La violenza dei videogiochi è giustificata o è fine a sé stessa?
Associare il significato di violenza a quello dei videogiochi è ormai passato. Ormai è un’affermazione che lascia il tempo che trova, ma evidentemente per alcune persone ancora non lo è. Vogliamo credere che l’attore di Gomorra, Marco D’Amore, abbia dovuto difendere il proprio operato con un’affermazione probabilmente superficiale.
L’attore casertano ha affermato che la violenza dei ragazzi sia dovuta ai videogiochi. Alle ore passate ad uccidere e violentare (dove si violenta poi non si sa) con una console o un pc e pad alla mano. Non quindi tramite la visione di film o serie tv, dove i protagonisti impersonano dei criminali.
La violenza nei videogiochi non si trova ovunque, e dove la si trova potrebbe apparire anche anche giustificata. I protagonisti dei ‘videogiochi violenti‘ sono, per la maggior parte delle volte, mossi da valori come la giustizia e la difesa del bene, quindi con il dovere o quanto meno l’obiettivo di contrastare il male. Un concetto che sembra banale, ma che non lo è.
La violenza in Assassin’s Creed
I videogiochi violenti, di solito, sono ambientati anche in contesti storici come la saga di Assassin’s Creed. Prodotto dalla casa videoludica francese Ubisoft, il brand sugli assassini si occupa dell’infinita lotta tra assassini e templari.
Le saghe di Assassin’s Creed hanno affrontato momenti storici meritevoli di essere elencati in ordine di uscita. Prendendo in considerazione solo i principali e non gli spin-off: Terza Crociata (Assassin’s Creed); Rinascimento (Assassin’s Creed 2); rivoluzione americana (Assassin’s Creed 3); l’era d’oro dei pirati (Assassin’s Creed Black Flag); guerra dei sette anni (Assassin’s Creed Rogue); rivoluzione francese (Assassin’s Creed Unity); rivoluzione industriale inglese (Assassin’s Creed Syndicate); Egitto Tolemaico (Assassin’s Creed Origins); guerra del Peloponneso (Assassin’s Creed Odyssey); l’era dei Vichinghi (Assassin’s Creed Valhalla).
Facendo riferimento al capitolo più famoso della saga, il secondo, il videogiocatore si trova catapultato nel Rinascimento a Firenze: il protagonista del gioco, il famoso assassino fittizio della saga, Ezio Auditore, ha l’obiettivo di uccidere i Borgia, i quali sono rappresentanti della categoria dei templari.
Entrambe le fazioni hanno due concetti diversi: l’assassino ha il desiderio di libertà, che i cittadini siano liberi di agire come vogliono e non di essere controllati e gestiti come burattini secondo l’ordine templare.
Far Cry: un videogioco di giustizia?
Far Cry è uno sparatutto in prima persona dove il protagonista è alle prese con un antagonista folle e senza scrupoli. Il videogiocatore ha il compito di fermare il villain e tutti i suoi scopi contro le leggi dell’umanità. Un esempio è il terzo capitolo della saga, Far Cry 3, dove il protagonista non solo deve fermare il criminale più amato dagli utenti, il folle Vaas Montenegro, ma anche Hoyt Volker, il vero boss del videogioco.
Come se in una nazione dove la democrazia non esiste, un abitante qualsiasi decidesse di togliersi il giogo e di dare la caccia al dittatore criminale per fare giustizia.
The Witcher: la violenza utilizzata contro mostri sovrannaturali
Geralt di Rivia è lo stregone di The Witcher. Nato dalla penna dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski, e adattato in ambito videoludico dalla software house polacca CD Project, The Witcher ha segnato sia la storia della letteratura fantasy che del mondo dei videogiochi in generale.
Il protagonista è un mercenario stregone non molto amato dalla popolazione. Nonostante tutto sfrutta sia le sue abilità da guerriero che magiche contro mostri e nemici potenti per liberare le regioni dal male e per aiutare le persone in difficoltà.
The Last of Us: un rapporto padre-figlia atipico
The Last of Us narra l’amicizia di un ultra quarantenne Joel e della quindicenne Ellie. I due sono tra i pochi sopravvissuti ad un’epidemia, il quale ha trasformato le persone in mostri, e dove il rapporto tra ‘padre e figlia’, nonostante non ci sia nessun legame di sangue tra i due, fa da sfondo a ciò che il gioco rappresenta, ovvero eliminare zombie perché è ciò che i ragazzi vogliono fare. Il videogioco è considerato da molti un capolavoro, un motivo ci sarà.
