivo? Alessandro pensa sia dovuto all‘amputazione subita.
Il turnover tra lavoratori che vanno e vengono, è molto alto. Il perché, è semplice. Chiunque, dopo un breve periodo di training può imparare a lavorare per Amazon. Ma non è questa la cura per un territorio che soffre già la crisi economica. I sindacati denunciano le condizioni di lavoro usuranti e accusano Amazon. Tutti ambiscono al tesserino blu: quello indicativo, cioè, del contratto a tempo indeterminato: Alessia ce l’aveva. Lei era entrata in catena di montaggio, poi spostata a ricoprire un ruolo superiore, dopo poco tempo. In virtù di questa diversa mansione, Alessia si rivolge a chi di dovere per ottenere un contratto adeguato. Non poteva fare mossa più sbagliata: subisce un declassamento (torna in catena di montaggio) e pressioni dovute ai ritmi di lavoro troppo lenti.
Il rate, cioè la resa di ogni lavoratore, è monitorato costantemente da macchine molto precise. Alessia, adesso, coltiva la terra con il suo fidanzato. I regali di natale incombono, e la seduzione esercitata dalla recapito rapidissimo, fa crescere il volume della merce.
Alle storie di Alessandro ed Alessia si aggiunge quella di Walter Ghiron, 29 anni, che dichiara durante la stessa sessione di interviste a ‘la stampa’:«vivo da schiavo dell’algoritmo, in 12 ore devo consegnare 130 pacchi». L’algoritmo, infatti, calcola 3 minuti a consegna, questi tempi ridotti portano quindi i drivers ad infrangere il codice della strada. Continua, poi Walter: «Noi siamo delle palle di fucile in giro per le strade senza guardare stop, semafori e precedenze». Insomma, questa storia delle consegne rapide, crea problemi rilevanti al traffico cittadino: le multe sono aumentate, infatti, considerevolmente.
Impatto ambientale a causa di imballaggi, diritti dei lavoratori violati e disgregazione di tessuto sociale: come sarebbe la vita senza Amazon?
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità