Oggi si sente sempre più spesso parlare di rappresentazione; in televisione o al cinema la possibilità di trovarsi davanti a delle storie che presentano dei personaggi appartenenti alla comunità LGBTQ+ è aumentata sempre di più. Eppure c’è un medium che ancora oggi fa fatica a raccontare storie queer. Un medium che solo negli ultimi anni è riuscito a fare dei passi verso un tipo di rappresentazione più inclusivo: stiamo parlando dei videogiochi.
Quando parliamo di rappresentazione però, il rischio che una scelta inclusiva sia solo una strategia di marketing è molto elevato. Sono numerosi i casi in cui l’inserimento di personaggi queer all’interno di un videogioco viene usato come pretesto per sbandierare ai quattro venti la categoria di “gioco inclusivo”. Questo si nota soprattutto nei casi in cui questi personaggi vengono inseriti in maniera impercettibile; non si fa mai nessun accenno troppo evidente alla loro sessualità. Questo per non indispettire quello che oggi viene considerato erroneamente il videogiocatore medio. In questo modo però il fatto che il personaggio in questione faccia parte della comunità LGBTQ+ diventa noto solo ai giocatori più attenti.
In molti casi ovviamente questo stratagemma difficilmente riesce ad attirare i videogiocatori che invece criticheranno la mancata presa di posizione. Un tipo di rappresentazione del genere infatti non fa altro che sottolineare la mancanza di coraggio degli studi di produzione; il che a livello di marketing non fa altro che allontanare tutta quella parte di pubblico che in teoria si voleva attirare. Dall’altro lato però dobbiamo dire che scegliere di rappresentare dei personaggi LGBTQ+ all’interno di un videogioco è ancora oggi purtroppo una scelta coraggiosa. Questi studi quindi si ritrovano a dover scegliere tra morale e guadagno. In alcuni casi una scelta “coraggiosa” può rivelarsi vincente, in altri casi però non è così. All’uscita del DLC del gioco “The last of us”, che metteva al centro la storia d’amore tra la protagonista Ellie e un’altra ragazza, le critiche si sprecarono.
Un altro dei rischi della rappresentazione, è che questa possa fare più danni che altro. Non sono mancati videogiochi che hanno scelto di includere personaggi omosessuali come siparietti comici in cui non si faceva altro che mortificare l’intera comunità. È il caso del cameo dei due uomini omosessuali in “Persona 5”, uno dei videogiochi migliori degli ultimi anni che si perde in un bicchiere d’acqua nel momento in cui rappresenta i due uomini come dei predatori nei confronti di un ragazzino del liceo; soprattutto vista l’ottima rappresentazione di un personaggio gay, anche se mai dichiarato, nel capitolo precedente. Non è un caso che nella riedizione del 2019 videogioco gli sviluppatori abbiano modificato l’intera scena. O ancora personaggi senza personalità la cui unica caratteristica girava intorno all’essere omosessuali e in cui gli stessi diventavano delle caricature dell’intera comunità.
Come abbiamo detto in molti casi gli studi di produzione cercano di essere il più sottili possibili nell’inserire personaggi queer all’interno delle loro narrazioni. Questo avviene perché purtroppo quello dei videogiochi è un ambiente prettamente maschile e in alcuni casi, ricordiamo il caso Activision Blizzard, maschilista. Si sa, lo stereotipo del videogiocatore medio equivale al tipico uomo bianco etero, e nel momento in cui inizia la produzione di un videogioco questo influenza le scelte dei game designer. Quello che però è chiaro, facendo un giro nelle fiere dedicate al videogioco, è che oggi il pubblico di persone che gioca ai videogiochi si sia diversificato sempre di più. Diventa una conseguenza il fatto che sempre più persone chiedano a gran voce più inclusività all’interno dei videogiochi.
Fare di tutta l’erba un fascio nei confronti di un medium che ci ha regalato dei bellissimi personaggi queer non sarebbe giusto. Se è vero che in molti casi gli studi evitino di fare rappresentazione, ci sono moltissimi casi in cui anche grandi sviluppatori di videogiochi hanno fatto degli ottimi lavori in termini di scrittura di personaggi appartenenti all comunità LGBTQ+. Non possiamo che nominare i giochi di Bioware come “Mass Effect” e “Dragon Age”.
In entrambi i casi i giochi permettono al giocatore di poter intraprendere delle relazioni omosessuali con altri personaggi del gioco; caratteristica che è stata poi riproposta anche da altri giochi come gli ultimi capitoli della famosissima saga “Assassins creed”. Emlematico è diventato il personaggio dello stregone Dorian in “Dragon Age: Inquisition”. Il personaggio, dichiaratamente omosessuale, dovrà fare i conti con una famiglia che non accentandolo per quello che è l’aveva costretto ad avviare una terapia di conversione.
In alcuni casi anche uno stereotipo se declinato nella maniera corretta può essere un’ottima rappresentazione. È il caso di Sylvian in “Dragon Quest XI”, undicesima iterazione di una delle serie di jrpg più famose di sempre e che vanta i character design del papà di “Dragon Ball” Akira Toriyama. Sylvian è infatti un personaggio estremamente effemminato ed eccentrico. Allo stesso tempo però è un personaggio coraggioso che non ha paura di sporcarsi le mani e combattere per quelli che ama e per trasmettere a tutti la sua allegria e il suo sorriso nonostante il difficile rapporto col padre. Vogliamo anche ricordare il personaggio di Bridget nella serie di picchiaduro “Guilty gear” uno dei primi personaggi nella storia del genere a fare coming out come donna transgender.
Se c’è però un gioco che a livello di rappresentazione ha fatto fare dei passi da gigante all’industria videoludica è sicuramente “The last of Us”. Il gioco che è stato un successo di critica oggi viene considerato un capolavoro dell’industria. Il secondo gioco in particolare ci metterà nei panni di Ellie personaggio protagonista anche del primo gioco. The last of us 2 è stato una vera e propria rivoluzione nel mondo dei videogiochi poiché mette al centro della vicenda una donna lesbica senza alcun tipo di ipersessualizzazione; una novità per un gioco mainstream del calibro dell’opera di naughty dog. Nella maggior parte dei giochi che presentano dei personaggi femminili questa è sempre rappresentata come una femme fatale che utilizza la propria fisicità a suo vantaggio; il caso di Lara Corfù in tal senso fa scuola.
Il tutto avviene con estrema naturalezza; nel gioco infatti le vicende amorose della protagonista e la sua sessualità sono solo una delle tante caratteristiche del personaggio. The last of us finalmente regala alla comunità LGBTQ+ una protagonista di cui andare fieri. A dimostrazione della forza della storia e dei personaggi di “The last of us” HBO, reduce dai successi di “House of the Dragon” e “The White Lotus” ha deciso di trasporre il videogioco in una serie tv che sta avendo un successo straordinario in tutto il mondo.
Come abbiamo visto il livello di rappresentazione della comunità LGBTQ+ nei videogiochi sta aumentando sempre di più. Nonostante una buona percentuale del mercato videoludico presenta ancora delle storie trainate da protagonisti uomini etero, visto l’enorme cambiamento del pubblico di videogiocatori negli ultimi anni sembra che la situazione sia destinata a cambiare. Noi ci auguriamo che un medium tanto variegato e che offre così tante possibilità possa continuare a raccontare tante storie diverse di tanti personaggi diversi. Ci auguriamo che chiunque accendendo la propria console possa sentirsi visto e rappresentato.
Francesco Guglielmino
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