Red Dead Redemption II: la violenza a fin di bene
Il videogioco presenta le gesta del fuorilegge Arthur Morgan, senza ombra di dubbio uno dei personaggi più amati del mondo videoludico. Arthur è un bandito del selvaggio west, ma un bandito un po’ diverso. Ad Arthur piace anche aiutare le persone in difficoltà, anche se queste persone sono perseguitate dai suoi stessi componenti della banda. Ha una certa empatia verso le persone, e quando gli vengono affidati degli incarichi particolari, come restituire i debiti agli strozzini, prova una certa compassione per quella gente. Egli dirà sempre di non essere un buon esempio per nessuno, nonostante le sue buone azioni. Red Dead Redemption II è uno dei videogiochi più apprezzati di sempre, considerato da molti videogiocatori come il gioco del secolo.
Ghost of Tsushima: altro esempio di violenza videoludica storica
In Ghost of Tsushima ci troviamo nell’ambientazione del Giappone feudale, dove il samurai fittizio Jin Sakai deve liberare l’isola di Tsushima dall‘invasione dei mongoli, momento storico realmente accaduto. Il codice dei samurai è un codice dedito ad una certa disciplina, e questo si sa. Jin, però, sa benissimo che se questo codice può essere infranto per riportare Tsushima alla pace, allora deve essere fatto. L’unica speranza è quindi di combattere la violenza dei mongoli con una violenza che non appartiene ai samurai, a differenza di preferire la morte rispettando le regole ferree della casta militare giapponese.
God of War: l’olimpo scende nel mondo dei videogiochi
Vale citare in questa selezione anche il videogioco famoso più violento al mondo: God of War. Kratos, il protagonista di God of War, è perseguitato dagli dei greci, e quindi per sopravvivere deve dare sfoggio a tutta la sua rabbia e la sua forza, anche a causa delle varie vicende di cui è vittima. Kratos è forse il personaggio più amato dai videogiocatori.
Nell’ultimo God of War, ambientato nella mitologia norrena, viene mostrato come una persona più saggia che cerca di evitare qualsiasi tipo di atto violento, anche per nascondere la sua vera natura al figlio Atreus. Magari sarà stato un’escamotage dei Santa Monica Studio anche grazie ai cambiamenti dei videogiochi, la cui scrittura sta diventando sempre più cinematografica, ma il rapporto tra padre e figlio, sebbene particolare, non può passare di certo inosservato. Atreus vuole bene al padre, e Kratos, a modo suo, vuole bene al figlio. Purtroppo il velo sul suo passato verrà tolto: anche gli dei norreni gli daranno la caccia.
Ci sarebbero da citare anche altri videogiochi famosi ed altri meno famosi, ma questi sono gli esempi più lampanti di come la violenza sia giustificata. I videogiochi sono nati così: già dai tempi degli anni ’80, dove i ragazzi si riunivano nelle sale giochi. Con pochi spiccioli, che poi ne diventavano tanti, si divertivano a giocare. Anche lì il protagonista doveva eliminare l’antagonista. E forse è questo il fattore per cui sono stati creati: in modo che la violenza si manifestasse solo in modo virtuale e non in modo reale. Ci sono videogiochi violenti dove la creazione del progetto è solo scopo di lucro e che non presenta nulla a livello di trama? Certo che ci sono, ma quei tipi di videogiochi sono fatti solo per giocarli in compagnia di amici, o magari quando un ragazzo vuole sfogare la sua frustrazione uccidendo zombie a caso o utilizzando i classici picchiaduro.
Il mercato videoludico ragiona come qualsiasi mercato: se va in voga quel tipo di prodotto allora bisogna sfruttarlo fino alla saturazione. Altro esempio: se ad una parte degli utenti ha rotto le scatole vederserla con orde di zombie, ad altri no, e per questo è stato inserito una modalità zombie anche in Call of Duty: Vanguard. Non solo bisogna vedersela con i nazisti da vivi nella storia principale, ma anche da morti in questa modalità surreale e post apocalittica.
Quindi, nel 2021, è ancora il caso di pensare che i videogiochi portino alla violenza? La risposta è decisamente no. E i film e le serie tv che trattano la stessa tematica? Anche qui, assolutamente no. I gesti violenti possono nascere per qualsiasi cosa, dai motivi più futili come la maggior parte delle volte accade, ma anche per chi vuole farsi giustizia da solo. Sta a noi capire, far capire e cercare che qualcuno ce lo faccia capire che la violenza va sempre condannata.
Tra l’altro, ci sentiamo in dovere di dirvi che se fuori c’è il sole, mollate il videogioco a cui state giocando o il film o la serie tv che state vedendo e chiamate un amico o un’amica per andarvi a prendere un caffè; se non avete amici uscite da soli. Stare all’aria aperta tempra spirito e mente.
Simmaco Munno
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Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.