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Zerocalcare, Strappare lungo i bordi: un viaggio nell’animo e nella coscienza dell’artista
26 Novembre 2021
Tubo catodicoSettima arteEntertainmentSocietasAttualitàPersonaggi

Zerocalcare, Strappare lungo i bordi: un viaggio nell’animo e nella coscienza dell’artista

Home » Entertainment » Tubo catodico » Zerocalcare, Strappare lungo i bordi: un viaggio nell’animo e nella coscienza dell’artista

Il 17 novembre 2021 è tornato alla ribalta Zerocalcare con la serie Strappare lungo i bordi, nuova tappa del percorso iniziato dall’artista anni fa. Si tratta di un interessante viaggio introspettivo, uno spaccato sullo scontro dell’essere umano con la superficialità del mondo circostante e il disincanto, visto con l’occhio ironico e allo stesso tempo nostalgico del fumettista de La profezia dell’armadillo.

Il ritorno di Zerocalcare: dalla Profezia dell’armadillo  a Strappare lungo i bordi, passando per Rebibbia Quarantine

«L’armadillo è la mia coscienza, che fatica stare con le persone». Così Michele Rech, in arte il fumettista Zerocalcare, esordiva in un’intervista di Repubblica nel lontano 2017, ad anni dal successo del suo libro a fumetti La profezia dell’armadillo e poco prima dell’uscita dell’omonimo film (regia di Emanuele Scaringi, presentato nel 2018 alla 75esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia) su quest’ultimo basato; impossibile dimenticare la famosa frase e non citarla: «Si chiama “profezia dell’armadillo” qualsiasi previsione ottimistica fondata su elementi soggettivi e irrazionali spacciati per logici e oggettivi, destinata ad alimentare delusione, frustrazione e rimpianti, nei secoli dei secoli. Amen». Dunque, a quel tempo l’avevamo lasciato a dirci che cinque anni dopo si sarebbe voluto cimentare nell’animazione. L’anno scorso ha tenuto compagnia agli italiani durante i mesi di lockdown con Rebibbia Quarantine, su Propaganda Live su La7. Ora, con l’uscita della serie Strappare lungo i bordi su Netflix, l’artista torna a far parlare di sé: a pochi giorni dalla pubblicazione sulla piattaforma, l’opera di Zerocalcare è subito divenuta virale. Ma prima di esaminare la serie, è opportuno fare un passo indietro e ripercorrere le tematiche affrontate dal fumettista e la sua visione della vita. Di sé stesso da bambino ha detto di essere «Una frana introversa. Alle feste, da adolescente non ballavo, non mangiavo, non parlavo. Poi avvenne l’incontro con Camilla (l’amica d’infanzia, che spesso ritorna nelle sue opere). All’inizio degli anni Novanta. C’era una canzone che ci coinvolse: Bailando bailando. Anche qui, l’emozione che provai allora si trasformò in routine quando trasferii quella colonna sonora nel mio fumetto. I fumetti che mi riescono meglio sono quelli influenzati dal dolore. Quelli fatti con mestiere non mi piacciono».

La nostalgia del passato e il rapporto angoscioso col tempo

Zerocalcare ha sempre dichiarato di essere una persona che tende a dimenticare spesso i propri ricordi, e che proprio dall’ansia che ciò potesse avvenire ha avuto origine la sua passione, allo scopo di fissare i ricordi: a suo avviso il trascorrere del tempo impoverisce i ricordi, i fumetti servono a fissarli. L’artista ricollega questo sentimento di nostalgia al periodo in qui è vissuto. L’essere nato nella prima metà degli anni ’80, l’essere stato piccolo «in anni in cui chi era più grande di noi tendenzialmente aveva una serie di certezze e garanzie», ha fatto in modo che l’artista associasse a tutti i momenti della sua infanzia e della sua pre-adolescenza ad una sorta di sicurezza verso il futuro: «Mi pareva di avere dei binari e delle tappe, per arrivare a un lavoro stabile come mio cugino grande o i miei genitori, con una proiezione in avanti molto sicura. In realtà quando abbiamo finito le scuole e ci siamo affacciati al mondo del lavoro, il mercato era stato completamente cambiato a livello legislativo, con il pacchetto Treu e l’introduzione della flessibilità. E questo ha cambiato anche antropologicamente la nostra vita. La nostalgia è quindi nostalgia per un momento in cui ero convinto che la mia vita sarebbe stata scontata, con tappe già conosciute che mi avrebbero portato serenamente alla vecchiaia. Io questa nostalgia la sento fortissima, ma non credo sia una cosa sana». Emerge un evidente rapporto angoscioso con il tempo, del quale il fumettista ha spesso avuto modo di parlare in questi anni: «Ce l’ho con il passato (il rapporto angoscioso); ma anche con quello che sto vivendo. Ora, ad esempio, ho l’ansia opposta». L’aspetto ha riguardato in particolar modo il personaggio di Camilla, l’amica di Zerocalcare che perse la vita, che lascerà in lui un vuoto incolmabile e che troviamo anche nei suoi fumetti, portandolo a fare alcune riflessioni sulla morte e sull’inesorabile trascorrere del tempo: «Per me più che un resto è un vuoto che non riesco mai a riempire del tutto. Non è un discorso razionale che ti sto facendo; ma so che la memoria, con i suoi riti e le sue forme, tradisce immancabilmente lo spirito autentico del ricordo. Forse è solo il frutto della mia ansia. Il mio rapporto angoscioso col tempo, si manifesta nel vedere ogni cosa dalla prospettiva della sua fine». L’autore ha più volte detto di aver cercato di superare e risolvere questo rapporto col tempo, ma di non esserci mai riuscito, conducendolo il tentativo inesorabilmente davanti ad altre domande: trova impossibile il provare a vivere le cose senza chiedersi come andranno e, come ha dichiarato in numerose interviste, non riuscirci lo fa vivere male («Vorrei crearmi delle solide fortezze che mi facciano scivolare addosso tutto»).

