Mamme che sui social si scambiano consigli su come “cucinare la propria placenta” o, ancora, su come restare incinte con formule magiche. Si tratta delle “mamme pancine”, un fenomeno web scoperto da Vincenzo Maisto, in arte “Signor Distruggere”, che con la sua pagina Facebook “Distruggere i sogni altrui esponendo realtà oggettive”, fa luce su un mondo sommerso, a tratti tragicomico.
Allattamento fino ai 10 anni, pratiche simili alla Lothus Birth, cioè quell’abitudine in cui non viene reciso il cordone ombelicale e la placenta e gli altri annessi fetali, fanatiche della maternità a tutti i costi e tanto altro. Il neologismo di “mammine pancine” sta ad indicare queste ragazze, per lo più molto giovani, che tentano a loro modo di bazzicare sul web per trovare una soluzione spesso poco scientifica ed ortodossa per ogni problema dei loro piccoli “batuffoli” o “cuccioli” o altri vezzeggiativi che spesso si trovano in giro. Molto frequentemente, in questi gruppi si trovano donne che si confrontano su argomenti più disparati, come le mestruazioni, che non vengono mai chiamate con i loro nome, bensì con neologismi e metafore del tipo “la rugiada rossa”. Molti ritengono che buona parte dei post delle “mammine pancine” siano così surreali e macabri da essere opera di troll, ma viene da credere anche che, almeno una parte sia rappresentata invece da mamme serie e sincere, spesso contro la medicina ufficiale, che si ritrovano poi a “cucinare” davvero la propria placenta.
E se tutto appare molto divertente, ci sono diversi versanti meno ironici. Innanzitutto la profonda solitudine e disinformazione che circonda queste donne, spesso rimaste incinte loro malgrado, o poco istruite, cresciute in un’ampolla e profondamente sole e isolate dalla realtà. Si trovano ragazze con figli che chiedono informazioni riguardo la propria conformazione genitale o riguardo a quella che dovrebbe essere la base del sapere di una persona medio istruita che ha per giunta messo al mondo un figlio. Queste donne spesso non hanno altri riferimenti se non il web e questo è molto triste per certi versi.
Infine verrebbe da chiedersi, in tutto questo, dove sono i papà? Perché ancora una volta, il padre è relegato ad una posizione secondaria e accessoria? Dove sono i familiari? Perché queste donne hanno l’incombenza unica del proprio pargolo? Si tratta sicuramente di uno spaccato divertente per certi versi, ma non bisogna dimenticare di non sfociare nel bullismo online e ricordare sempre che il più delle volte si ha a che fare con ragazze molto sole, con problemi a rapportarsi con la società e con pochi altri strumenti a disposizione. Curioso e degno di attenzione pensare che solo il web e i social siano riusciti a far emergere questi specchi di vita.
Serena Borrelli
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