I libri di poesia sono ormai considerati un prodotto destinato ad una nicchia esigua, ma il trend degli ultimi anni potrebbe invertirne le sorti e portare i poeti al successo tramite Instagram. Il celebre social lanciato nel 2010, nato per diffondere immagini, è riuscito paradossalmente a far appassionare alla poesia anche coloro che mai aprirebbero un libro del genere. Nelle loro poesie gli instapoets raccontano di sentimenti come l’amore, la perdita, la solitudine e la violenza. Gli instapoets sono dei veri e propri componimenti in versi, talvolta strutturati come se fossero “post-it”.
Un esempio proviene sicuramente dalla menzione del New York Times a Tyler Knott Gregson, un poeta americano del Montana che viene definito «l’equivalente letterario di un unicorno» e che ogni giorno pubblica sul suo profilo Instagram le sue composizioni poetiche, raggiungendo quasi i 300.000 followers.
Non è l’unico autore ad avere costruito la propria fama su Instagram. Tale Lang Leav ha iniziato a pubblicare le sue poesie su Tumblr e Instagram nel 2012, e da allora ha raggiunto più di un milione di followers. La sua poesia Closure è stata condivisa da Khloé Kardashian, sorella della più famosa Kim Kardashian, ottenendo quasi mezzo milione di like.
Nel panorama italiano spicca l’autore Guido Catalano, torinese, 46 anni, autore di romanzi e attivo frequentatore social con 13000 followers. Sul fenomeno preferisce buttarla sull’ironia: «Prima il blog e poi i social mi hanno dato un grande aiuto. Mi diverto a usarli: ovvio che se prendi una poesia e metti online uno “screenshot” il risultato non è sempre di alto livello. A volte fa l’effetto baci Perugina. Mi hanno già dato del “poeta da cioccolatino”, ma se la Perugina mi contatta sono pronto a scrivere dei brevi testi per loro».
Come sempre e non fanno eccezione questi casi, il passaparola e qualche piccolo aiuto da personaggi già molto seguiti, permette ad aspiranti poeti e scrittori di raggiungere la fama. Instagram unisce il potenziale dell’immagine e della formula “post-it”, che quindi riesce a raggiungere anche chi non ha voglia di leggere testi troppo lunghi, come spesso può capitare su Facebook. Qualsiasi sponsorizzazione ormai non prescinde dai social network e bisognerebbe imparare a gestire questo potenziale al meglio.
Serena Borrelli
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