In un momento come quello che stiamo vivendo, dove si combatte giorno per giorno al fine di contenere il più possibile la diffusione del Coronavirus, l’aiuto della tecnologia non poteva di certo mancare. Non a caso, ci si sta impegnando proprio nella messa a punto di un’applicazione che tenga traccia delle persone con cui si è entrati in contatto, e che hanno il Covid-19. Come riportato da Repubblica, l’app in questione, perché possa funzionare, dovrà essere installata sulla maggior parte dei dispositivi mobili; e sfruttandone il Bluetooth e il Wi-Fi, avvertirà in tempo reale le persone qualora quest’ultime dovessero entrare in contatto con chi è risultato positivo al tampone.
Nello specifico, l’applicazione – la quale non ha ancora un nome, ma le verrà assegnato dal presidente Conte – avrà bisogno di tre informazioni: con che dispositivo si è stati a contatto, a quale distanza, e per quanto tempo. In questo modo, se qualcuno risultasse contagiato, il medico di base, per mezzo di un codice identificativo anonimo, potrà inviare – a tutti gli utenti entrati in contatto con la persona infetta, secondo la mappa di prossimità implementata dall’applicazione – un messaggio di allerta. D’altronde, è stato rilevato che, da un terzo alla metà dei contagi, questi avvengono proprio tramite soggetti asintomatici a individui, fino ad allora, sani, ecco perché, tenendo traccia di chi ha il virus, si può cercare di contenerne massimamente l’espansione (quantunque, secondo la ministra dell’Innovazione Paola Pisano, non sarà uno strumento simile a farci tornare, quanto prima, alla vita di tutti i giorni).
Quello di cui si preoccupano i costruttori, a riguardo, è la volontarietà delle persone, le quali dovranno fornire il proprio consenso a sottoporsi a forme di controllo simili. E non si è parlato nemmeno delle metodologie attuate dalla Corea, in cui, da quando nel 2015 scoppiò la Mers, sono state: installate delle videocamere di sicurezza, si tiene conto delle spese effettuate con le carte di credito, e dei movimenti registrati dal GPS; il tutto, mediante cui inviare delle notifiche agli abitanti della zona in questione qualora un nuovo caso di Coronavirus venisse scoperto proprio in essa. E sebbene, così facendo, non si rispetta, fondamentalmente, la privacy dei cittadini, lo stato ha dichiarato che, in momenti di crisi sanitaria, è nel diritto dello stato accedervi e “invaderla” (per modo di dire).
A tal proposito, si è già in comunicazione con i costruttori di smartphone affinché attivino, sui dispositivi in questione, le modalità per il raccoglimento delle informazioni necessarie al contenimento del virus, raccolta che permetterà, poi, di condividerle con il Centro Comune di Ricerca (CCR) il quale le utilizzerà per studiarle e analizzarle – ovviamente in forma del tutto anonima. I dati rimarranno, comunque, attivi ed esaminabili fino alla fine dell’emergenza, non oltre.
Attraverso siffatta raccolta, inoltre, i Paesi membri della Commissione europea potranno attingervi – anch’essi in modo anonimo – e costruire, a loro volta, le relative applicazioni. Non sappiamo ancora quando questo tipo di strumento sarà disponibile, ma la Pisano ha dichiarato che, probabilmente, passerà un bel po’ di tempo dalla progettazione alla messa in atto. Fino ad allora, l’unico modo per arginare l’ostacolo chiamato Coronavirus è sempre uno: restare a casa.
Anastasia Gambera
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