In concomitanza con gli attentati terroristici, la frase che rimane impressa nella mente di ognuno di noi è “Allah Akbar”. Il significato negativo le viene attribuito a causa del terrore, ma è un errore. Molti musulmani si stanno muovendo per dimostrare che si tratta di una frase lieta e gioiosa, strumentalizzata dai terroristi.
Ogni attacco terroristico viene accompagnato dall’espressione “Allah Akbar”, gli estremisti l’hanno resa a tutti gli effetti un’arma del terrore. Ciò fa pensare alle persone che la sua connotazione sia fortemente negativa, ma in realtà non è assolutamente così. Moltissimi musulmani di tutto il mondo stanno cercando di ridare alla frase il suo reale significato, che è completamente estraneo all’ambito nel quale purtroppo è usata. Letteralmente significa “Allah è il più grande”. Dopo l’attentato di New York del giorno di Halloween, Repubblica ha deciso di intervistare (col lavoro di Luca Marfè) alcuni musulmani residenti in città. L’obiettivo era quello di comprendere qual è il significato personale che gli islamici associano alla famosa frase.
Hussein e Abdullah sono due venditori ambulanti di New York, originari rispettivamente del Bangladesh e dell’Egitto. Credono che i fondamentalisti abbiano rubato “Allah Akbar” a un miliardo e mezzo di fedeli. Spiegano che ogni musulmano pronuncia questa frase decine e decine di volte ogni giorno, sia come preghiera sia come espressione tipica di gioia per le cose belle della vita. «Per favore Allah allontana queste persone dalla nostra religione, questi non sono veri musulmani», dice Hussein. Il senso di queste due parole è prezioso per i fedeli e quindi vogliono riaffermarlo.
Hussein Rashid è un professore di religione della Columbia University. Spiega di sentirsi defraudato di due delle parole più potenti che pronuncia quotidianamente. «Quando sentiamo gruppi come l’Isis dire quella frase, significa che loro pensano di essere grandi come Allah. Per i musulmani reali è impensabile, perché pronunciarla ci ricorda di essere umili», dice. Rashid racconta a Repubblica, inoltre, che prova dolore quando nota la paura nelle persone che gli rivolgono lo sguardo. Secondo lui è importante capire che siamo tutti vittime degli attacchi terroristici, soprattutto i fedeli musulmani che vedono crollare il loro senso di religione.
Yousra Alshanqiti è una giovane avvocatessa in Arabia Saudita. A New York è una dottoranda in diritto dell’immigrazione. Quando le viene chiesto che cosa significa “Allah Akbar” risponde: «sono solo due parole che, però, includono una serie di significati diversi. Quello che intendo è che Dio è più grande di tutte le paure che ho, di tutte le difficoltà che posso incontrare». Per lei è triste e spiacevole che queste parole vengano utilizzate da persone che uccidono, che diffondono odio e fanatismo. «Quello che fanno non serve a nessuno se non alle loro menti e intenzioni malate», conclude. Tra i discorsi e i volti dell’Islam ognuno dà un senso personale a questa formula. Bisogna essere consapevoli che non è negativa in se per se, ma ha subito una strumentalizzazione a causa degli eventi.
Sara Tonelli
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