L’elogio della solitudine in quanto espediente per la rigenerazione

Si può intuire quanto Zero sia un uomo molto complesso, faticosamente decifrabile. Ha spesso dichiarato di vivere la casa come un “rifugio” dicendo che «qualunque dentro è meglio di qualunque fuori», e ciò era emerso soprattutto analizzando il personaggio dell’armadillo: «Rappresenta la mia coscienza, che tende a chiudersi su di sé. Ho una parte inaccessibile e so di esserne anche molto geloso. È la voce principale. Poi ce ne sono altre. A volte mi ritrovo ospiti in casa. Gente che si accampa nel salone per una settimana. L’armadillo si allarma; entra in ansia; mi rimprovera; mi dice: che cazzo fai, non reagisci? Buttali fuori!», diceva l’autore, raccontando che il suo rapporto con l’armadillo si estrinsecasse in una sorta di continua battaglia: «Provo a ignorarlo. Ma so che è la mia voce autentica. Però mi sforzo. Lascio che il flusso delle altre voci invada il mio spazio. Si lotta spesso per la vita o per la morte. Chi mi legge pensa di conoscermi, ma non è così. Per me è faticoso passare molto tempo con le persone. È faticoso andare in vacanza, anche in coppia». Si tratta di un’importante tematica che ritorna incessantemente anche nella serie Strappare lungo i bordi, un’ancestrale necessità di isolamento dal frastuono delle persone, il bisogno di rigenerarsi grazie alla propria sola compagnia; l’artista specificava infatti quanto fosse spossante stare per troppo tempo a contatto con altri esseri umani, così dicendo: «Mi costringe a indossare una deprimente maschera sociale. Dopo qualche ora ho nuovamente bisogno di stare solo. Mi rigenero. Non lo so. A volte incastro la testa tra due cuscini del divano, da un’angolazione tale per cui riesco a vedere la televisione. Oppure vado a correre. Oppure leggo. Gesti per me normali. Mi sono molto mancati quando sono andato a Kobane, parliamo del 2015. Nella solitudine stai con te stesso, con la tua parte inaccessibile».

Il clamoroso successo di Strappare lungo i bordi

Dunque, arriviamo al successo della nuova serie di Zero su Netflix, cercando di non spoilerare nulla a chi non l’avesse ancora vista. Il 17 novembre, poco prima dell’uscita sulla piattaforma, l’artista ha commentato a caldo: «La sensibilità è un accollo ed è quella che ti rende l’ultimo anello della catena alimentare. Lontano dal divano, dove mangio, lavoro e guardo la tv, c’è l’orrore». La trama della serie è un lungo viaggio in treno del protagonista, con i fidati amici Secco e Sarah, accompagnato dalla consueta ingombrante coscienza simboleggiata dall’armadillo; quasi tutti i personaggi sono stati doppiati da Zerocalcare, l’armadillo è invece doppiato da Valerio Mastrandrea. Nel corso degli episodi torneranno molte delle tematiche affrontate in passato dall’artista, in particolare lo scontro con la superficialità del mondo circostante e il disincanto nei suoi confronti, che Zero dice di non aver perso: «No, non l’ho perso, anche perché secondo me queste sono cose che uno si porta dietro fino alla morte. Aspetti transnazionali, che vanno al di là della questione anagrafica, cioè se quella cosa la senti ce l’hai da ragazzino, in Italia o in Giappone, da vecchio, sempre. Te la porti dentro, poi sicuramente ci sono dei modi per tamponarla e imparare a conviverci, però è qualcosa che ti resta e che riconosci negli altri». A volte emerge anche la speranza che la situazione generale del mondo possa cambiare. Nello specifico, Zerocalcare fornisce una chiave di lettura agli spettatori che si accingono a vedere Strappare lungo i bordi: «L’idea che ho avuto spesso nella vita è che le nostre vite in qualche modo devono seguire un tratteggio da strappare, però ogni tanto uno lo strappa male e, quando accade, le vite possono prendere direzioni diverse da quello che uno si aspettava». In conclusione, non resta che andare su Netflix e godersi i sei episodi tutti d’un fiato.

Stefania Piva

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About Stefania Piva

È nata e vive a Milano, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, praticante avvocato presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano. Ama il trekking in alta montagna ed esplorare i fondali marini per districarsi fra lo stress cittadino e le udienze in tribunale!

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